Tasse record: pressione fiscale al 50,3%, altro che riduzione

Creato il 03 aprile 2015 da Mrinvest

L’Istat ha comunicato i dati riguardanti la pressione fiscale, che ha registrato tasse record, e quello del rapporto deficit/Pil che sale al 3%.

Altro che riduzione della pressione fiscale. Dopo i dati negativi sul lavoro ecco arrivare un’altra doccia fredda dall’Istat che fotografa la situazione in cui la ripresa in Italia stenta ad arrivare.
Da una parte la pressione fiscale che negli ultimi tre mesi del 2014 registra tasse record, attestandosi al 50,3%, in aumento dello 0,1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, e dall’altra il dato sul rapporto deficit/Pil che torna sulla fatidica soglia del 3%, che è il limite massimo imposto dal patto di stabilità prima di incorrere in procedure di infrazione europee, in aumento dello 0,1% rispetto al 2013, quando si era fermato al 2,9.

Dunque, tasse record e pressione fiscale su famiglie e imprese in Italia che continua a salire e si rivela il principale ostacolo che impedisce il rilancio dei consumi e la ripresa. Se a queste poi aggiungiamo Iva, accise sulla benzina, canoni, bolli, imposte regionali, provinciali e comunali, tasse assurde e altre diavolerie, la percentuale che lo Stato si pappa supera il 60%. Il mattone resta il bene più tassato: nel 2014 tra Tasi ed Imu i contribuenti italiani hanno versato complessivamente 25,2 miliardi di euro, 1,6 miliardi in più rispetto a due anni prima.

Oltre alle tasse record, l’altro dato negativo riguarda, come già detto, il rapporto deficit/Pil, che nel 2014 si attesta al 3%. Ma preoccupa anche il crollo dei profitti delle imprese che scendono dello 0,8% rispetto all’anno precedente, il dato più basso dall’inizio delle serie storiche del 1995.
Il rapporto deficit/Pil al 3% è quello che l’Europa ci aveva chiesto di non superare e, tutto sommato, abbiamo tenuto la spesa dentro il limite massimo rispetto ai parametri europei. Però più spesa vuol dire anche che la pressione fiscale rimane troppo alta.

Le tasse record rappresentano il vero problema che sta frenando la ripresa ed il ritorno alla crescita. Sono le aziende a dire che con questa imposizione fiscale è molto difficile a tornare a macinare utili, e quindi a distribuire ricchezza ed allargare la base occupazionale.

I dati dei giorni scorsi ci confermano che ci può essere sicuramente un ritorno a livelli di produzione più alti, ma senza aumenti occupazionali. In sostanza, le aziende tornano a produrre utili, ma non è che questo porti con sé delle assunzioni in più, al massimo dei perfezionamenti di contratti. E’ ovvio che, se un contratto a tempo determinato viene trasformato a tempo indeterminato, è un passo in avanti, ma non aumenta il numero delle persone che lavorano.

Sembra che ci siano segnali di ripresa, è vero, ma se non si diminuiscono le tasse questi segnali rimarranno fumosi. Se non si provvede radicalmente a combattere l’evasione fiscale e la corruzione, a tagliare le spese inutili e sconfiggere la burocrazia, a privatizzare e riformare, la situazione andrà sempre peggiorando.
Facile a dirsi, ma purtroppo sono problemi che nessun Governo è mai riuscito a risolvere.