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Tanzania/Un'analisi dettagliata della realtà del Paese in attesa delle elezioni di ottobre

Creato il 17 luglio 2015 da Marianna06

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Tensione tra Chiesa e Stato

“Vuoi che il fatto resti segreto? Scrivilo. Tanto nessuno si prenderà la briga di leggerlo. Questa è una sacrosanta verità”. Così si esprimeva un lettore di Mwananchi il 9 settembre 2014 (1).

No, non è “una sacrosanta verità”, ma neppure una totale falsità. Già, perché i tanzaniani sono avvocati facondi quando parlano, ma incespicano quando leggono. Così leggono poco, giovani a parte, innamorati dei testi facebook e twitter.

Nell’ottobre 2014 il governo del Tanzania stampò 2 milioni di copie della nuova Costituzione, approvata dal parlamento, da sottoporsi ora a referendum popolare. È un libro di 263 pagine. E chi lo leggerà considerando il tiepido amore per la parola scritta dei 45 milioni di tanzaniani?

Ecco perché i vescovi cattolici hanno tagliato in fretta la testa al toro consigliando di votare “no” nel referendum, prendendo in contropiede i politici del governo, a cominciare dal presidente della Repubblica Jakaya Kikwete, fautori di un “sì” plebiscitario alla nuova Costituzione.

Kikwete accusò il colpo e rispose seccato: “Signori vescovi, come potete raccomandare ai cittadini di votare “no” alla Costituzione senza prima averla letta?”. Ragionamento che non fa una grinza. Ma chi legge un tomo di 263 pagine, per di più scritto in politichese?

Il “no” della Chiesa cattolica alla nuova Costituzione è stato sottoscritto pure da altre denominazioni religiose, quali la Luterana e la Pentecostale. Per garantire l’unità del paese, le Chiese cristiane sono in favore di “un solo governo”, non due governi, come recita invece la nuova Costituzione sostenuta a spada tratta dal Partito della Rivoluzione (Chama cha Mapinduzi, partito di governo, che detiene la maggioranza assoluta e non rifugge da atteggiamenti dittatoriali).

Un altro motivo di frizione fra governo e Chiese cristiane ha riguardato i poteri e privilegi del presidente della Repubblica, nonché dei parlamentari: poteri e privilegi che le Chiese auspicavano di ridimensionare, secondo “la prima bozza di Costituzione” (2), suffragata da tanti pareri trasversali dell’opinione pubblica. Ma il partito di maggioranza non ne tenne conto.

Il referendum sulla nuova Costituzione si doveva tenere il 30 aprile 2015, ma fu rinviato sine die per mancanza di una strumentazione adeguata per registrare i votanti e contare i voti. Proprio come avevano previsto le Chiese cristiane ed altri settori della società civile.

Poca libertà e tanta precarietà

La nuova Costituzione non è l’unico tema dibattuto in questi mesi. Un altro argomento scottante è l’elezione del presidente della Repubblica e dei membri del Parlamento. L’elezione è prevista per il 25 ottobre prossimo. Però si teme ancora un rinvio del voto, come è avvenuto per il referendum sulla Costituzione.

Soprattutto si paventa la mancanza di libertà. Non ne fa mistero Willbroad Slaa, segretario del Partito della Democrazia e dello Sviluppo (Chadema, maggiore partito di opposizione), che si domanda: perché il governo ha speso 26 milioni di euro per dotare la polizia di 700 automezzi onde fronteggiare i partiti di opposizione durate la campagna elettorale? Inoltre: perché i cittadini, che si registrano per partecipare al voto, devono pure dichiarare il partito politico di appartenenza ed essere così discriminati, se non iscritti al partito dell’attuale governo? (3).

I partiti di opposizione intendono presentare un candidato comune alla presidenza della nazione, come pure concordare i candidati ai seggi del parlamento. L’accordo non è né facile né scontato.

Una logorante crisi economica crea impotenza e frustrazione, specialmente in città. Qualcuno rinuncia persino al lavoro retribuito, perché il salario (circa 50 euro mensili) non gli consente di pagare l’autobus per raggiungere il posto di occupazione. A metà mese tanti operai chiedono un anticipo della paga, perché sono al verde.

Il Tanzania non è “il paese della tranquillità sociale”, come si è vantato di essere.

