Cari lettori, non sappiamo se vi sia mai capitato qualcosa di simile all'essere colui che in un gruppo di persone conosce meglio la tecnologia che questi utilizzano o credono di utilizzare, segnatamente cellulari e computer, lamentarsi di qualcosa del loro funzionamento e sentirsi osservare come un disadattato, un bestemmiatore, un sobillatore, uno che non ha capito la bellezza e le incredibili possibilità che la Storia ci offre. Poi vedi che non sanno fare una cosa facile, che tu sai fare benissimo, e imprecano come marinai livornesi (con tutto il rispetto) attirandosi il tuo dileggio. >:)
Perché al giorno d'oggi succedono cose così simpatiche? Perché la società, certo grazie a costi relativamente bassi e alta disponibilità, è riuscita a rendere la tecnologia un feticcio. In un delirante mito misto fantascentifico/superonistico, ogni uomo si riempie di tecnologia ben oltre le sue capacità di gestirla efficientemente. Certe letterature, cyber in testa, ci hanno preparato all'interconnessione perenne, ma diciamocelo... negli anni 70 eravamo convinti che nel 2000 (nel 1999 precisamente, come da serial omonimo) avremmo avuto una base sulla luna o ci saremmo mossi col teletrasporto, mentre oggi l'unica differenza da allora sono cellulari e computer (+ un po di domotica e automobili ibride). Insomma niente nuove aperture a orizzonti nuovi ma più merce, quindi più soffocante casino, in quelli vecchi. Eppur così è successo, pensare a una società senza tecnologia è utopistico quando non velleitario, comunque donchisciottesco.
La tecnologia ha sempre affiancato la mutantropia, a volte contraddicendola (non mi sviluppo, non cambio, perché il lavoro lo fa l'arnese) a volte guidandola, cioè inducendo nell'uomo un adattamento a essa (in fondo chi impara a guidare un automezzo è un mutantropo). Ma l'uomo oggi vive un'illusione mutantropica positiva nei suoi confronti e ciò avviene perché il marketing con cui è distribuita, sfruttando il suddetto feticismo, trasforma la connotazione tecnologica in status symbol. Il nostro essercela presa con Steve Jobs e Facebook non è avvenuto a caso: chi possiede il tecno-ninnolo viene socialmente considerato mutantropo, non perché in qualche modo costui sia cambiato, ma perché si è inserito nei must tecnologici del suo secolo, quindi nel mito del suo gruppo sociale. Cioè il cambiamento conformista viene apprezzato come mutantropico positivo (hai cambiato modello, è più bello/nuovo, hai fatto bene), quindi premiato socialmente.
La sua penetrazione nell'inconscio collettivo è graduale e subdola. Ricordate i cellulari? Prima li avevano solo i ricchi (insediamento di status symbol), poi chi ne aveva bisogno per lavoro, infine tutti ne hanno avuto ALMENO uno, anzi da vantaggio competitivo professionale è diventato uno svantaggio il non averlo. Così è successo per il pc, l'email e l'ultima grande gabbia illusoria: Facebook. Un vantaggio iniziale oggettivo per certuni e discutibile per altri è diventato uno svantaggio sociale in negativo, perché la mutantropia tecnologica è puramente conformista o egotica (o più spesso entrambe) e più illusoria ancora della cosiddetta mutantropia del mutaforma, che almeno è fisica, quindi più sinestetica anche nelle eventuali apateporie.
Inoltre, o forse proprio per questo (ovvero in quanto promotrice di conformismo), la tecnologia è utilizzata dal "sistema" per esercitare controllo sociale: geolocalizzazione fisica, controllo dei messaggi testuali, intercettazioni telefoniche. Facciamo notare quasi di sfuggita che in un commento al post Confronto Sinestesico parte II anche Esthetron si lamentò dell'uso dell'arte come controllo sociale, specie in ambito psichiatrico. E non so se a chi ci segue è chiaro, ma il controllo sociale è l'area dell'osnoblosi. Peggio, l'osnoblosi è quella parte di controllo sociale che il cittadino fa da sé, e il potere ha tutto l'interesse a dargli la giusta imbeccata.
La tecnologia è solo un male quindi? Una sorta di flagello biblico destinato ad ammorbare ab aeternum le coscienze di un millennio corrotto e malato? ;) Beh, se così fosse, di certo questo atteggiamento non servirebbe a stroncarlo. Ma chi diceva che un motore può servire tanto a un carrarmato quanto a un'ambulanza?
Così la tecnologia fa parte integrante della nostra provocazione estetica, della nostra sfida. Il mezzo che serve al potere per parcellizzare le coscienze, per controllarle, per farle perdere nel mare magnum della rete, della connessione perenne, della nevrosi da connessione perenne sostituitasi al vivere il presente fisico circostante e multienergeticamente connotato o comunque multidimensionale, per il gusto solo emotivo - quindi forse un po' egoista - di comunicare MINKIONATE (diciamolo, minkionate... fossero almeno cose intelligenti) col mondo creato in una delirante autopercezione di successo sociale... Bene, questo stesso mezzo viene usato in modo opposto: per fermare tutto, per riportare la coscienza nell'assoluto presente, dove l'esperienza sia significante e veramente multidimensionale come la tecnologia potrebbe permettere. E non su una direttiva orizzontale - la massa di sfaccendati che esige il mio contatto o la mia reazione - bensì su una verticale: l'analisi/esperienza di stati di coscienza alternativi possibili (e anche, perché no? non possibili, nel senso non "a priori").
Technesya è il mondo dove ciò si realizza. Una terra virtuale e reale, un ossimoro quindi una provocazione.
L'arte è una cosa eterna, così l'esperienza sinestetica. Così forse anche quell'esperienza sinestetica superiore che abbiamo denominato Sinestesi. Ma Technesya ritiene che la Sinestesi nel mondo moderno debba essere fatta di tecnologia, perché così esso è caratterizzato e in ogni caso mai come oggi ci mette a disposizione mezzi veramente prima impensabili e a cui la gente tanto volentieri si sottopone.
Oggi l'arte ha una patria in più, che è la patria dell'arte di oggi.