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TEATRO - All'Ambra Jovinelli dal 15 al 25 marzo: "Occidente Solitario" nella verde Irlanda.

Creato il 07 marzo 2012 da Andreakur
Due fratelli in eterno conflitto, la recente morte del padre, l’impossibilità di vivere senza dispute e aggressioni, un’atmosfera quotidiana fatta di litigi e piccole vendette; questo e molto di più è "Occidente solitario" di Martin McDonagh (traduzione di Luca Scarlini) in scena all'Ambra Jovinelli di Via Pepe a Roma dal 15 al 25 marzo prossimi con la Compagnia "Gli ipocriti" in cooperazione con l'Associazione Teatrale Pistoiese. Il cast è di prim'ordine: Claudio Santamaria, Filippo Nigro, Nicole Murgia e Massimo De Santis, per la regia di Juan Diego Puerta Lopez (scene di Bruno Buonincontri, costumi di Caterina Nardi, Musica originale di Riccardo "Mammooth" Bertini e disegno luci di Sergio Ciattaglia). L'autore ci conduce in un mondo immerso nella crudeltà, nell’aggressività e nella disperazione. La storia è ambientata in un piccolo villaggio dell’ Irlanda ma in effetti è un luogo universale dove i personaggi ed i fatti raccontati sono rappresentativi di una società di disadattati in una condizione di solitudine ed indifferenza. Portando all’estremo i rapporti tra i personaggi, l’autore raggiunge un livello di assurdità pura e semplice che trasforma il dramma in una commedia nera, dove il delirio e la stravaganza sono tessuti delicatamente attraverso un umorismo eccentrico, cinico ed ironico. Senza scendere troppo nel particolare della trama, "Occidente Solitario" racconta il continuo litigare di due fratelli, Coleman e Valene, il cui padre è appena morto per un colpo di fucile. E' una commedia nera, concentrata in una stanza, dove delirio e stravaganza s’incontrano con umorismo e cinismo, confessioni senza salvezza si alternano a suicidi e vecchi omicidi di famiglia. La crudeltà si sottrae alla morale e si manifesta come gioco, ritmo, energia e se i personaggi aprono bocca è per insultare, rivendicare o compiangersi. La giusta chiave di lettura di questo testo ce l’ha indicata Samuel Beckett quando ha affermato: “Non c’è niente di più comico dell’infelicità”.

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