La voce della Chiesa cattolica

In tale precarietà nel febbraio scorso la Chiesa cattolica si è espressa con due documenti: “Osservate il diritto e praticate la giustizia” (Is. 56, 1) e “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Lc. 21, 19). Documenti che denunciano nella classe politica, nelle forze dell’ordine e negli apparati statali mancanza di integrità e trasparenza, comportamenti dettati da interesse personale, egoismo, ipocrisia e corruzione.

Senza scordare altre calamità sociali, quali:

- le bande di giovani malviventi che rubano ovunque, e si vantano dell’appellativo “topi di strada” o “cani selvaggi”;

- l’abuso della forza da parte della polizia per reprimere le proteste della gente esausta;

- gli attacchi alle stazioni di polizia, dove si sottraggono armi e si feriscono gravemente ed uccidono poliziotti.

“Osservate il diritto e praticate la giustizia” raccomandano i vescovi cattolici.

Albini e pena di morte

Una piaga tipica del Tanzania è l’amputazione di arti ad albini o la loro uccisione.

Dal 2000 ad oggi si contano 153 aggressioni ad albini, con 76 assassini. Fra gli albini sopravvissuti, 34 si ritrovano gravemente mutilati in varie parti del corpo. Gli albini uccisi aumentano in occasione di eventi quali le elezioni nazionali, essendo considerati da alcuni “vittime propiziatorie”. 

Joseph Torner, coordinatore dell’Associazione Albini Tanzania, ha lamentato: “Noi albini non abbiamo pace neppure da morti. Persino i cadaveri vengono dissotterrati e fatti a pezzi per ricavarne portafortuna. Così ci costringono a seppellire e sigillare i nostri cari in tombe di cemento armato. Il governo non ci protegge... Presidente Kikwete, arresta le crudeltà cui siamo sottoposti” (4).

Chiamato in causa, il presidente ha promosso via radio una campagna di solidarietà, e 16 assassini di albini sono condannati a morte. Però Kikwete non ha ancora firmato l’esecuzione, sollevando le perplessità di Edward Lowassa, ex primo ministro e candidato alle prossime presidenziali, che auspica l’impiccagione immediata.

In Tanzania esiste la pena di morte. Tuttavia da oltre 20 anni i condannati alla pena capitale non salgono sul patibolo. È un comportamento che riscuote il plauso dei difensori dei diritti umani (5).

Rapporto con l’Islam

Il rapporto fra cristiani e musulmani è di sospetto reciproco. L’uccisione di 148 studenti, avvenuta ad opera dei terroristi di Al Shabab nell’università di Garissa (Kernya), il 2 aprile scorso, ha rinfocolato lo diffidenza verso l’Islam anche in Tanzania.

Il verbo “rinfocolare” rimanda a tragici eventi precedenti. Ad esempio: il 5 aprile 2013, ad Arusha, una bomba durante una Messa in piazza, presente il nunzio pontificio arcivescovo Francisco Padilla,  provoca 4 morti e 60 feriti. Il fatto non è riconducibile ad alcuna denominazione religiosa. Ma non tutti accettano tale versione, anche perché la vicenda non è mai stata chiarita dal governo.  Altri eventi furono insabbiati (vedi il ferimento di padre Ambrose Mkenda il 26/12/2012 e l’uccisione di padre Evarist Mushi il 17/03/2013).

Tarcisius Ngalalekumtwa, vescovo di Iringa e presidente della Conferenza episcopale del Tanzania, stigmatizzò il silenzio dello stato. Silenzio inspiegabile allorché nel Congresso islamico, svoltosi a Dar Es Salaam il 15 gennaio 2011, alcuni oratori incitarono i musulmani ad opporsi ed odiare i cristiani, perché lo stato (a cominciare dal presidente cattolico Julius Nyerere) li ha sempre favoriti con denaro (6). Il che è falso.

Oggi i musulmani pretendono “il tribunale islamico” con il finanziamento della stato. Pretesa che viola la legge vigente.

Dagli elefanti alla “tanzanite”

Il Tanzania ha le carte in regola per essere un prospero paese. Le risorse del suolo (settore agricolo) e del sottosuolo (minerali) sono ingenti. Per non parlare della pesca e della ricchezza idrica dovuta ai laghi Victoria, Tanganyika, Niassa. Né si scordi che il Tanzania è il più accattivante giardino zoologico del  mondo con i parchi di Serengeti, Selous, Ruaha, Mikumi.

