Tema: Cacciatori di frodo, di Alessandro Cinquegrani. ed. Miraggi Edizioni

Creato il 07 novembre 2013 da Svolgimento @svolgimento
Sez. Gli Amici della MaestraSvolgimento


E niente più pneumatici, niente smaltimento rifiuti, niente fiore all’occhiello dell’efficienza del florido Nordest, penso mentre percorro i binari della ferrovia. Tutto finito, chiuso, esploso, come una bomba atomica o una bolla di sapone che lascia ferite indelebili, solitudini fatte a pennello, penso mentre cammino sul binario morto. Ora dovrei forse contare i passi per dare il senso della mia efficienza, contano i passi quelli che hanno rabbia da vendere, penso, psicolabili e psicopazzi dei miei stivali, ma io no, non conto i passi, mentre percorro i binari della ferrovia, penso mentre percorro i binari della ferrovia, io mi porto al guinzaglio la mia nuvola, una manciata di metri cubi di acerbe espiazioni prese al guinzaglio e percorro i binari della ferrovia, dodici chilometri ho sentito dire, dodici chilometri suppergiù che devo percorrere per raggiungere la curva troppo stretta e dietro la curva trovare mia moglie sdraiata sui binari che aspetta che il treno venga a farle rotolare la testa giù dall’argine e nel fiume. Dodici chilometri, dalla casa cantoniera dove siamo andati a stare dopo che è successo tutto, dopo che è finito tutto, che si è smesso di smaltire gomma di pneumatici ai margini della città con pochissime infrazioni al senso di efficienza del nostro florido Nordest, dodici chilometri. Di un binario morto. Mi chiedo ancora ogni volta, penso mentre percorro i dodici chilo- metri del binario morto della ferrovia, se mia moglie, perché Eli- sa bene o male è ancora mia moglie, persino ora e persino qui, sul binario morto, Elisa è ancora mia moglie, porca puttana, mi chiedo ogni dannata volta che percorro questi dodici chilometri di binario morto, ogni mattina, se mia moglie che ogni mattina esce di casa prima dell’alba, con la camicia da notte bianca di prima dell’alba, e percorre nel buio con la camicia da notte bianca mossa dal vento nella notte prima dell’alba e si sdraia con la camicia da notte sul binario morto della ferrovia e aspetta che il treno le faccia rotolare la testa giù dall’argine e nel fiume, mi chiedo se lo sappia che il binario è un binario morto, uno degli scempi assurdi dell’Italia centralista di Roma, e porcodio, questo binario morto della ferrovia costruito dentro l’argine del fiume è come un grattacielo eretto sulle sabbie mobili da stronzi, mi chiedo se lo sappia mentre aspetta ogni mattina il treno che le butti giù la testa dall’argine e nel fiume, se un fremito la scuota, se pompi il cuore nella testa come un Hummer, se sbatta, se s’incazzi, o se stia zitto, sospeso sulla nuvola al guinzaglio di espiazioni troppo acerbe.

Non conto i passi, ci ho provato, perdo il conto, non sono pazzo, non lo so, ma passo sulle traversine attentamente come un pazzo sulle strisce pedonali, penso mentre percorro i dodici chilometri del binario morto della ferrovia, due ore di buon passo o poco più, e passo sulle traversine dei binari perché i sassi fanno male ai piedi, i sassi della massicciata così alta, nello scempio dell’Italia centralista di Roma del binario dentro l’argine del fiume, penso mentre vado a riprendere mia moglie, fatto con una massicciata così alta, contro le piene del fiume, per uno scempio centralista mafioso, che non ha senso, il fiume, il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio. Il Piave. Due fronti. Italiani, austriaci. Ti apposti tra i rami. Al primo movimento spara. Guerra di posizione. Lo vedi in faccia il nemico. Lo vedi in faccia il facciadimerda. Italiani e austriaci, penso mentre percorro i dodici chilometri del binario morto della ferrovia con la nuvola al guinzaglio, la nuvola di acerbe espiazioni al guinzaglio. Al primo movimento spara. Il nemico, uno, che va verso il fiume. Lo vedi in faccia il facciadimerda. Al primo movimento spara, e tu lo vedi in faccia il facciadimerda e spara. Forse va a prendere l’acqua, forse va a prendere l’acqua col secchio il facciadimerda dentro il mirino, nel centro del mirino, nell’incrocio delle rette nel mirino, il cranio spappolato del facciadimerda se solo premi il grilletto se solo premi quel cazzo di grilletto, penso mentre percorro i dodici chilometri del binario morto della ferrovia per andare a recuperare mia moglie sdraiata sul binario morto che aspetta che il treno faccia rotolare la sua testa giù dall’argine e nel fiume. A ogni piccolo movimento spara. Italiani e austriaci, fronte contro fronte. A ogni piccolo movimento spara, e la testa del facciadimerda dentro il mirino, all’incrocio esatto di ascisse e ordinate, nel punto del cervello che rotola giù dall’argine e nel fiume. Italiani e austriaci. Poi il facciadimerda che si toglie i vestiti, penso mentre percorro i dodici chilometri del binario morto, si toglie i vestiti il facciadimerda col cervello ancora sull’argine e sul collo, e si bagna nel fiume e il fiume è acido che scioglie, penso badando a mettere i piedi sulle traversine e non sui sassi della massicciata, e il facciadimerda si scioglie nel fiume come acido con una piccola nuvola di fumo, penso mentre percorro i dodici chilometri del binario morto della ferrovia. E il Piave mormorava calmo e placido al passaggio, e i soldati austriaci e italiani si alzano in piedi, migliaia e migliaia di soldati si alzano in piedi e camminano verso il fiume. Italiani e austriaci, fronte e fronte, in piedi, verso il fiume. E migliaia e migliaia di soldati, penso mentre cammino sulle traversine, camminano verso il fiume, l’esodo degli uomini minuti verso il fiume avvelenato, e si tolgono i vestiti gli uomini minuti, tutti gli uomini si tolgo- no i vestiti mentre camminano verso il fiume avvelenato, penso mentre cammino, e si bagnano nel fiume, uno dietro l’altro si bagnano nel fiume, uno dietro l’altro si sciolgono nel fiume e diventano una piccola nuvola di fumo, penso mentre porto la mia nuvola al guinzaglio, una piccola nuvola di fumo disciolta nell’acido, uno dietro l’altro, migliaia e migliaia di soldati, e lasciano una macchia color ruggine nel fiume, una macchia color ruggine che la corrente porta via, penso mentre cammino al colmo della massicciata.

Alessandro CinquegraniFinalista XXIII edizione Premio Calvino

Candidato al Premio Strega  2013.


Dedica alla Maestra
Per la maestra, da uno che non ha mai avuto un bel rapporto con maestri e professori, finché è diventato un professore universitario, uno che non ha mai avuto un bel rapporto col Nordest e ha scritto un romanzo radicato nel Nordest, uno che è un tipo ironico e tranquillo e ha scritto un romanzo rabbioso e incalzante, uno che racconta di personaggi che si macchiano di colpe terribili e immancabilmente li assolve… insomma: alla maestra di Svolgimento e ai suoi alunni da… un tipo coerente!


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