Stiamo vivendo giorni roventi, l’associazionismo “no Tav” è in piena lotta per affermare la propria posizione, senz’altro diritti ma non solo.
Purtroppo come sempre in occasioni del genere le proteste – per qualsiasi cosa avvengano o qualsiasi fine abbiano – rischiano di sfociare in violenza fine a se stessa, ma non voglio dire che sia colpa dei manifestanti o colpa delle Istituzioni, la situazione è molto intricata e non credo di essere all’altezza di dare giudizi nel merito.
Da cittadino però osservo i fatti e mi sembra che la situazione stia sfuggendo di mano a tutti, ai manifestanti ed alla loro struttura organizzativa ed associativa da una parte, ma dall’altra pure alle Istituzioni, che sembrano ormai non aspettare altro se non la prima mossa fuori dalle righe della controparte per reprimere con la forza ogni genere di protesta.
L’aver visto lo scontro fisico tra persone comuni quali i manifestanti (tra i quali donne ed anziani…) pronti forse a dare la vita per una causa in cui credono, rispetto ad altri uomini che per l’occasione si trovano dall’altra parte della barricata quali le Forze dell’ordine, mi rattrista e penso a quanti di loro hanno dovuto “per dovere” usare la violenza contro tanti esseri umani disarmati senza probabilmente volerlo, o addirittura condividendo la loro diffidenza rispetto a quest’opera che ormai sembra avviata senza possibilità di marce indietro di sorta.
Credo che il problema sia squisitamente politico – non minimizziamolo a questioni di ordine pubblico o ancor peggio di teppismo o violenza spicciola, come piacerebbe a taluni per inficiare e banalizzare il vero obiettivo delle proteste della popolazione, il vero dramma di famiglie che si trovano espropriate di case e terreni per una causa suprema quale quella della Tav italo-francese.
Spero che i rappresentanti delle Istituzioni affrontino il problema – a dir poco spinoso – con le armi della politica e della diplomazia, che se usate nella maniera corretta sono potentissime e meno dolorose di manganelli e idranti per tutti.
nanni