Non mi dilungherò troppo nella descrizione del suggerimento poiché credo che la lettura di questo libro sia molto intima.
Televisione di Carlo Freccero è un testo edito nel febbraio 2013 che ho iniziato a diverso tempo fa e completato da pochi giorni. L’ho preso senza troppo impegno in libreria con la volontà di assorbire quante più parole occorrenti a migliorare la mia condizione di consumatrice mediatica, ma anche per capire dinamiche e meccanismi che ancora oggi, per molti – cioè per chi è fuori da tali discorsi -, si hanno difficoltà a comprendere o accettare.
La tesi che supporta dall’inizio alla fine è che la televisione sta cambiando assieme a tutti i mezzi di comunicazione poiché è modificato il rapporto del pubblico, divenuto sempre più frammentato, soprattutto dopo l’introduzione di supporti tecnologici nel postmodernismo, di società liquida e di web 2.0.
Freccero compie un’analisi sul servizio pubblico evidenziando come esso sia mutato e rapportato con l’avvento della tv commerciale, e arriva a offrire soluzioni alternative per cercare di riportare la Rai ad avere più luce, attraverso un metodo che ponga al centro della sua esistenza una cultura non elaborata a colpi di ostentazione, ma modulata secondo le effettive esigenze di un pubblico che deve essere riportato a una condizione di sviluppo di coscienza critica.
Sebbene in alcuni aspetti si concentri su Silvio Berlusconi in modo insistente, si è consci di quanto quest’ultimo sia una realtà storica viva che non può essere omessa a prescindere, poiché le sue regole imprenditoriali e politiche hanno rivoluzionato il rapporto degli utenti nella loro fruizione e forma mentis. Il buon B. – e chi l’ha supportato – ha potenziato l’uso smodato del mezzo in una veste che l’Italia non aveva visto mai prima: ha controllato l’agenda politica e televisiva indicando come muoversi/comportarsi affinché si raggiungesse una valida costruzione di consenso.
Si è arrivati in momento in cui gli utenti sono diventati governatori supremi grazie all’uso smodato del televoto. Si è arrivati a un punto in cui il concetto di maggioranza passa solo attraverso il filtro della TV rispettando e sfruttando a pieno tutti i principi del marketing.
Carlo Freccero si apre a visioni che hanno attraversato l’Europa dal dopoguerra a oggi tenendo conto di come, dalla caduta del muro di Berlino, si siano sempre più amplificati i desideri delle persone in un’ottica di mercato e di opulenza, ma anche di come si siano spostati i codici di scrittura di campagne e prodotti di comunicazione, concentrati su storytelling insistenti e progettati ad hoc per porre al centro l’individuo a cui è destinato un messaggio e di conseguenza un bene.
A fasi altalenanti, e con nuovi miti, si arriva alla nostra contemporaneità, dove l’uso di Internet ha invaso la società che si forma e informa in modo indipendente e solitario.
Buona parte di chi guarda, ha mutato la sua capacità di osservazione dopo gli attentati alle torri gemelle, a una crisi che si è fatta incessante dal 2007 e vive in una dimensione italiana fatta di spauracchi politici superficiali ospitati in apparati in cui la messa in onda prevede programmi che diffondono notizie, in parte serie, tra balli confusionari e cucine regionali con prodotti lontani dalle nostre tradizioni.
Il volume di Freccero non arriva a caso, ma esattamente un anno prima rispetto del compimento del sessantesimo anno d’età di mamma Rai.
Consiglio il libro, e aggiungo di vedere Goodbye, Lenin! – un film di Wolfgang Becker del 2003 che rappresenta al meglio il cambio di percezione dall’89 a oggi.
Carlo Freccero, Televisione, Bollati Boringhieri, Torino, 2013
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