Paola non sopporta Clarissa, si dà arie da intellettuale, dice di trascorrere la sua vita tra i rovi della grande letteratura: poeti, poetesse, scrittori, scrittrici… animi nobili e in pena con cui lei condivide sofferenze dell’anima, che lei scopre lasciandosi guidare dall’istinto e dalle case editrici;mal de vivre, mal de vivre, mal de vivre: non comprerebbe mai qualcosa edito da Mondadori, solo Supercoralli Einaudi e pubblicazioni di Adelphi. Quando parla delle sue letture dice “i miei autori”, e poi boccheggia: je suis l’Empire à la fin de la décadance – che tu possa decadancedalle scale, le augura Paola. I suoi autori, pare che scrivano per lei, povera lonza patonza de stronza – argh, sto diventano una poetessa anche io, pensa Paola. Giacomo pende dalle sue labbra, lei è così colta, parla di figure retoriche: la sineddoche, la metonimia, il climax ascendente… e Giacomo la invidia, una volta disse a Paola: perché non ti fai consigliare qualche lettura da Clara? Paola prese I promessi sposi e glieli lanciò addosso: Farabutto,se mi metto a leggere chi lo passa più il mocio per terra? Tu ti meriti una donnaccia ignorante e io faccio di tutto per mantenermi deliziosamente sgrammaticata.
Squaldrina, pensa di lei Paola, che parla con la lingua alletterata solo per schiavizzare quel cretino di Giacomo. E poi pensa pure di avere gli occhi belli, se li trucca con una passata di matitone nero che si ci devono vedere a tre miglia arrasso.Naturalmente Clara non sopporta Paola: tipico esempio di casalinga da museruola, incapace di indovinare una consecutio temporum ma senz’altro di fare la pasta con ibroccoli arriminata e un dolce dignitoso… tipico coccodrillo di paese che ancora sopravvive in periferia. Speriamo che non si svegli mai – io non so sbattere un uovo, pensa Clarissa.Bene, facciamo lo Zelten, pensa Paola, e che sia delizioso, delizioso come si merita quella saccente di Clarissa.
Paola guarda la ricetta, non tanto per ricordarsi come si prepara, quanto per trovare ispirazione: uova, latte, burro e frutta secca.Lo zelten è un dolce che merita, ma ci vogliono le rime giuste.Paola tira fuori una vecchia antologia che usava al ragioneria, sfoglia un paio di pagine, sbircia, legge qualche incipit. Poi urla: ti ho trovata! Strappa la pagina, corre in cucina, si mette tra i capelli alcune foglie di alloro, prende farina, uova, frutta secca e frustino elettrico, prolungo elettrico e di nascosto, senza che Giacomo la veda, striscia silenziosa in corridoio e raggiunge la stanza da bagno.Avvicina il mobiluccio delle tovaglie alla tazza, attacca la prolunga e prova la frusta: come funziona bene, è davvero ispirata!Clarissa, questa poesia è per te. (Prende le uova e le sfracella dentro il cesso.)Verrà la morte e avrà i tuoi occhiQuesta morte che ci accompagna(e intanto versa mezzo pacco di zucchero, con lo scopettone miscela con le uova)Dal mattino alla sera, insonne(e intanto aggiunge la farina e il lievito; con lo scopettone prova ad amalgamare il tutto)I tuoi occhi saranno una vana parola(quindi prende il frustino elettrico, lo aziona e lo cala nel fondo della tazza mescolando tutto; aggiunge pure la frutta secca)Sarà come smettere un vizio, stronza(questa Pavese non l’ha detta però ci sta, pensa Paola)Come vedere nello specchioRiemergere un viso morto(Paola con il mestolo da brodo tira fuori dalla tazza l’impasto e lo versa nella teglia, poi tira lo sciacquone)Scenderemo nel gorgo muti.E muta Paola recupera tutti i suoi strumenti, con una seconda azione dello sciacquone pulisce la tazza, quindi in silenzio va in cucina dove il forno caldo la aspetta.Clarissa è arrivata. Ohilà mia cara Paola, brezza di campagna, ma che bell’aspetto, rubiconda e salutare! Tieni, una novità editoriale, un libro che rinfresca lo spirito – e intanto porge un pacchetto rosso.Grazie, poi lo leggio; salutare io? Io ti ho salutata. Cara Paola, mi riferivo alla tua salute.Ma che dici, non ho stato bene che la frescanzana mi fa starnutare che paro una cana con il cimurro.Giacomo guarda allibito.Trasi dentro, trasi, stai seduta sopra il divano e mettiti comoda che io devo andare in bagno, c’ho lo stomaco spasciato e ogni cinque minuti mi devo andare a sedere – Paola scappa in bagno tenendosi lo stomaco con una mano; una volta dentro si mette una mano sulla bocca ed emette delle pernacchie rumorose, tira lo sciacquone ed esce. Menu male, sto meglio assai assai, io non lo so cosa haio, feci una scaricata che tutto quello che ho manciatoa pranzo se ne andò paro paroparo che manco pareva addigerito. Dice che è una influenza che si attacca allo stomaco, ammia mi attaccò alle budella, che starnuto io e starnutano pure loro.E intanto Paola poggia la sua mano su quella di Clarissa (Clarissa pensa che con quella mano Paola forse si è appena pulita).Clarissa cara, ti pigghio la torta, te la puoi mangiare tutta tu e quella che resta te la porti a casa, io per come sto, proprio non me la potesse mangiare, assai assai ne lascio una fetta per Giacomo.Come sei affettuosa, dice Clarissa mentre incerta avvicina un pezzetto di torta alla bocca, e nessuna soddisfazione le da il fatto che dentro l’incarto rosso ci sia un libro di grammatica italiana che tanto farebbe bene a Paola.GD