Ma guai se “scorni” i rinoceronti, per ricavare afrodisiaci, o mozzi le zanne degli elefanti per farne gingilli.

È mai possibile che il Tanzania, secondo l’internazionale Environmental Investigation Agency, nel 2005 contasse 142 mila elefanti, mentre oggi sono 50 mila? Nel 2013 ne massacrarono ben 10 mila: 30 al giorno! Personaggi cinesi (ma non solo) sono implicati nel mostruoso contrabbando, in combutta con personaggi tanzaniani. Intanto il presidente cinese Xi Jinping fa... l’indiano. L’Interpol è di tutt’altro parere (7).

Preziosa è pure la pietra azzurra tanzanite. Nel 2014 il Tanzania ne trasse profitto per 22 milioni di euro, mentre il Kenya incassò 82 milioni e l’India addirittura 243 milioni. Ma la tanzanite non è reperibile solo in Tanzania?

Il quotidiano Mwananchi commenta: “Il Tanzania lo zimbello del mondo. Gli animali dei parchi e i diamanti delle miniere vengono rapinati da stranieri in modo pauroso” con il beneplacito della nazione (8).

Oltre all’“invasione cinese”, c’è pure quella di alcuni faccendieri degli Emirati Arabi. Costoro vorrebbero comprare 1.500 chilometri quadrati di terre masai, al confine con il parco Serengeti, per 500 mila euro. E farne che cosa? Una riserva di caccia per la famiglia reale di Dubai (9).

Onde controllare la presenza straniera, il Tanzania si appresta ad approvare una legge contro i lavoratori provenienti da altri paesi. “Non ha senso vedere in Tanzania un cinese alla guida di un autobus locale” ha affermato la parlamentare Ester Buloya. Ne faranno le spese i lavoratori immigrati dal Kenya o dallo Zambia. “Pesci piccoli” comunque.

È quasi collasso

Il Tanzania ha un prodotto interno lordo (pil) che cresce del 6-7 per cento all’anno. Non è poco.

Ma la crescita del pil non è ipso facto garanzia di ricchezza. Dipende anche dalla “quantità di beni reali” da cui inizia la crescita, beni che in Tanzania vengono assicurati pure da “prestiti”. Così lo stato si indebita. Nel 2014 l’indebitamento era di 15 miliardi di euro.

Nella legge finanziaria 2014-15 il governo destinò il 68 per cento del bilancio, pari a 9,5 miliardi di euro, per garantire i “beni ordinari” (stipendi di parlamentari ed impiegati dello stato) e il 32 per cento per i servizi sociali (sanità, scuola, infrastrutture). Ecco perché salute, istruzione e sviluppo risultano penalizzati.

Se infine si tiene conto dello sperpero-sottrazione di denaro pubblico, i servizi sociali sono meschini ancora di più. E il tanzaniano è al collasso.

Un proverbio swahili recita: la pazienza genera buoni figli (subira huzaa mwana mwema). Non è più esatto dire “la giustizia genera figli onesti”?

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1) Mwananchi, significativo e diffuso quotidiano in lingua swahili del Tanzania.

2)  è la bozza di Joseph Warioba, stimato giudice in pensione, che ha strutturato le proposte dei tanzaniani circa la nuova Costituzione.

3) Cfr. Mwananchi, 01/06/2015.

4) Cfr. Enendeni, januari/februari 2015. è l’unica rivista missionaria del Tanzania, edita dai missionari della Consolata.

5) Cfr. Taarifa ya Haki za Binadamu Tanzania ya Mwaka 2012, uk. 17-18. Anche qualche giornale si schiera contro la pena di morte (cfr. Mtanzania, 30/01/2014; The Citizen, 22 April 2015).

6) Cfr. Enendeni, julai/agosti 2013. 

7) Cfr. Mwananchi, 07 e 11/11/2014.

8) Cfr. Ibid, 20/11/2014.

9) Notizia del 18 novembre 2014 (cfr. www.theguardian.com/world/2014/nov/16/tanzania-government).

                  p.Francesco Bernardi (IMC)-Direttore di Enendeni

  

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