Talking about… “About Wayne”

Creato il 01 giugno 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA
Ed eccoci qui puntualissime, alle 21.00, armate di telecamera, registratore e tacco 15 (serve sempre), pronte per incontrare gli About Wayne. Siamo al Circolo degli Artisti, il concerto inizia alle 22.30 ma il locale è già pienissimo. Ci facciamo strada tra la gente e dopo qualche “scusa” , ” vorrei passare…”, “permesso” raggiungiamo il backstage dove gli About Wayne…non ci sono! Veniamo placcate da un’organizzatrice che ci informa che la band è dall’altra parte del locale. Ripartiamo e dopo qualche altra spinta qui e lì, ecco Giampaolo il frontman della band! “Ciao, siamo noi di The Freak! Pronti per l’intervista?” 1, 2, 3,  registratore acceso e si va! «Cosa vi ha spinto a dedicarvi alla musica e quali sono i gruppi che vi hanno ispirato e che continuano ad ispirarvi? Mi piacerebbe anche sapere qualcosa a proposito dei costumi che indossate in alcuni video…» Giampaolo: «Per quanto riguarda l’immagine, non abbiamo mai preferito una cosa all’altra… Ci siamo tranquillizzati molto nel tempo e adesso saliamo sul palco vestiti in maniera totalmente normale. Se avete visto i costumi del video di  The Maniac of the Seventh Floor o di Freaks! si tratta principalmente di scelte registiche; noi eravamo in fissa per vestirci strano e, quando ce l’hanno proposto, non ci siamo di certo tirati indietro. Ma sul palco non amiamo gli eccessi, rimaniamo sempre noi, jeans e maglietta.  Dal punto di vista sonoro ognuno si ispira al suo background; non siamo cresciuti insieme quindi, ovviamente, ognuno si è fatto le sue storie e i suoi viaggi. Quando abbiamo cominciato a suonare insieme abbiamo scoperto tanti punti comuni, suonando 5 giorni a settimana si diventa come una famiglia e si condividono gli interessi. Non abbiamo dei gruppi ai quali ci ispiriamo ma ci piacciono molto i Foo Fighters dei quali abbiamo “inspiegabilmente” aperto il concerto. E la cosa che di loro ci ispira maggiormente è il percorso che hanno fatto, un percorso genuino. Noi siamo stati abbastanza contaminati da quello che è venuto dopo il grunge. Tra i gruppi che ascoltavamo da ragazzini  ci sono i Queens of the Stone Age, i System of a Down, i Metallica, gli Incubus, i Led Zeppelin, i Beatles … Solo che a 16 anni è diverso. Adesso non direi mai che i Metallica sono il mio gruppo preferito. Secondo me i gruppi che ti segnano di più sono quelli che ascolti quando sei veramente giovane perché quando cominci a farti un bagaglio musicale a 25 anni non penso ci sia più un gruppo preferito ma ti orienti all’interno di un genere.» «Siete sempre stati appoggiati nella vostra scelta di fondare un gruppo? I vostri genitori cosa ne hanno pensato?» Giampaolo: «All’inizio non è stato facile. La decisione di fondare un gruppo non è stata presa a cuor leggero dai nostri genitori che comunque avevano altre aspettative su di noi. All’inizio ci sono litigi, discussioni, tutto quello che può esserci tra genitori e figli.» «E, dal punto di vista, diciamo così, più venale?» Giampaolo: «All’inizio abbiamo avuto una spinta morale e anche economica da parte loro. Altrimenti non saremmo riusciti a partire. Per il resto, ci autofinanziamo anche grazie alla vendita del merch come dischi, magliette… Ringraziamo i nostri fan per questo!» Francesco: «Io ho sempre suonato. I miei condividevano la mia passione per la musica. È iniziato tutto come un esperimento che è cresciuto piano piano.» Giovanni: «Dalle medie fino a inizio liceo ognuno si è dedicato alla musica per conto proprio. Non c’è stato un momento preciso in cui abbiamo detto loro “Suoniamo e basta”. Per quanto mi riguarda, io ho iniziato a suonare con loro a fine liceo, un momento in cui dovevo decidere cosa fare. Ho comunque avuto l’appoggio dei miei genitori perché stavo provando a realizzare anche