Di solito vedo regalare alle biblioteche edizioni obsolete di libri che non hanno alcuna attrattiva per l'utente. Libri strappati, libri con la muffa. Enciclopedie con Yugoslavia e Cecoslovacchia tanto per intenderci. Harmony di vent'anni fa che non leggerebbe nessuno e che crea alla biblioteca problemi di stoccaggio, e di spese quindi. E' sbagliato anche regalare dieci copie di un libro famoso perché anche questo crea problemi di conservazione nel lungo periodo. La cosa migliore sarebbe stilare una wish list: ogni biblioteca dovrebbe creare una mancolista di libri che l'utente può donare.
Il problema di fondo però si risolve con la sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Le amministrazioni devono essere spinte a investire nella cultura e quindi nelle biblioteche (comunali e scolastiche): devono rinnovare i servizi, aumentarli quando possibile, tenere sempre aggiornato il proprio catalogo con novità editoriali: dal best seller del momento, come Acciaio o Il canale mussolini, che hanno venduto rispettivamente 315.000 e 275.000 copie stando a quello che si dice nella fiera di Francoforte, ai libri delle piccole case editrici, perché la biblioteca si deve fare anche promotore delle piccole realtà editoriali e culturali.
Sponsor, perché no? Forse rischiamo che le biblioteche diventino un'ulteriore appendice di qualche grande gruppo editoriale? Non lo sappiamo, lo scopriremo solo vivendo e provando. Rimane il dubbio, in questo caso, che la cultura rimanga cosa pubblica.
Alla fin fine sta alla bravura degli amministratori delle biblioteche trovare una soluzione o un compromesso.
D'altronde la frase di un alto funzionario statale: "Chiedono ancora libri? Ma non glieli abbiamo già comprati l'anno scorso? Cos'è, li hanno già letti tutti?" rivela quanta incompetenza ci sia nelle alte sfere. Ma non sono quelle a cui dobbiamo rivolgerci, meglio andare in biblioteca e fare quattro chiacchiere con il bibliotecario precario o in alcuni casi con il volontario. Chiediamo a lui o a lei cosa fare per aiutare. Sicuramente vi dirà di spargere la voce che le biblioteche, checché se ne dica, ancora esistono.