Quello non era un giorno qualunque; lei sarebbe tornata a trovarlo, finalmente.
Scese dal letto, inforcò gli occhiali, si diresse in bagno. Aprì la finestra, spalancò le persiane e la luce del giorno riempì la stanza.
Si guardò allo specchio. Tolse gli occhiali, si stropicciò gli occhi. Rimise gli occhiali per osservare con maggiore attenzione, emise un grido. Anzi tentò; la voce gli si strozzò in gola.
Lo specchio gli rimandava un' immagine che non era la sua.
Dall'altra parte un uomo di una bellezza e una perfezione, come mai avrebbe sognato, lo guardava dritto negli occhi.
Accese la luce, tentò di scuotersi, si allontanò dallo specchio, vi ritornò. Pose le mani dinanzi agli occhi, le tolse. La visione riflessa era sempre la stessa. Impossibile, ma vero.
Sconvolto, mille pensieri gli attraversarono il cervello. Si sedette al bordo del letto ancora disfatto. E adesso, che poteva fare? Il tempo scandiva interminabili minuti.
Cercò di razionalizzare. In fondo, si disse , si trattava di un bel miglioramento. Chissà quanti avrebbero dato un bel po' dei loro anni per assomigliargli.
Stessa taglia, stessa altezza, ma niente più rughe, pancia piatta, dentatura perfetta, sorriso smagliante, capelli corvini. Era bello; di un bello senza se e senza ma.
“E allora vai! Cosa aspetti?” - tentò di darsi coraggio.
Doccia veloce, piccola solita colazione, vestiti casual, e via, fuori casa.
Passò davanti alla portiera, accennò un saluto. Quella non lo riconobbe, ma lo squadrò dalla testa ai piedi e gli omaggiò un ampio sorriso d'approvazione.
A piedi, s'incamminò a passo spedito per la solita strada.
L'attenzione delle donne che lo incrociavano era una costante, inebriante e al tempo stesso terribile verifica. Ricambiava sorrisi, sguardi e ammiccamenti, tra un misto di esaltazione e stupore.
Cercò una conferma dalla giornalaia. Chiese l'ultimo numero della pubblicazione a fascicoli che collezionava da tempo. Neanche lei lo riconobbe.
Gran bella donna la giornalaia. Lui la guardava da anni con un malcelato desiderio, ma lei era sempre di poche parole e di altrettanta avara confidenza.
”E' nuovo di queste parti? Guardi, per lei farò un'eccezione. Questo numero l'avevo messo da parte per un mio vecchio cliente, ma lo cedo volentieri a lei, con la speranza di rivederla qui come nuovo cliente. Per lui inventerò una scusa. Torni pure a trovarmi; io non mi muovo da qui.”
Incredibile! Il fascicolo era proprio quello riservato a lui, naturalmente.
Una necessaria puntata in banca., ma meglio non farsi scoprire cambiando un assegno; preferibile usare il bancomat.
Il cellulare squillò: era lei. Lui rispose con un nodo alla gola: “Dove sei, amore?”
“Tesoro, sono appena arrivata all'aeroporto, pronta per l'imbarco. Ma che hai? Che voce strana...”
“Nulla, dai... è l'emozione, ti aspetto”. Chiuse in fretta. Come avrebbe reagito lei? Questo pensiero continuava a frullargli per la testa.
Continuò per un pò il suo giro. Per tentare di distrarsi, comprò delle caldarroste: era la stagione giusta. Una ragazza molto giovane e attraente gli si avvicinò, sfacciata: ”mmm, le caldarroste! Che buone! Posso prenderne una? Che buon sapore! Ti piacciono?” Continuando a dargli del tu, proseguì al suo fianco per la stessa strada, cercando in ogni modo di infittire il dialogo. Lui arrivò dinanzi alla gioielleria dove aveva già visto qualcosa da comprare e mise punto alla conversazione. “Prendi un'altra castagna. Io sono arrivato; devo entrare. ”
“Comperi un regalo? E' per la tua fidanzata? Sei sposato?” “Ciao.” Troncò lui di netto, ed entrò.
Fatto l'acquisto si diresse verso casa. Quanta confusione in testa! Ma ora cominciava anche ad assaporare i possibili lati positivi. In fondo, pensava, a lei non sarebbe affatto spiaciuto quel cambiamento; ma come proporglielo?
Aprì la porta e la prima cosa che fece fu tornare dinanzi allo specchio. Oramai ne era certo, non avrebbe visto alcun mutamento rispetto al mattino. Doveva pranzare, ma non gli andava giù nulla. Tentò di rilassarsi in qualche modo, ma i pensieri lo assalivano. Alla fine cercò di convincersi che avrebbe fatto un gran bel figurone con lei.
Scese. Si avviò verso l'auto, non c'era più tempo per pensare altre soluzioni.
Guidava lentamente, pregustando e temendo quell'incontro. ”Sei così bello...” gli diceva qualche volta lei, dopo l'amore. “Bello io? Stai messa male!” rispondeva lui, in tono scherzoso.
All'aeroporto la sala degli arrivi era gremita: voli in ritardo, picchetti di lavoratori scioperanti, tanta gente in attesa. Si sentiva addosso lo sguardo delle donne, ma il suo pensiero era tutto per lei.
Attese: anche il suo volo era in ritardo. La folla si accalcava sempre più.
Poi, finalmente, “Atterrato”.
Era difficile farsi largo tra la mischia, ma alla fine la vide. Lei lo stava cercando con lo sguardo.
“Marta! Marta! “urlò lui, dimenando le braccia.
Lei si girò verso quella direzione, ma naturalmente, non lo riconobbe. La vide scuotere la testa, come a dire “No”, per poi sparire inghiottita dalla folla.
“Amore! Amore!” provò a gridare ancora, ma senza alcun risultato.
Sarebbe stato inutile raggiungerla facendosi largo tra la calca, parlarle, tentare di spiegare che chi aveva lei davanti era lui, sempre lui, sotto quelle mentite spoglie. Inutile. Gli bastò un attimo per rendersene conto. Era l'altro che lei cercava. Era finita. Con gli occhi bassi, fece qualche passo verso il primo sedile libero e vi si accasciò sconsolato, col viso tra le mani.
Non si era accorto di tutte quelle donne che, pian piano, fissandolo, una dopo l'altra, gli si stavano facendo intorno.
Sabino Russo