Il giro dell’isola in motorino è presto fatto, koh Mak è piccola e piatta. Stupisce vedere che molta gente gira in bicicletta, lungo le strade interne ben asfaltate che si snodano tra gli alberi della gomma e semplici bungalow a palafitta, pieni di fiori. Ci sono una manciata di spiagge dall’atmosfera completamente diversa tra loro: un pontile che va verso il nulla e la carcassa di una nave piantata nella sabbia è il panorama di un piccolo lato dell’isola, mentre girata la curva c’è una spiaggia tropicale deserta con un ristorante per tailandesi, niente sedie e tavolini bassi.
L’isola è quieta ma di gente ce n’è, soprattutto long staying e sommozzatori che preferiscono sistemazioni spartane ma non transigono sui servizi, il cibo e le attrezzature. Ci si ritrova così in un posto remoto ma per nulla sperduto: internet c’è ovunque, il cibo è vario e in caso di emergenza c’è un’efficienza che forse manca in posti apparentemente più sviluppati.
Rimanendo lì qualche giorno e capite le dinamiche, si può fare facilmente amicizia.
Manca una giungla o quantomeno una foresta, ma il panorama varia con la marea e quando è bassa si raggiungono a piedi alcuni dei tanti isolotti verdi che punteggiano il mare circostante, color oro pallido.
Koh Kood è un’isola più a sud di koh Mak e leggermente più grande, la si raggiunge con un’altra mezz’ora di traghetto. Immersa nel verde e con una fitta boscaglia centrale è un’isola dove si sta tentando di istituire un turismo di lusso per celebrità in cerca di quiete. C’è un residence misterioso a cui si accede via mare, con aeroporto privato su vicina e romantica isoletta di pescatori di perle.
Le spiagge sono numerose e tutte molto belle, bianche, palmate, con acqua dai colori cangianti. All’interno colline fiumi e cascate. Il clima generale è di grande tranquillità. I locali vivono tutti in un unico villaggio, sul lato non turistico dell’isola, fatto di moli traballanti, barche, palafitte e bidoni di carburante. La mattina si muovono verso i rispettivi posti di lavoro via mare o via terra, lungo strade di salite e discese, anche ben asfaltate e immerse nel verde. Il traffico è comunque minimo e può capitare di viaggiare per qualche chilometro e non incontrare nessuno anche se è altissima stagione. La zona turistica dell’isola è costellata di residence per la maggior parte pretenziosi e affollati di russi che mangiano patatine con ketchup buttandone per terra la metà. Le strutture sono belle e costose, i bungalow con piscinetta privata un po’ addossati l’uno all’altro, ma la parte di spiaggia non costruita rimane abbastanza godibile e pulita. I prezzi, grazie al turismo russo, sono un po’ lievitati: soggiornare al Cabana o al Tinker Bell può costare 200 euro al giorno in alta stagione.
Ma la costa è lunga e l’isola è democratica: al Siam Resort, che vanta una delle più belle spiagge dell’isola, il bungalow in spiaggia costa circa 50 euro al giorno. E al S- beach Resort anche la metà. L’S- beach resort ha una spiaggia molto piacevole ed è gestito da due sorelle tailandesi che capiscono pochissimo l’inglese, come la maggiorparte della popolazione locale. I bungalow hanno anche l’aria condizionata e godono di splendida vista e molta privacy. Il servizio di cucina è però piuttosto semplice e conviene prendere il motorino per cercare di mangiare altrove, magari nei residence un po’ più lussuosi. Come in tutte le isole della Tailandia, il cibo dipende dai trasporti via mare ed è nella maggior parte dei casi in scatola. Non stupitevi perciò se trovate menù uguali dappertutto, la zuppa di gamberi al cocco così come il pollo con verdure saltate vengono da una lattina, spesso cinese, e hanno tutti lo stesso sapore.Lungo le strade tranquille, può capitare di trovare misteriose indicazioni che portano a moli nascosti, segnalati da sciccose fiaccole dell’Ikea. Lì ci solito di sono i residence ad ingresso controllato e visite proibite. Un altro residence è fatto di palafitte tradizionali costruite sul fiume e lo si raggiunge attraversando una foresta di fango e mangrovie. La spiaggia è splendida e come il ristorante si raggiunge in canoa.
Tutto silenzioso, sospeso e liquido, come ci si aspetta da questo paese, dimenticandosi finalmente per un po’ i motorini che ti sgasano sul piatto.
Koh Mak dall'elicottero
©Loredana de Michelis
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