Tè freddo

Creato il 16 luglio 2014 da Bea23

Finalmente sembra arrivata la vera estate, anche se questo tempo ballerino non promette proprio bene. Certo è che quando esce il sole, il caldo si fa sentire e personalmente a me passa un po’ l’appetito ma viene una gran sete. L’acqua è sicuramente la cosa che disseta di più, ed è da preferire a bibite gassate o zuccherate che gonfiano solo la pancia e non saziano. Una valida alternativa, però, è il tè freddo fatto in casa. Come? Ce lo spiega bene Elisabetta Chicco Vitzizzai in A tavola con Scarlett O’Hara, il ricettario tratto dal romanzo di Via col vento.

Dal romanzo Via col Vento di Margaret Mitchell (pp. 286-287)

«Quella mattina zia Pitty dovette prendere con rincrescimento la decisione di sacrificare il gallo, prima che morisse di vecchiaia e di nostalgia del suo harem, dal momento che tutte le galline erano già da tempo finite in pentola.
Per giorni il povero gallo si era aggirato tristemente nel recinto vuoto, troppo demoralizzato per cantare. Ma dopo che zio Peter gli ebbe tirato il collo, zia Pitty si pose questo problema di coscienza: era lecito godersi la pietanza nella stretta cerchia familiare quando molti dei suoi amici non mangiavano pollo da settimane?
Propose dunque di invitarli a cena. Melanie, che era al quinto mese di gravidanza e non usciva più di casa né riceveva, restò sgomenta all’idea. Ma zia Pitty per una volta fu irremovibile. Sarebbe stato un gesto egoista mangiare il pollo da sole e se Melanie si fosse soltanto messa la crinolina un po’ più in alto, nessuno si sarebbe accorto di nulla.
“Ma zia, non ho voglia di vedere gente quando Ashley…”
“Ashley non è… scomparso per sempre” ribatté zia Pitty con voce tremante, perché in cuor suo temeva che Ashley fosse morto davvero. “È sicuramente vivo come te, e ti farà bene avere un po’ di compagnia. Inviterò anche Fanny Elsing: sua madre mi ha pregato di combinare qualcosa per distrarla e farle vedere gente…”
“Ma è una crudeltà, zia, costringere Fanny, dopo che il povero Dallas è morto…”
“Basta, Melly, se discuti ancora mi metto a piangere. Sono tua zia e so quello che faccio. E voglio avere degli amici a cena”.
Così zia Pitty diede la sua cena, e, all’ultimo momento, un ospite non atteso, e non desiderato, si presentò.
Proprio mentre l’odore del pollo arrosto riempiva già la casa, Rhett Butler, di ritorno da uno dei suoi misteriosi viaggi, bussò alla porta, con una grande scatola di dolci elegantemente confezionata sotto il braccio e la lingua ben fornita dei suoi soliti complimenti a doppio taglio.
Non si poté fare a meno di invitarlo a fermarsi, benché zia Pitty sapesse quel che il dottor Meade e sua moglie pensavano di lui, e come era aspra Fanny verso chiunque non fosse in uniforme. Né i Meade né gli Elsing gli avrebbero rivolto il saluto, incontrandolo per strada, ma ovviamente, in casa di amici, avrebbero dovuto essere cortesi con lui. D’altronde Rhett era adesso più che mai sotto la protezione della buona Melanie. Da quando era riuscito a farle avere notizie di Ashley, Melanie aveva dichiarato pubblicamente che la sua casa gli sarebbe stata aperta fino all’ultimo dei suoi giorni, qualunque cosa gli altri avessero da dire contro di lui.
Le apprensioni di zia Pitty si placarono quando vide che Rhett si comportava benissimo. Egli si dedicò a Fanny con tale comprensione e deferenza che essa gli regalò un sorriso e la cena si svolse piacevolmente. Fu un festino quasi. Carey Ashburn aveva portato un po’ di tè, che aveva trovato nella borsa da tabacco di un prigioniero yankee, e ognuno ne ebbe una tazza, che odorava lievemente di tabacco. Ci fu un pezzettino del vecchio e coriaceo volatile per ciascuno e di contorno una discreta quantità di farina di mais insaporita da cipolle, una scodella di piselli secchi e abbondante riso condito con il gravy, quest’ultimo un po’ acquoso, perché non c’era abbastanza farina bianca per addensarlo. Come dessert una torta di patate dolci e i dolcetti di Rhett; e quando egli tirò fuori dei veri sigari Avana per i signori, da godersi sorseggiando un bicchiere di vino di more, tutti dichiararono che era stato davvero un banchetto luculliano.
Quando gli uomini raggiunsero le signore sulla veranda, i discorsi volsero verso la guerra. Sempre si finiva per parlare della guerra, qualsiasi conversazione, triste o gaia che fosse, partiva dalla guerra o finiva sulla guerra. Sempre la guerra. Storie di guerra, matrimoni di guerra, morti in ospedale o sul campo di battaglia, fatti avvenuti in combattimento o in marcia, ardimenti, viltà, allegria, tristezza, privazioni, speranze. Sempre, sempre speranze. Salde speranze, nonostante le sconfitte dell’estate precedente.»

Ingredienti

  • acqua
  • tè in foglie (del gusto che preferite)
  • zucchero di canna
  • 2 fette di limone
  • alcune foglie di menta

Preparazione

Negli USA non c’era l’abitudine del tè delle cinque come in Gran Bretagna, ma il tè freddo era una bevanda che non mancava mai nelle case e che accompagnava tutti i pasti. Per prepararlo si procede così: riempite d’acqua il bollitore e poco prima che inizi a bollire versate l’acqua nella teiera per riscaldarla. Riempite di nuovo il bollitore di acqua, versate nella teiera due cucchiaini di foglie di tè per ogni tazza. Versate l’acqua bollente sopra le foglie, coprite con il copriteiera e lasciate il tè in infusione per cinque minuti circa.
Intanto preparate dello sciroppo di zucchero di canna, facendo bollire un quarto di tazza di zucchero e mezza tazza d’acqua. Mescolate in una brocca di vetro lo sciroppo e il tè e fate raffreddare. Servite con fettine di limone e foglie di menta in bicchieri alti, se necessario aggiungendovi anche qualche pezzetto di ghiaccio.

Io il tè lo adoro alla menta. È ottimo anche contro il mal d’auto e come digestivo. In ordine, poi, frutti rossi, limone e zenzero, mela e cannella, mandarino, agrumi… Sì, insomma, quasi tutti i gusti vanno bene! E voi? Come lo preparate?


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