un loro sogno. I nostri genitori hanno preso a piccole dosi la scelta di fondare un gruppo.» Jacopo: «Anche io ho cominciato a suonare da subito. Per quanto mi riguarda, passavo i miei pomeriggi a suonare con lo stereo e la chitarra a mille. Diciamo che i miei lo avevano “intuito” che la musica era qualcosa che mi interessava veramente. Questa cosa si è delineata più nettamente quando ho deciso di non fare l’università per dedicarmi alla musica. È stata la manifestazione più chiara della mia ambizione. Loro si sono dimostrati consenzienti.» Daniele:  «I miei mi hanno sempre appoggiato nelle mie scelte – “Voglio fare economia”. “Ok fai economia” – poi ho scelto ingegneria, per poi scoprire che a loro andava bene che mi dedicassi alla musica … Jacopo era rimasto stupito dalla mia scelta e io gli avevo risposto che con la musica non si guadagna. Ho cominciato a frequentare, due lezioni… poi ho visto che i libri erano enormi e la chitarra era lì piena di polvere… mi sono messo a piangere… lo ammetto.» «Qual è il rischio, per un artista, di investire nel proprio sogno? Quanto avete paura di non farcela? E quanto invece ci credete?» Jacopo:  «In questo preciso momento io non ci sto pensando anche perché le cose stanno andando bene. Quello economico è un discorso a parte. In Italia è come se ci fosse un circolo chiuso. Ci sono le solite canzoni che parlano dell’amore, della moglie, degli spaghetti. La nostra speranza è quella di fare strada, di avere successo. È il sogno che abbiamo sin da piccoli. Non per forza in Italia e in questo momento, non dico che ce la stiamo facendo ma abbiamo fatto passi da gigante in confronto ad altre band. È andato tutto abbastanza verso l’alto. Non pensiamo al fallimento e credo che sia abbastanza lontano. Non vedo nubi per il futuro.» Giampaolo: «Nemmeno io vedo nubi. Certo ci sono un sacco di problemi quando sei una band emergente in Italia. E secondo me adesso stiamo vivendo una sorta di momento di passaggio tra l’essere una band emergente e una band affermata. Adesso i locali cominciano a riempirsi un po’ di più. Che poi a me il termine “emergente” mi ha sempre dato fastidio perché un po’ abusato. Gli AW li collocherei a metà perché non siamo ancora una band affermata a livello nazionale però sicuramente siamo indirizzati verso qualcosa del genere. Ci sono gruppi simili a noi, ma in Italia i gruppi famosi sono totalmente diversi da noi. Per quanto riguarda il lato economico, in Italia e probabilmente anche in altri posti, bisogna fare della gavetta all’inizio. Noi la stiamo facendo da pochissimo e  non ci sta pesando. So che anche a Londra vista come la città del maggiore scambio culturale e artistico se vai in un locale e hai meno di 20 persone ad assistere non ti fanno suonare. In Italia siamo sicuramente un po’ arrugginiti dal punto di vista della promozione live, perché poi tantissima musica va in televisione e lo scalino successivo sono i palazzetti dello sport. Il live club è visto come una cosa per band underground ed emergenti,  mentre in altri posti  non è proprio così anche perché ci sono strutture che ti permettono di avere 2000 persone in un posto dove ci stanno tutti e non è un palazzetto. Dal punto di vista economico sicuramente ci saranno soddisfazioni: funziona sempre che tu vai a suonare in un locale, il proprietario ti vede suonare, gli piaci, vede che c’è gente che ti segue e la volta dopo ti paga di più, è sempre una questione di dover dimostrare delle cose.» «Adesso voglio parlare dei vostri testi. Freaks!,  Maniac … vorrei sapere perché vi appassionate a questi argomenti?» Giampaolo: «I nostri testi parlano di concetti che ci stavano a cuore, non parlano della storia di quel ragazzo che “si è sparato perché…” o della politica che va male; non vogliono essere fotografie di situazioni particolari ma di stati d’animo. Freaks! prende come