Questo lavoro ha vinto il concorso letterario"Un Ricordo...Un Racconto"Organizzato da Terre di Mezzo e la Scuola Holden di Torino; è stato pubblicato sul numero di Novembre di Terre di Mezzo - Street Magazine
Il giorno in cui arrivarono i tedeschi non c'era nessuno ai lavatoi della roggia. Lucia si sorprese solo del sorriso che le nacque spontaneo. Avrebbe evitato chiacchiere inutili e sarebbe riuscita a sbrigare in fretta tutto il bucato. Aveva sentito le sirene del Linificio ma si era convinta di avere ancora tre ore buone di tempo. La sera prima molti in paese raccontavano che i Tedeschi, in fuga da Milano, si spostavano a piedi. Non poteva che andarci quella mattina, al lavatoio. Non aveva più un solo pannolino pulito. E chissà poi per quanto tempo non le sarebbe stato possibile andarci. A casa aveva lasciato Elia, il figlio più grande, chiuso col compito di non far avvicinare Achille nemmeno alla finestra. Quel bambino aveva la capacità di saltarla con niente e ficcarsi chissà dove in cortile o nell'orto. Dei vicini non poteva più fidarsi. Era gente che pensava solo a se stessa. Ma li scusava pensando che nemmeno lei si sarebbe preoccupata di loro, in caso di vero pericolo. La guerra è maestra solo di egoismo, si era sentita dire una volta: come se avesse davvero da insegnare qualcosa. Loro avevano perso un figlio, dalle parti di Bologna. Lei invece aveva perso il marito. O meglio, non sapeva che fine avesse fatto. Se fosse vivo, ferito o da piangere. Visto che le lacrime non le aveva versate, ancora non era vedova: era una donna sola, col marito in guerra e due figli a cui pensare. Che per sfamarli aveva anche chiesto in fabbrica di poter far lei i turni del marito, come tante altre donne avevano fatto. O il Linifico o l'orto. O il salario o l'insalata. E con quella non ci vestiva Elia e Achille, che poi neanche la mangiavano.
Mentre stesa in ginocchio passava la cenere sui panni, cercava lo stesso di far tutto il prima possibile. Al secondo richiamo della sirena, più lungo del precedente, raccolse quello che le restava da lavare e riprese la strada verso casa. Quella che costeggiava la roggia stessa e correva lungo tutti i giardini dei vicini. Vuoti. Tutti senza alcunché di piantato o da raccogliere. A mangiarsi i fiori ci avevano pensato i corvi. E chissà che non sarebbe toccato mangiarsi quelli, a lei e a chi era rimasto. Non aveva molta strada ancora da percorrere quando sullo sterrato iniziò ad incrociare tracce di pneumatici troppo larghe per rassicurarla sulla corsa di qualcuno del paese. Sentì le mani stringersi intorno alla cesta del bucato, fin quasi a fermarle il sangue. Il gelo delle dita intorpidite dalla permanenza in acqua lasciò il posto ad un pulsare che accelerava con il suo passo. "Non c'è nulla in casa" si ripeteva. "Nulla che possa interessare qualcuno". "Non c'è nulla in casa". Non voleva nemmeno nominare i bambini. Al salice ingiallito che segnava il punto in cui la roggia deviava verso le chiuse della fabbrica, imprigionata per dare energia dopo esser servita alle donne e ai contadini, Lucia sentì la schiena di colpo indurirsi. Rigida ed immobile faceva da specchio all'istantanea di grigi e neri che le si presentò davanti: il nero delle divise, il grigio di due fucili puntati. L'odore di miscela che bruciava dal sidecar fermo davanti al cancello di casa sua. A terra il corpo di un uomo: il suo vicino. La moglie in ginocchio e tremante con le mani premute sul suo addome, ma già troppo bagnate di sangue per immaginare quel gesto di una qualche utilità. Due tedeschi in piedi parevano altrettanto sorpresi di quello che avevano appena fatto. Uno raccolse lentamente da terra una pistola, porgendola di scatto al compagno: la giustificazione che probabilmente lo avrebbe assolto agli occhi di quest'ultimo. Lucia guardò rapida in ogni direzione: da nessuna parte vide altri soldati o altre moto. Erano soli; probabilmente un'avanscoperta o dei semplici ritardatari allo sbando, in fuga e braccati. Due volte più pericolosi, dunque. Ogni suo pensiero cessò nell'istante in cui si accorse che anche Achille, dalla parte opposta alla sua, stava a osservare la scena. Voleva lanciarsi verso di lui, abbracciarlo e chiudergli gli occhi, ma quella che le sembrava una fotografia sbiadita, tante volte, troppe volte, vista sui giornali esposti in piazza, aveva tutto il sapore di un disastro già compiuto. Temeva soltanto non fosse finita lì. Il soldato che aveva ricevuto la pistola, iniziava ora a guardasi in giro. A soppesare l'eventualità di altri pericoli in agguato. Finché la sua attenzione non raggiunse proprio Achille. I ricci biondi del piccolo brillavano in quel mattino senza colori. La paura che gli faceva sgranare gli occhi ne risaltava l'azzurro. In mezzo all'orto spoglio pareva una lampada accesa. Il soldato fece qualche passo verso di lui: appoggiò le mani al cancello e si chinò in avanti, a volerlo meglio guardare. Lucia sentì un fuoco acceso morderle ogni pezzo di carne di cui le restava sensibilità. Aprì la bocca che restava muta e accompagnava con il suo sguardo il tendersi incomprensibile del braccio del soldato. Quali erano le sue intenzioni? Accortosi del nuovo piccolo testimone, cosa avrebbe fatto? Achille nel frattempo muoveva qualche passo. Stava andando incontro al tedesco: anche lui aveva iniziato a tendere la mano, per ritrarla, infine, con un gesto velocissimo ed un sobbalzo impaurito. Sui suoi capelli erano comparse improvvise grosse chiazze nerastre. Il soldato cadde in ginocchio, riversandosi infine a terra, schiacciato dal peso dello zaino che teneva sulla schiena: qualcuno dalle case vicine lo aveva centrato proprio al collo. L'altro soldato gettò a terra il fucile urlando frasi in tedesco, destinate a non essere comprese da nessuno. Tremando girava su se stesso, guardando verso le finestre che andavano aprendosi. Alla distanza in cui si trovava Lucia il rumore dei colpi arrivava leggermente in ritardo: fu così che vide cadere anche lui in ginocchio poco prima di avvertire il nuovo sparo. Lo spazio intorno a casa sua fu invaso da uomini armati che Lucia accolse buttando gli occhi al cielo: conosceva il nome di tutti. Iniziò a correre facendosi strada tra la piccola folla. Raggiunse Achille e lo strinse così forte da provocare in lui qualche lamentela. Con uno dei panni che aveva da poco lavato iniziò a ripulirlo dal sangue del tedesco. L'uomo che aveva appena raccolto il fucile a pochi passi da Lucia e suo figlio, si avvicinò a loro e con fare sicuro chiese al piccolo cosa gli avesse detto il soldato. Achille si liberò dalla presa di Lucia con la stizza tipica dei bambini quando vogliono fermare gli eccessi di affetto degli adulti. Volse il capo verso il cadavere al suo fianco e subito tornò in cerca delle braccia della madre. Rispose a lei e non a chi lo interrogava: "Mi ha chiamato Hans e basta".Gianluca Meis(ad Achille, mio padre)(Foto di Gianluca Meis, dai luoghi citati nel testo)