Taccuino del Roadburn: Day 1 & Day 2

Creato il 16 aprile 2015 da Cicciorusso

Day 1

MONOLORD

Il primo gruppo che riesco a vedere. E sono le 21. A quanto pare, sto sulle palle ai controllori di volo francesi, che decidono di scioperare ogni volta che mi reco a un festival. Così, dopo l’imprevista nottata a Barcellona dello scorso Hellfest, si arriva troppo tardi per, beh, una discreta parte dei gruppi che più mi interessavano. Mi perdo, tra gli altri, Minsk, Subrosa, Primitive Man e Russian Circles. Il Roadburn è bello anche perché non ci sono veri headliner ma non puoi farmi suonare i Minsk alle tre e mezza del pomeriggio, dai. I doomster svedesi si esibiscono nella suggestiva cornice dell’Het Patronaat, un edificio facente un tempo parte del complesso della chiesa limitrofa e oggi sconsacrato, di fronte allo 013 (le tre sale che sono la sede principale del festival). Quindi vetrate in stile gotico con scene religiose e così via. Si sente benissimo. Del resto, i preti due o tre cose di acustica le sapevano.

EYEHATEGOD

Concerto perfetto. Pure troppo. Si drogano di meno o non più, quindi suonano meno sporchi e opprimenti. Aaron Hill, sostituto del defunto Joe LaCaze, se la cava alla grande. La chiudo qua perché gli Eyehategod sono in assoluto una delle band verso le quali mi è più difficile approcciarmi in maniera critica. Ancora non ho deciso se domani vado agli Asphyx o mi rivedo loro.

BONGRIPPER

Come gli Eyehategod e alcune altre band, suoneranno due concerti in due giorni diversi. Questa volta eseguono tutto Miserable. Già. Sembrano dilatare i feedback apposta per aumentare un disagio genuino che ti prende alle budella. È un’esperienza quasi disturbante. Quindi tra le più indimenticabili di tutto il Roadburn, almeno per me.

Day 2

SOLSTAFIR

Conosco solo l’ultimo disco, Ótta, e mi è pure piaciuto. Quelli precedenti non li ho mai sentiti e Charles, durante un recente simposio intorno alla petuccia donataci dal fiero e potente Bonetta, mi ha confermato che per un certo periodo avevano cercato di accodarsi alla moda postqualcosa. La sala, quella principale (le altre due, la Green Room e lo Stage 01, erano piuttosto piccole, roba di 300 persone massimo, balconata inclusa), è gremita. Sanno stare sul palco e sono iperprofessionali, ci mancherebbe. Ma non mi dicono niente, mi suonano finti.

FIELDS OF THE NEPHILIM

Oggi set di un’ora e un quarto. Domani un altro di due ore. Ovviamente me li sparerò entrambi. Non sono un gruppo al quale sono particolarmente legato, ma, se li hai seguiti un minimo in passato, è impossibile non smettere mai di agitare la testa, cantare i ritornelli e sorridere come un coglione. Carl McCoy: vedi alla voce carisma.

WARDRUNA

C’è la troupe di Noisey (Vice, insomma) che sta girando un documentario. Vedono accasciato in un angolo un sordido sfascione trasandato, con la barba di 4 giorni e i capelli zozzi, che dormicchia avvolto in una bisunta giacca sportiva nera. Lo svegliano, lo intervistano e, contro le loro aspettative, ne ricavano addirittura delle risposte coerenti. Spero non taglino la scena, sono curioso di vedere come sono venuto.

ENSLAVED

Doppio concerto anche per loro. Suppongo che Roberto ci scriverà un trattato nel report suo (sempre che lo faccia, ‘sto sfaticato), quindi non mi dilungo. Mi limito solo a ribadire la totale unicità degli Enslaved, una band che, partita da un genere dai confini stilistici piuttosto precisi, è diventata un’entità inclassificabile e dalla creatività vulcanica come ce ne sono state pochissime nella storia dell’heavy metal. Quasi come i Voivod, insomma.

LUCIFER

Nella Green Room non si passa. Troppa gente. Però a un festival è sempre un dovere morale farsi almeno dieci minuti di un gruppo doom con donna alla voce che imita Ozzy, filone sempre più fecondo. Non che la cosa dispiaccia. Io sono una persona di poche pretese; mi metti Satana, una cantante carina e dall’allure occultista, due riff dei Black Sabbath riciclati per l’ennesima volta e sono contento.

SKELETONWITCH

Picchiano, quello che volete, ma sono fuori contesto anche per un festival eclettico come il Roadburn. Me li vedrò con calma a Roma a fine mese, quindi dopo un quarto d’ora alzo i tacchi.

SKUGGSJA

Dato che il black metal è l’export culturale di maggiore successo della Norvegia moderna, le autorità di Oslo hanno commissionato a Enslaved e Wardruna il compito di scrivere una sorta di opera viking per il duecentesimo anniversario della Costituzione, il che mi sembra una cosa molto bella. I due gruppi salgono sul palco insieme e suonano una specie di simpatico patchwork dei rispettivi stili. Nulla di indelebile ma piacevoli. Resto fino alla fine (continua…). (Ciccio Russo)



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