Durante il corso degli anni, ho visto il boom di molteplici sistemi di #guadagno-online-da-casa.
Sempre dall’America, è giunto fino a noi un periodo abbastanza remunerato, il Pay to write e il writer free lance. Pay to write, esattamente vuol dire pagato per scrivere. La maggior parte, erano in lingua inglese, insostenibile per chi non conosce la lingua, i guadagni arrivavano, ma bisognava far loro una pubblicità sfrenata. Il problema per un italiano, era il pubblicizzarlo, soprattutto se la maggior parte delle sue conoscenze non “masticano” l’inglese. In Italia, abbiamo avuto una grande esperienza con Wikio, che commissionava articoli ben pagati. Sfortunatamente, troppi articolisti e pochi articoli… Come Wikio, ci sono altri portali, ben paganti, qui in Italia. Quelli rimasti, proprio per evitare un accumulo di articolisti, spesso all’acqua di rose, sono più selettivi nelle scelte e nella valutazione degli stessi articoli. In qualcuno è lo stesso commitente, colui che richiede l’articolo, a dare un giudizio e a richiedere le dovute correzioni.
Il writer free lance, generalmente scrive articoli liberi, non sotto ordinazione, li pubblica sui siti specializzati in questo settore e deve scongiurare che qualcuno sia interessato al suo articolo…
Unico punto interrogativo tra i bloggers italiani, rimane ancora la fonte di guadagno.
Esiste infatti una netta differenza tra il blog americano e quello italiano. Esiste una visione diversa. In America, difficilmente si vedono pagine inondate di pubblicità, per il semplice fatto che il loro guadagno non arriva dai click pubblicitari, ma dalla sostanza dello stesso articolo, da quante visite uniche si hanno, da quanto vero valore viene dato al blog dagli utenti. In Italia, accade esattamente il contrario, e forse, proprio per questa ragione, spesso ci si dedica molto poco a scrivere articoli di vera sostanza, articoli che insegnino veramente, o che facciano parlare di se. Altra grande differenza sostanziale e la forma di condivisione nei social. In America viene usata in particolar modo Twitter. Non si può negare che qui, è quasi obbligatorio cliccare prima di condividere. In Italia si predilige Facebook, ma col fatto che compare l’immagine e la piccola introduzione, ci si ritrova con una marea di “mi piace”, senza che nessuno abbia letto o mai aperto il blog in cui è inserito. Morale della favola: pochissimi utenti unici.
Se si riuscisse a cambiar la mentalità nei confronti del blog, a vederlo come punto informativo, probabilmente, si riuscirà, col tempo, a far crescere il proprio blog e a poterlo considerare un lavoro sotto tutti i punti vista.
Chissà se come blogger riusciremmo ad avere il mondo in mano! ;)
Asta luego!