Chissà, per quanto strano potrebbe essere interessante vedere che un pianeta è aggrappato alle radici di un misero filo d'erba!
Tante domande
C'era una volta un bambino che faceva tante domande,
e questo non è certamente un male, anzi è un bene.
Ma alle domande di quel bambino era difficile dare risposta.
Per esempio, egli domandava: - Perché i cassetti hanno i tavoli?
La gente lo guardava, e magari rispondeva: - I cassetti servono per metterci le posate.
- Lo so a che cosa servono i cassetti, ma non so perché i cassetti hanno i tavoli.
La gente crollava il capo e tirava via. Un'altra volta lui domandava:
- Perché le code hanno i pesci? Oppure:
- Perché i baffi hanno i gatti?
La gente crollava il capo e se ne andava per i fatti suoi.
Il bambino, crescendo non cessava mai di fare domande.
Anche quando diventò un uomo andava intorno a chiedere questo e quello.
Siccome nessuno gli rispondeva,
si ritirò in una casetta in cima a una montagna e tutto il tempo pensava delle domande e
le scriveva in un quaderno, poi ci rifletteva per trovare la risposta, ma non la trovava.
Per esempio scriveva:
«Perché l'ombra ha un pino?»
«Perché le nuvole non scrivono lettere?» «Perché i francobolli non bevono birra?»
A scrivere tante domande gli veniva il mal di testa, ma lui non ci badava.
Gli venne anche la barba, ma lui non se
la tagliò. Anzi si domandava: «Perché la barba ha la faccia?»
Insomma era un fenomeno. Quando morì, uno studioso fece delle indagini e scoprì che quel tale fin da piccolo si era abituato a mettere le calze a rovescio e non era mai riuscito una volta a infilarsele dalla parte giusta, e così non aveva mai potuto imparare a fare le domande giuste.
A tanta gente succede come a lui.
Gianni Rodari, Favole al telefono, 1962