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Telecom-Pirelli e il capitalista senza capitali- (ma glielo appoggia Mediobanca...il capitale)

Creato il 15 dicembre 2012 da Rafaelcoche @El_coche
Telecom-Pirelli e il capitalista senza capitali
Telecom-Pirelli e il capitalista senza capitali- (ma glielo appoggia Mediobanca...il capitale)La stella di Marco Tronchetti Provera brilla nel firmamento del capitalismo italiano da quando, nel 1992, subentra al suocero Leopoldo Pirelli – che ha tentato invano la scalata alla tedesca Continental mettendo conseguentemente in grave crisi la Pirelli – su indicazione di Enrico Cuccia di Mediobanca, divenendo vice presidente esecutivo e amministratore delegato di Pirelli & C. S.p.A., società di cui nel 2007 ha assunto la carica di presidente.
IL PRIMO GRANDE INVESTIMENTO Marco lo fa nel 1978, sposando Cecilia Pirelli, figlia del magnate delle gomme. E la nuova condizione di parentela gli permette così di accedere ai piani alti dell’azienda che produce pneumatici.
Tronchetti da bravo svuota scatole(aziende) inizia a vendere e così cede agli americani di Corning la divisione cavi per telecomunicazioni Optical Technologies (OTI) e in qualità di manager si becca la rispettabile somma di 219 milioni di dollari. E, nell’estate del 2001, con una esigua porzione di capitale ricavata da tale cessione, costituisce la società Olimpia e guida la cordata, con la famiglia Benetton, che rileva il 100% di Bell, la holding lussemburghese di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno ( ve li ricordate? Quelli dell’opa ostile su Telecom…ops ma guarda che caso) che controlla Olivetti(mmh..mi ricorda qualcuno…un certo Carlo…). L’acquisizione permette a Pirelli e a Edizione Holding (gruppo Benetton- cavolo ci sono pure i trevigiani?) di dare la scalata a Telecom Italia ( ed eccola che ritorna, il cavallo di Troia), di cui Bell detiene il 25% di azioni. E il tutto si è svolto con il benestare e l’appoggio incondizionato delle banche da sempre vicine a Tronchetti, Intesa-SanPaolo e UniCredit.
Dal settembre del 2001 Tronchetti è presidente di Telecom e vice presidente e amministratore delegato di Olivetti. E ha ricoperto l’importante incarico, controllando di fatto la società telefonica, avendo investito appena 153 milioni di euro di patrimonio, quando il colosso della telefonia all’epoca era valutato ben 55 miliardi di euro. Per esemplificare, Tronchetti ha investito nell’operazione solo 28 centesimi di euro per ogni 100 euro di capitale Telecom (e chi glielo ha permesso? Quelli che ci hanno guadagnato insieme a lui si presume…). E nel settembre 2006 si dimette dalla carica, uscendo di scena con circa 3,3 miliardi di euro, incassati da Olimpia. Sei anni di telecomunicazioni hanno permesso al manager-azionista di beneficiare, inoltre, del doppio introito derivante dalle presidenze Pirelli e Telecom. È sufficiente scorrere i bilanci del periodo 2002-2007 per vedere l’entità degli stipendi lordi che Tronchetti ha percepito complessivamente: 21,2 milioni di euro dalla Pirelli e 18,7 milioni da Telecom.
Somme servite a Tronchetti anche per seguire i vari aumenti di capitale della sua galassia societaria, resisi necessari nel momento in cui Telecom è crollata in Borsa trascinando con sé nel baratro anche le azioni Pirelli. Ma Mediobanca nel corso degli anni è sempre intervenuta per sostenere Tronchetti e quando, nel maggio del 2007, il presidente di Pirelli ha ceduto il pacchetto azionario di Telecom, la stessa Mediobanca lo ha rilevato unitamente a Intesa-SanPaolo, Generali e Telefonica. E l’affare Telecom ha provocato al nostro pure strascichi giudiziari e così il 18 febbraio del 2013 Tronchetti dovrà comparire in tribunale per rispondere di ricettazione. Il reato contestato all’ex presidente della società di telecomunicazioni è relativo ai dati rubati all’agenzia investigativa Kroll nel 2004( in pratica con dati rilevati da altri ed ottenuti illegalmente, ricattava in cambio di che? Indovinate...). E l’accusa rientra in uno dei filoni d’inchiesta sui presunti dossier illegali confezionati dalla Sicurezza del gruppo Telecom(un bel gruppo di personcine davvero oneste, non c'è che dire).

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