Mi chiamo Irene Dorigotti: le mie iniziali ID, identity.La mia famiglia vive da duecento anni nello stesso posto: Isera.Do-rigotti, ‘’due piccole righe’’, così come firmavano gli analfabeti. Mio nonno paterno, Valerio, si credeva cosi’ nobile da costruire negli anni ottanta un cottage simil-americano, ma con gli araldi e gli interni in stile castello di Tuhn. Il mio trisavolo, Valerio, era il miglior medico condotto sul mercato filo-Austroungarico: ‘’La mia famiglia non ha mai digerito la prima guerra mondiale e, a dirla tutta, noi non ci sentiamo così italiani. Siamo tutti laureati, tranne papà e nonno Valerio. I primogeniti si chiamano Valerio i secondi Aldo...Ricordati noi siamo austro-ungarici.’’Leggo le pieghe dei diari di famiglia.Il giovane Valerio cresce ai laghetti di Egan, dove l’italiano si sussurra e il tedesco si sprechena. I set di spade simil-lancillotto appesi ai muri. Il Cavaliere dell’Oca mi guarda da ventiquattro anni senza capirmi. Mio nonno ha sempre avuto dei dubbi gusti. Giochiamo con le bombe, giochiamo con la caccia ai partigiani.Onore al merito gli va per aver partecipato alla Jugenfreiheit e per aver fondato un’agenzia di viaggio. Negli anni cinquanta doveva essere uno di quegli uomini che profumavano di talco e bourbon. Alto, occhi chiari e un poco di brillantina mascherata nei capelli. Un giorno quell’uomo elegante prese la valigia e non vide mai finito l’orlo dei pantaloni che mia nonna stava cucendo. Non vide neppure mio papà, il piccolo Giorgio, all’asilo a ritagliare le particole con le suore. Mia zia Elena, che da bionda diventava scura. Non sentirà tutto il paese di Pomarolo mormorare: ‘‘Sono figli di separati.’’
Basteranno solo poche lettere per compensare la sua strana affettività. Sarà solo il tempo ad avvolgere nelle pieghe le viti e gli aspri tramonti montani. Quando il verde, da verde chiaro si tonifica fino a raggiungere la tonalità verde foresta nera, è in quel cromo che la resina si può sgelare.‘’DoniM doniM d’do vat? ‘’ Ho due anni e mezzo corro avanti e in dietro fra i tavoli e le vene varicose dei miei bisnonni materni. In quella casa in città proprio non ci riesco a stare. È un periodo biondo cenere.
Nonna Rosanna, timida sedicenne siede dietro il bancone del bar. Fuori il mercato con la donna che taglia le zampe dei polli e topi voraci che le sbranano.
Entra un ragazzo con il colletto bianco e blu. Chiede un bianco al banco. Dice che deve festeggiare perchè lui, proprio lui, andrà in America.Lo dice con uno sguardo capace di penetrare l’anima di quella ragazza. Ad un tratto le voci si fanno sottili, il mercato là fuori non è che un lontano brusio. Grandi speranze.Nonno Walter, il ragazzo, lo stesso che inforcava la bici per 40 kilometri per prendere il pane dai parenti di Vicenza. Andare fino là per il pane, poi marinaio senza sapere cosa fosse il mare. “Non preoccuparti” gli diceva il suo vecchio “è come il Lago di Garda ma un po’ più grande.
“Irene è sotto peso. Cosa mangia?” Latte. “È nelle curve minime di crescita, per i tre anni intendo.”
La vita di Valerio in Svizzera è precisa, puntuale e pulita. Nella sua mente i draghi decollano spesso in Thailandia.