spunto il fatto di voler essere diversi rispetto alla normalità. In alcuni miei testi è presente il fatto di rivendicare la propria indipendenza intellettuale rispetto alla generazioni passate. Qualcosa che viene dato per scontato nei nostri confronti, ma che in realtà non lo è. È una sorta di dichiarazione di identità.» Daniele: «La mia sembra meno profonda. Maniac è nata in un periodo della mia vita in cui ero arrabbiato. Era agosto, faceva caldo e io lavoravo in un supermarket e quindi mi sono detto: “Scriviamo la storia di questo killer che stupra le donne”, mi sembra logico! A parte gli scherzi, sono sempre stato affascinato dalla psicologia. Era un argomento che a me è sempre piaciuto, la morbosità, queste psicologie particolari… So a memoria la storia di Manson, non perché approvi, sia chiaro, solo che mi interessa sapere perché hanno deciso di fare cose diverse da quello che fa un essere umano normale che si sveglia, va a fare la spesa… mentre un altro progetta di uccidere la famiglia da un giorno all’altro. E da qui è uscita Maniac.» «Vorrei sapere che cosa significa Freaks!, la webseries, per voi. Come ha cambiato le vostre vite?» Giampaolo: «All’inizio, io personalmente, e in seguito come gruppo, ci siamo avvicinati a questo progetto, anche grazie alla vicinanza con gli altri creatori della serie che sono miei amici come Claudio (Di Biagio ndr) e Matteo (Bruno ndr) con cui avevo girato anche un video, con incredibile curiosità, anche perché non immaginavamo che avrebbe preso una piega così importante, e quindi lo abbiamo fatto con la maggior naturalezza possibile. Poi si è trasformato in un fenomeno in Italia, e noi siamo stati all’interno di questo fenomeno. Anche le nostre sorti come gruppo sono state contaminate da Freaks!» «Anche perché Freaks! vanta anche la collaborazione di un noto youtuber quale Guglielmo Scilla che comunque ha una certa influenza sul web…» Giampaolo: «Sì sì, certo. Ma come band vantavamo già un buon seguito. Però Freaks! ha fatto sicuramente impennare la nostra pagina Facebook. Poi, quello che dico sempre è che ci siamo divertiti tantissimo nel realizzare questo progetto. Io, Daniele e Jacopo abbiamo curato le colonne sonore. In generale, quello che ne è derivato credo ci abbia aiutati a diventare più grandi. È stato solo un bene per noi aver fatto parte e continuare a far parte di un progetto come Freaks! perché la cosa continua… Ovviamente questo tipo di visibilità ti fa  un po’ traballare, e poi il nostro pubblico è ringiovanito parecchio dai nostri esordi. Il nostro genere di musica quando eravamo semplicemente gli About Wayne e non “quelli che hanno fatto Freaks!” era più adulto, andava dai 25 ai 30 anni. Continuiamo a stupirci del fatto che la nostra musica possa essere fruibile da una persona di 15 anni.  Probabilmente a Roma Freaks! si sente molto e quindi il nostro pubblico romano è molto giovane, però in generale abbiamo girato l’Italia e ci siamo resi conto che è eterogeneo. Siamo felicissimi del fatto che non ci stiamo rivolgendo solo ad una fascia d’età ma a tutti. Freaks! ha fatto sentire la nostra musica a molte altre persone.» «Prima mi dicevate che adesso quando salite sul palco siete più tranquilli. Vorrei sapere della prima volta che siete saliti su un palco. Qual è il cambiamento? L’emozione che avete ancora adesso?» Francesco: «La prima volta che siamo saliti su un palco è stata nell’ ottobre 2009. Era una cosa completamente nuova, affrontata in maniera totalmente diversa rispetto ad ora. In quel momento eri felice di far ascoltare le tue canzoni a quelle poche persone che erano venute a sentirti. Più passa il tempo, più ti rendi conto che stai diventando una realtà, anche se piccola, e cominci a crederci di più, stai molto più attento a come suoni, al modo in cui affronti la serata… Forse l’ansia è maggiore rispetto all’inizio, c’è