Qualche giorno fa, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che – nel caso di Taner Akçam, uno dei più convincenti e ascoltati propugnatori della tesi del “genocidio armeno” – l’art. 301 del codice penale turco che punisce le “offese alla turchicità” viola l’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la libertà di espressione. Sono pienamente d’accordo: l’art. 301, ancorché emendato (occorre il via libera del ministero della Giustizia per poter perseguire qualcuno), è un retaggio del passato autoritario e non può trovare posto in un sistema giuridico pienamente democratico. Va abolito, senza indugi. Però, mi chiedo anche: ma non sono ugualmente violazioni dell’art. 10 tutte le leggi memoriali che fanno del cosiddetto “negazionismo” – cioè, dell’espressione di opinioni non conformi a quelle comunemente accettate – un crimine punibile col carcere? Che differenza ci sarebbe, in buona sostanza, tra l’art. 301 del codice penale turco e la legge Gayssot in Francia? O, rimanendo nello specifico, nella legge di criminalizzazione del negazionismo sul genocidio armeno che la Francia potrebbe presto approvare?