Manca poco e il primo mondiale di calcio nel continente africano sarà concluso. Grazie a questo evento il Sud Africa per un mese è stato al centro di tutti i media. In tv, tutti i giorni più volte al giorno, hanno trovato spazio le immagini delle partite, i commenti sul mondiale e molto spesso cenni storici e contemporanei sul Sud Africa.
Ricordo le “schede” della trasmissione Rai che ha seguito la cerimonia d’apertura del mondiale, le immagini delle zone povere e di quelle ricche, la storia di Mandela e dell’Apartheid, di Desmon Tutu e della Raimbow nation. La tv non si è limitata a raccontare la manifestazione sportiva ma ha provato anche a raccontare l’Africa. In molti casi ha scelto di farlo per stereotipi, puntando su immagini evocative, su tutte quelle dei sorrisi e degli occhi dei bambini africani.
Ora non voglio analizzare trasmissione per trasmissione, puntata per puntata e scelta per scelta, mi basta una sola considerazione: la televisione italiana non è una televisione per neri. Quindi, il Sud Africa poteva essere raccontato solo da persone bianche. Mentre quasi tutte le immagini erano dedicate alla popolazione nera del Sud Africa, dimenticando la comunità bianca, negli studi televisivi italiani persone di colore non se ne sono viste.
La tv italiana non è abituata ad avere conduttori o ospiti di colore. Non se ne vedono mai. Speravo che dovendo raccontare un mondiale in Africa le scelte degli autori dei programmi potessero essere diverse. Non avrebbe avuto più senso se a raccontare la storia del Sud Africa o parlare del “Sud Africa oggi”, come ho spesso sentito dire, fossero stati cittadini sudafricani? Sia bianchi che neri, ma sudafricani. Sarà che la televisione in Italia è solo per i bianchi, eccezion fatta per Idris e Fidel Mbanga-Bauna.