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Taccuino di Viaggio, Costiera Amalfitana: tappa a Minori

Creato il 08 maggio 2015 da Cultura Salentina

Taccuino di Viaggio, Costiera Amalfitana: tappa a Minori

8 maggio 2015 di Redazione

di Lorenzo De Donno

Corrodi - Strada di paese con Vesuvio sullo sfondo

Hermann Corrodi (Frascati 1844 – Roma 1905): Strada di paese con Vesuvio sullo sfondo, c. 1879 (olio su tela, cm. 85,5 x 163)

Mi sono fermato, quasi per caso, in questo borgo, incastonato come un piccolo anfiteatro fra due montagne che precipitano nel Tirreno, spinto dall’esigenza di trovare in fretta una farmacia sul limite dell’orario di chiusura e dopo chilometri e chilometri di guida nel traffico intasato, fra tornanti strettissimi e snervanti sensi unici alternati. Ritirato in tempo il farmaco che mi occorreva e venuta meno, pertanto, la tensione determinata dalla fretta e dallo stress da guida, mi guardo finalmente intorno e mi accorgo della bellezza, dolce e discreta, del luogo in cui mi trovo.

L’affittacamere mi conferma che ha due stanze vicine, in un angolo suggestivo e non lontano dal centro,  proprio come servono a me ed alle  persone che mi accompagnano. Mi consegna una vecchia chiave di ferro, lunga quasi quanto il palmo di una mano, annerita dal tempo e consumata dall’uso, che servirà ad aprire il portone principale e altre due, più piccole, per l’accesso alle camere.

Dopo qualche minuto sono già sul posto.  Al numero civico indicato trovo una porticina malconcia e una serratura arrugginita che sembra voglia resistere ai miei diversi tentativi di sbloccarne le mandate. Due passi più avanti, sullo stesso marciapiede, una donna anziana, che indossa un grembiule stampato in colori variopinti, spinge, a fatica, un banchetto di legno all’interno di un piccolo deposito di pochi metri quadri. Si ferma per sistemarsi una ciocca di capelli grigi sfuggita dalla grossa crocchia annodata sulla nuca. Mi nota e mi fa un sorriso ed un gesto di saluto. E’ una venditrice di spezie ed aromi (e non una comune fruttivendola)  che sta smontando la sua postazione, alla fine della giornata di lavoro. Rimuove con cura dei mazzetti di rosmarino e di alloro dai ganci posti sul muro imbiancato a calce e tappezzato  – a tratti – da vecchie  maioliche che raffigurano fiori e frutti di agrumi.  Poi ritira alcune ghirlande di peperoncini, rossi  e  turgidi,  e due  lunghe  trecce di aglio rosa. Le rimane ancora la parte più faticosa: portare all’interno due  grosse casse di limoni, belli e con le foglie  fresche e lucidissime. In una di queste, gli agrumi sono ancora verdi ed un rudimentale cartello, scritto con un grosso lapis in  uno stampatello incerto, specifica che sono “da limoncello”.

Qualcuno mi sollecita, bisogna portare in camera i bagagli. La vecchia serratura resiste ancora poi, finalmente, si sblocca digrignando la sua dentatura metallica nascosta. Superato l’uscio,  mi aspetta una sola, stretta e  lunghissima,  rampa di scale, che sembra risalire il cunicolo di un pendio, piuttosto che condurre ad un piano superiore.  Tanti gradini consumati,  da affrontare tutti d’un fiato, superando ogni reazione claustrofobica,  se non ci  si vuole fermare nel bel mezzo della salita senza il conforto di una sosta su un pianerottolo. Arrivato in cima, mi trovo in una grande veranda con i muri scrostati e con   il lato che si affaccia sul mare protetto da vetrate di ferro d’epoca, in stile decó,  di uno strano colore dalle sfumature incerte, risultato della stratificazione di tante affrettate ripitture. Da questa veranda si accede alle camere, ampie come  dormitori, dove troneggiano letti di ferro del secolo scorso, che ti riportano ad epoche passate e a deja-vu. Si respira il caratteristico odore di chiuso e di umidità che ristagna  nelle case poco frequentate dei posti di mare. Chiedo scusa alle entità alle quali ho turbato la quiete,  e che, sicuramente,  abitano il luogo nel mentre spalanco porte, finestre e vetrata “decó”. L’alloggio non è esattamente quello che mi sarei aspettato  ma l’affittacamere, che ora rivaluto nel ruolo di  intermediario del tempo piuttosto che dello spazio fisico dove passare una notte,  non ha esagerato nel dire che saremmo stati ripagati dal panorama: è davvero straordinario…

Scende la sera a Minori, preannunciata da bagliori aranciati sul mare calmo. La luce si attenua, dopo un tramonto pittorico i colori caldi si spengono. Ora l’arancio del mare si stempera in verde acqua, luminescente, poi in un grigio argento, quasi metallico.

Il traffico si placa, i rumori si smorzano . Ora è di nuovo percettibile il battito della risacca, ritmato dal flusso e dal riflusso, ed il borbottare  dei ciottoli lambiti dall’acqua. Un piccolo gozzo ha raggiunto il centro della baia e cala le reti per la pesca notturna. Incrocia la scia di un grosso motoscafo che rientra velocissimo verso il molo di sbarco. La schiena del pescatore asseconda i movimenti della barca, recuperando presto  l’equilibrio che perde ad ogni  passaggio sull’ onda,  quanto basta per non interrompere il lavoro. Il suo compagno, che aveva prontamente rivolto la prua contro quelle onde prepotenti per non imbarcare acqua,  riprende ora  a  spingere con  l’intero busto   sui lunghi remi che si immergono e riemergono,  ad  intervalli regolari, lasciandosi dietro, ad ogni nuova  vogata, un mulinello  che dura solo pochi istanti.

Il buio ha ormai definitivamente nascosto  le ardite strade di accesso al paese. La Costiera, ormai liberata dai pullman  e dalle auto, sembra distendersi e abbracciare le case,  come una donna che si addormenta celando in grembo quanto le è caro.

Dal mare si alza una brezza che sa di alga e salsedine, a tratti lo increspa appena, percorre le strade e risale e scalette del borgo, poi s’impenna fino a raggiungere, in alto, le terrazze di limonaie. Qui si impregna dei profumi dei nettari, dolci e aspri al contempo, dei fiori dei cedri e dei limoni. Poi ridiscende a valle, ricca dei nuovi umori,  scuotendo  i tralci dei glicini e tessendo effimeri  tappeti sul selciato.

Se scendi sulla spiaggia di sabbia vulcanica, ne percepisci  ancora il  residuo tepore. Puoi sdraiarti, allargare le braccia, e contemplare, disarmato,  un cielo dove le stelle più basse si confondono con le luci  delle ultime case, così perpendicolari  che sembra impossibile  le abbiano costruite così in alto.

E, se hai la fortuna di esserci, la giusta predisposizione dei sensi, puoi assaporare attimi  di emozioni intense ed indefinibili, collegato inconsapevolmente, con i polsi immersi nella sabbia scura, ai potenti elettrodi di questa terra che, con impulsi arcaici, ti sta ormai, irreversibilmente, innamorando.


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