più adrenalina.» Giampaolo: «Ci sono molti gruppi che dicono che a loro non cambia nulla suonare davanti a 10.ooo persone…  In realtà a me cambia molto. Quando siamo saliti sul palco di Rock in IdRho con 5000 persone davanti non ci ho capito più nulla. Mi è sembrato come se avessimo suonato per 10 secondi.» «E a livello di performance?» Giampaolo: «A livello di performance cominci a gestirti, a capire quali sono i punti deboli, dov’è che puoi esagerare, dove no…» «Visto che me l’hai suggerita… Quali sono i vostri punti deboli come band e come singoli membri?» Francesco (il fatalista): «È una domanda un po’ difficile… Ci sono situazioni e serate in cui dici: “Che bello! Stasera suoneremo sicuramente benissimo!”. Poi sali sul palco e fai schifo, e non sai neanche spiegarti il perché… E poi ci sono serate più scialle in cui dici “Questa serata non è il massimo, che strana sensazione, non riusciremo bene…”. E  invece tiri fuori il meglio! È un’incognita, e dipende da come noi 5 viviamo la cosa, e come i 5 modi diversi di viversi la serata riescono ad incastrarsi tra di loro.» «Bene! Allora parliamo dei 5 modi degli About Wayne!» Giovanni (l’empatico) : «Io sono molto empatico quando suono, quindi se intorno a me sento che va bene riesco a rendere meglio, se sento che va male…» Giampaolo: «Credo che il mio peggior punto debole sia il fatto di non riuscire sempre a gestire la famosa adrenalina di cui ti ho parlato. Mettere a dura prova le proprie corde vocali penso sia una cosa comune a molti cantanti. Suonare tutti i giorni diventa difficile proprio dal punto di vista della tecnica… Ci siamo spinti al massimo delle nostre capacità. Il mio punto debole è proprio quello di ricercare qualcosa che sia al limite delle mie possibilità, ma ovviamente con la paura di non farcela sempre.» Jacopo (l’incredibile Hulk): «Io mi incazzo al soundcheck se non mi sento. Varie volte mi è stato detto dai fonici, che sicuramente conoscono il locale meglio di me, di abbassare il volume della mia chitarra fino a che non mi sentivo più, quindi rosicavo da morire. Come band, secondo me, un nostro punto debole è che ci osserviamo troppo l’un l’altro ,ed è, sia una cosa bellissima che ci ha spinto a fare una copertina con le nostre facce unite, ma è anche un po’ una dannazione perché io, per esempio, sono molto suscettibile all’autorità; quando qualcuno invade troppo i miei spazi rosico, come per il fonico.» Daniele(il paranoico): «Io non ho punti deboli (risate)… Forse sono un po’ paranoico, pessimista… Se, per esempio, vedo che in un locale ci sono meno persone del solito, anche se in realtà ce ne sono 200 comincio a dire: “È vuoto! È vuoto!”, e rompo a tutti e quattro.» «Ragazzi, vi ringraziamo tanto. Adesso dovrete prepararvi per il concerto…»  Giampaolo: «Adesso siamo un po’ tesi, perchè questa è una grande festa…» «Beh, siete tornati a Roma…» Giampaolo: «Sì siamo tornati a Roma dopo diversi mesi. Aspettavamo questa serata da molto tempo. E il locale dove volevamo suonare era il Circolo degli Artisti. Diciamo che la stiamo sentendo parecchio questa serata… È positivo.  Sul palco vedrete che accadrà tutto quello che vi abbiamo detto. Io steccherò, Giovanni impazzirà…» «Jacopo urlerà contro i fonici… » E con queste parole e un forte ” in bocca al lupo” abbiamo lasciato gli AW per spostarci all’interno del Circolo degli Artisti per il concerto. Ultimo dettaglio: a un certo punto,circondati da ragazzi e ragazze che cantavano a memoria i testi degli About Wayne, nell’aria, tra le luci del palco, strani oggetti non identificati hanno iniziato a volare sul palco… Erano reggiseni e mutandine delle fan! Detto questo non resta altro da dire che augurare agli AW mucha mucha suerte! Alla prossima ragazzi! Antonella De Rosa Ilaria Trotta Loretta   Dichio          

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