Tamagotchi: riflessioni sulla vita e sulla morte.

Creato il 19 gennaio 2015 da Claudia Stritof

Quando i Tamagotchi muoiono e sono resettati per una nuova vita, i bambini non hanno la sensazione che tornino uguali a prima. Mentre una volta non vedevano l’ora di far rinascere le macchine che avevano rotto, nel caso dei Tamagotchi hanno il terrore della loro perdita e rinascita. Questo provoca un sincero rimorso perché, come dice un bambino di nove anni, “non doveva succedere. Avrei potuto occuparmene meglio”.

Ipotesi e sentimenti realistici questi che Sherry Turkle descrive nel suo libro Insieme ma soli, la cosa che sorprende è che le due parole di “vita e morte” siano riferite a dei semplici giocattoli, che poi giocattoli non sono per dei bambini, che in tutto e per tutto li assimilano ad animali viventi.

Molti di noi hanno provato l’ebbrezza di possedere un Tamagotchi da piccoli, con risultati più o meno soddisfacenti. Il mio è morto poco dopo tempo, puzzava e dormiva sempre perché non gli prestavo le adeguate attenzioni, ma per questo, almeno da quello che posso ricordare, non mi sono mai sentita in colpa. Forse perché era un giocattolo, non era un essere vivente, forse ero solo più grande rispetto all’età media dei possessori di Tamagotchi e quindi capivo la differenza che c’era tra un animaletto tecnologico e uno vivente. Ma sono solo ipotesi, forse era per menefreghismo e basta. E forse mi sbagliavo.

La cosa miracolosa nel Tamagotchi è che può essere resettato, in poche parole si può far rinascere, portarlo a nuova vita, come se nulla fosse successo. Ma questo nella vita non accade… e no, che non accade. E forse è giusto così. E’ il corso della vita e sarebbe troppo semplice premere un bottone e tornare indietro.

Tornare indietro per andare dove? Prima della morte di una persona cara? Prima di un esame andato male? Prima di un incontro sbagliato? Prima di momento perso e che non tornerà più? Forse, e io con tutta franchezza lo farei se solo fosse possibile.

Ma forse la nostra vita non andrebbe più avanti avendo la possibilità di tornare indietro di giorni o anni. Sarebbe sempre in un pausa su un determinato istante, rallentando la corsa verso il futuro e sopratutto rischiando di perdere il futuro.

Però il bambino su una cosa ha ragione, sui dubbi sorti in seguito alla morte. Quelli ti attanagliano sempre. “Non doveva succedere”, e su questo non ci sono dubbi. Molte cose negative non dovrebbero succedere e invece accadono inesorabilmente e una persona continua a ripetersi questa frase per provare a capire la ragione di tutto ciò che accade.

Il bambino nella sua innocenza ha di nuovo ragione quando gli sorge il dubbio: “avrei potuto occuparmene meglio” – “forse avrei potuto fare di più” – “forse se mi fossi comportata così, lei sarebbe stata meglio”. Troppi forse, ma che nella mente risuonano incessantemente. Si pensa di aver fatto troppo poco per far stare bene una persona. Sono dubbi che non fanno bene, ma che insorgono senza che tu possa farci niente. Sono lì. Alcune volte un po’ più presenti, altre meno. Non so da cosa dipenda la comparsa di questi forse, ma sono pensieri che in un momento qualsiasi potrebbero insorgere, gettandoti in un baratro di ricordi, non sempre positivi, che vorresti ma non puoi condividere, semplicemente perché verrebbero capiti solo in parte e forse perché fa male condividerli.

Allora ecco come un Tamagocthi si trasforma in un motivo di riflessione, cosa che non avrei mai immaginato, e ad averlo saputo prima, forse non lo avrei mai maltrattato. Non avrei dovuto. Ma rimango della mia opinione, non credo che l’ovatto tecnologico abbia sofferto, ma credo che a soffrire sia stato il ragazzino che ha dovuto assistere così piccolo ad una perdita, che poi tanto virtuale non era, se vista con gli occhi così piccoli di speranza e di amore.


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