"Il documentario Tanzen mit Righeira, il cui titolo prende spunto da un loro brano, ripercorre i loro successi e le loro cadute. Grazie alle loro testimonianze ma anche di quelle di coloro che li hanno incontrati nell’arco degli ultimi 30 anni, vedi Red Ronnie, Carmelo e Michelangelo La Bionda, Freak Antoni, Oderso Rubini, Alberto Campo ed altri ancora, si ripercorre la vicenda artistica e personale dei fratelli musicali più famosi d’Italia, dai loro esordi a Torino nei primi anni ’80 all’esplosione planetaria con il celebre pezzo Vamos a la playa, fino ai giorni nostri, passando per mille ricordi e vicissitudini."
Né una prevedibile riconsiderazione, né un’ipocrita celebrazione a tutto tondo del duo musicale. Castelletto sceglie un approccio appassionato ma critico, rivelando allo spettatore i lati più sconosciuti della coppia attraverso le testimonianze del loro "entourage" artistico e soprattutto umano. Un viaggio culturale più che artistico, segnato da follia, irresponsabilità, genialità e talvolta amarezza. Tutto scandito da ipotetici capitoli che citano estratti dei loro brani, a sottolineare come la ribalta possa spesso contaminarsi con il retroscena, non senza conseguenze impreviste: le parole dello stesso Johnson Righeira, in merito alla vicende giudiziarie che lo coinvolsero nel 1993 – scontò cinque mesi di reclusione, veri, per poi essere assolto – emozionano davvero e lasciano trasparire un’umanità (frammista forse ad ingenuità) orgogliosamente lontana dal plastico, consueto divismo dell’ambiente musicale nostrano.
Un documentario di 60 minuti esatti, che attraverso una sincera e totale armonia narrativa riesce a far convivere il disquisire sull’ideologia futurista-pop, onnipresente nelle canzoni dei Righeira, con le esibizioni canore della band, irresponsabili e provocatorie come nulla prima d’allora ed incentrate su costumi, acconciature e coreografie goliardicamente spiazzanti. Ascoltare poi Red Ronnie parlare de "L’estate sta finendo" come una delle più belle canzoni della storia della musica Italiana sistema finalmente, nell’opportuna collocazione artistica, un "corto circuito" culturale e discografico tanto unico nel suo genere quanto prezioso. Applausi grazie.
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