Non si discostano per nulla da ciò che hanno già dimostrato di saper suonare egregiamente, i Taras Bul’Ba. Nonostante questo, Amur scorre via arrembante e grintoso. Anzi, più che suonare “solo” bene, pesta che è un piacere, dato che il gruppo di casa Wallace è sempre stato un rullo compressore capace di sfondare muraglie intere a fendenti di psych/noise/rock/core. Amur è un fiume detto “Drago Nero” che scorre tra Cina e Siberia e ogni pezzo è una tessera del puzzle che raffigura il viaggio lungo le sue sponde. Il genere è quello indicato poco su, ma l’equilibrio raggiunto in ogni canzone e la misura di ogni elemento restituiscono sensazioni che campeggiano anche in certi territori da prog crimsoniano, tra dilatazioni ed estasi elettrica, ben orchestrate da Fabio Magistrali in cabina di regia. Veemente.
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