Vette, si diceva. Di certo questa è la più alta
Si aprono i fiori all’alba
Non sanno nulla dell’autunno
Jun’ichirō Tanizaki ha aperto un viaggio da Devetak, attraversato da piccoli peni in obitorio, clienti in fuga, Fichi d’India invecchiati e chiuso con un’altra immagine mirabile: una bottiglia di birra nel culo di un pollo.
Mancava solo Darrighe (ci sei mancato, prepara l’asta estiva a Las Vegas), ma i soliti noti hanno dato il meglio. Prima che Avguštin li dominasse.
Lo abbiamo già magnificato, ma non possiamo che aggiungere peana a un paròn che è pure juventino e biografo di Marisa Mell.
Un viaggio tra due degustazioni, il Carso (Tartarski con peperoni e filetti d’acciuga; flan di peperoni al cioccolato bianco e chips con ristretto di maiale e composta di cipolle rosse; gnocchetti di pasta lievitata con spezzatino di coniglio al finocchio selvatico; tagliatelle fresche con ragù di cinghiale; coppa di maiale con cotenna cotta a bassa temperatura (68° per 4 ore) al rosmarino su crema di borlotti e crauti al kümmel) e la Fantasia (Paté di fegato di vitello aromatizzato al finocchietto con fichi caramellati e crostone di pane casereccio; crostatina di porro e salsiccia con salsa allo zafferano; crema di jota con orzo, cotechino e salsa di hren; strudel di patate con zucca e zenzero, ricotta fresca di Radetic e ricotta affumicata; sella di coniglio in rete di maiale cotto a bassa temperatura (68° per 8 ore) e patate al rosmarino).
Sapori decisi e in sintonia accompagnati da vini non sempre capiti. Piazzo in cima il Pinot grigio di Simčič, je vino austero, complesso, armonicamente acido, direi albicocca e melone, e il Terrano-non Terrano di Skerk, un tripudio di frutti di bosco. Li facessero in Francia i vini sloveni…non razzismo, solo tecnica.
Servizio mirabile e paziente, memorabile il primo piatto consegnato da tre cameriere in fila. La chicca, al solito, è dell’uomo alato che vedete in foto: chiede un Cabernet sauvignon di Gravner, il vino fantasma. Grazie Avguštin della comprensione.