Il componimento dev’essere di quarantadue sillabe, distribuite in cinque versi, con lo schema metrico: 7, 9, 8, 9, 9. Contiene toni metafisico-esistenziali e filosofici, sasayaku, il sussurro, ed è volto a suscitare una riflessione profonda attraverso un inciso finale, volutamente criptico.
Nei primi tre versi, prende vita izumi, sorgente, gli ultimi due sono, invece, nazo no kaze, l’enigma del vento.
Per scrivere keiryu, il poeta deve lasciarsi guidare dai principi cardine, ovvero, la transitorietà dell’essere rispetto al tempo, la cripticità del messaggio e la sintesi armoniosa.
Se l’Oriente si muove sinuoso dentro le parole e il sentire filosofico, il concorso Teika è un’ottima possibilità per misurarsi con altri amanti della poesia giapponese. In palio, 500 euro al migliore, 300 e 200 ai successivi due, ma soprattutto la possibilità di emozionare una giuria facendola riflettere con parole italiane attraverso l’ancestrale stile giapponese. Il tempo massimo per inviare la propria opera è il 31 agosto.
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