"L'importante è convincere sé stessi e più ancora gli altri... che la bella Italia di cui parliamo esiste ancora ed è stata solo marginalmente guastata dal cemento" scrivono nel loro ultimo, imperdibile libro Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo ("Vandali - L'assalto alle bellezze d'Italia", Rizzoli, € 18,00), "al resto può provvedere Photoshop". La fotografia è un'arma potente, e anche se le sue capacità propagandistiche sono state negli ultimi anni erose dalla televisione, rimane uno strumento in grado di orientare la nostra percezione della realtà. In questo senso, ogni fotografo dovrebbe sentirsi investito da una grande responsabilità: ingannare il prossimo può essere facile, ai tempi del digitale e, semplicemente, non bisognerebbe farlo. E' in fondo questo il motivo per cui ho iniziato a praticare la fotografia creativa e "neopittorialista": non intendo cedere alle lusinghe del brutto, in qualche modo decantarlo e renderlo digeribile, ma il bello è pur sempre sotto assedio, se non già in via di estinzione. Con le mie immagini finto-antiche, romantiche e texturizzate, fornisco una mia interpretazione del territorio e della natura, indiscutibilmente distante da una visione oggettiva, così che nessuno potrà mai dubitare del fatto che il sito fotografato possa essere anche molto diverso da come appare nella mia opera. E' un modo per propagandare il bello senza dover passare attraverso la pura e semplice denuncia (cosa che fanno benissimo molti colleghi), e soprattutto senza dover ingannare subdolamente gli altri, come scrivono Stella e Rizzo: "sui giornali di mezzo mondo, il lido di Naxos tornò così come lo vide Teocle, che un Poseidone furibondo (il nostromo della nave greca gli aveva offerto del fegato cotto male) aveva fatto naufragare a Capo Schisò. Un miracolo. Via l'ammasso di alberghi, condomini, palazzoni, supermercati e garage che ammorbano il golfo. Pluff: tutto sparito. E al suo posto, alle spalle del teatro greco di Taormina, riecco la Sicilia dei Calcidesi di Eubea. Bedda. Beddissima. Tornata vergine con sapienti ritocchi al computer per sottolineare al meglio la filosofia della campagna pubblicitaria regionale: "La Sicilia non ha bisogno di attirarvi coi soliti trucchetti". "Sorry, ho sbagliato" spiegò l'autore del maquillage paesaggistico, il fotografo londineseDesmond Burdon, dopo la denuncia dell'imbroglio...". Il fotografo britannico (date un'occhiata al suo sito) è specializzato in immagini di location rese -per così dire- al meglio. E' un mago del fotoritocco e, onestamente, le sue immagini appaiono finte già da una certa distanza. Non lo dico in senso negativo, anzi: sono interpretazioni supersature, perfette, leccate del paesaggio, dei luoghi, delle persone. Un mondo ai limiti del plasticoso, che è comunque leggibile, da chi abbia un minimo di esperienza e occhio, come una precisa scelta stilistica e interpretativa dell'artista. Insomma, può piacere o meno, ma è una iconografia che spartisce col vero solo l'esuvia, tutto il resto è aggiunto, ma senza necessariamente un intento ingannatore. In altre parole: la Regione Sicilia ha scelto il fotografo proprio per le sue caratteristiche, per il fatto che è in grado di rendere l'idea di un luogo in modo iperrealista (direi anzi surreale) riuscendo così a nascondere i guasti che il paesaggio dell'isola ha subito negli ultimi anni. Al fotografo inglese, probabilmente, non possono essere ascritte particolari responsabilità, ha fatto solo il suo lavoro, per un cliente che pagava bene (la campagna pubblicitaria è costata in tutto circa 13 milioni di euro!). Come biasimarlo? In fondo non è un caso isolato: "è brutta Venezia con Marghera sullo sfondo?" chiosano Stella e Rizzo,"Clic: via le ciminiere. Non sta tanto bene il viadotto che porta ad Agrigento coi piloni piantati dentro una necropoli? Clic: via il viadotto. E' imbarazzante l'assedio ai condomini al Parco del Vesuvio? Clic: via i condomini. Era più bella la Costa Smeralda senza quelle migliaia di villette a schiera? Clic: via le villette a schiera". Rimane una sola consolazione: che questi interventi in postproduzione tradiscono la convinzione, anche di chi li fa o li commissiona, che certe bruttezze e certe violenze subite dal paesaggio sono assolutamente indigeribili. Chissà che prima o poi qualcuno inizi a pensare che invece di Photoshop sarebbe meglio iniziare a usare il buon senso...