Mio padre e mia madre mi portarono dai dottori, i dottori mi chiesero Come ti senti, bambino? Io disegnai un mal di pancia, poi un’anatra con i suoi anatroccoli in fila dietro, poi aggiunsi del granturco per sfamare lei e la sua famiglia, e l’acqua, in una vaschetta, per farli giocare in allegria, quando il foglio fu tutto pieno di disegni, mi fermai. Ero un bambino allegro, anche se non parlavo, tranne che con i disegni, se le storie mi piacevano, disegnavo risate a crepapelle e me che mi trattenevo la pancia per il troppo ridere. Ebbero la conferma che non avrei mai pronunciato parole quel giorno che, dentro il passato di verdura della refezione scolastica, ci trovai un ciottolo tondo tondo. Per spiegare la cosa all’assistente della mensa, disegnai un bel cerchio che era il piatto, poi dentro il cerchio, un altro cerchio più piccolo che era il ciottolo. Il maestro diede la sua interpretazione, un piatto di passato, una patata, e capì subito, Questo bambino vuole il puré, disse, e mi diedero il puré. Fu così che mi persuasi della necessità di disegnare con maggiore precisione, i piatti uguali ai piatti, i ciottoli uguali ai ciottoli, le patate uguali alle patate, sempre più precisi, fino alla perfezione. Adesso, ogni cosa che disegno è così perfettamente rappresentata, nel minimo dettaglio, che tutti appena la vedono dicono È così perfetta che parla!. Ho scoperto che è inutile fare doppia fatica, visto che i disegni parlano e si descrivono e raccontano delle storie, è meglio che io stia zitto e faccia parlare loro al posto mio. Sono sicuro che sanno spiegarsi meglio di me.
Raimondo Quagliana
Autore segnalato alla XXVI edizione del Premio Calvino