Le suore gli scrivono che i figli stanno bene, la loro madre è sarta. Giorgio è stato bocciato in prima elementare. È troppo irrequieto,non sa stare nel banco. Non era facile crescere senza papà, per fortuna che c’era lo zio Gigoti che lo caricava sull’ape e ancora ubriaco lo portava alle feste degli alpini. Gigoti basso e lui già più alto, con gli stessi pantaloni alla zuava. Prima fuori la fionda dalla tasca e poi il flabet a sparare ad ogni cosa che passasse. Via veloci da scuola e salta veloce sull’ape.Walter e le sue promesse di marinaio: “Lo sai, ci sposeremo e poi ti porterò a Venezia”. Eppure qualche anno dopo Grazia occhi grandi civetta sul mare.Vita da marinaio ramingo: Roma, Genova, La Spezia. La strana scolarizzazione di Walter- marinaio trasfusionista lo porta ad accettare un incarico a Palermo.I piedi di Grazia sulla sabbia attraversano il paese: “mamma non voglio mettere le scarpe fa caldo.”Irene non disegna bene, passa il tempo a giocare con i maschi. “Mamma i maschi hanno strozzato un uccellino con le mani nel nido. Papà è in Australia.”
Le signore palermitane non escono di casa, calano i cestini e mormorano di Rosanna che parla con tutti e dei suoi figli troppo biondi e liberi. Hanno fatto amicizia con il dottore “è gente che conta, non si capisce perchè la piccinina vada a scuola con le pastorelle del paese.”
Mauro sta alla porta poi sdraiato sulle piastrelle a prendere in giro Grazia che deve andare a scuola. Litigano sempre. Il profumo delle arance avvolge il tutto.Irene hai saltato dai gradini, lo sai che non puoi volare non sei mica peter pan. Ci bastava il trauma cranico per le fragole dell’anno scorso. Adesso anche il naso rotto.Sei la solita zuccona. Lo sai che in questo periodo dovrebbe nascere tua sorella...e adesso cosa succede? Due nel letto d’ospedale su tre della famiglia. Non va per niente bene.”Giorgio ha finito la scuola non può lavorare sempre dal marsali a fare wustel e salami. Suo padre gli darà un lavoro.Il nonno coltiva l’orto e nasconde i coltelli in giro appesi sugli alberi. Irene vedi ci sono gli indiani. Io ho un mondo tutto mio dentro. Non capisco i movimenti degli altri devo pensare a tutte le cose automatiche. Irene il pesce grande mangi sempre il pesce piccolo.Irene Dorigotti
AMChiara : mamma ho trovato di tre Barbie impiccate al pino marittimo e un altra in pasto al cane.
Segni scomposti appaiono calligrafia indecifrabile pagine di A.Irene fin da piccola amava i racconti.Mi ascoltava con gli occhioni sgranati e la sua fantasia trasformava cose e persone.Imparò presto ad inventare ed a raccontare ed era il suo modo di descrivere e trasfigurare il mondo.Crescendo conobbe la storia di Peter Pan che divenne il suo libro preferito;c’era magia,avventura ,sogni che divengono reali….ragazzi che non vogliono crescere e che ogni giorno vivono avventure sospese tra realtà e fantasia.Taciturna e riflessiva filtrava il mondo attraverso le parole; riusciva a cogliere l’anima delle cose e le sue prime poesie ,raccolte di parole ,di assonanze ,di immagini ,descrivevano il mondo e le sue ingiustizie senza perdere la capacità di sognare.Attraverso i racconti ,scritti da adolescente ,rifletteva le sue inquietudini in quelle dei suoi coetanei,che ignari protagonisti,diventavano specchio di una realtà filtrata dalle emozioni,dalla ribellione,dalla tristezza,dall’ironia in parole che sanno trasformarsi in immagini,in emozioni che giungono all’anima.La scrittura di oggi,più accurata e riflessiva non perde la caratteristica di rendere visibile il racconto, trasformando le esperienze quotidiane in emozioni da condividere. Ruanda, 2012 Le montagne, in lontananza, con i fianchi foderati di foreste, una pelliccia verde. Nella distanza immobili. Da vicino tremano al passare dei gorilla. Il villaggio dorme nel caldo del mezzogiorno. Un solo vecchietto senza denti intreccia un canestro davanti alla porta di una capanna. Dentro le donne coi seni nudi. I bambini sudati. Uno che respira male, per la malaria. La settimana prossima starà meglio. Tra due settimane gli tornerà. Gli uomini con le gambe impolverate. Irene sta seduta all’ombra striminzita di un albero, al confine di una macchia verde. Ha la pelle bianca e gli occhi ebano . Indossa una vecchia maglietta dei Rolling Stones tutta sbiadita.
PS Irene chiede se per cortesia chi legge questo POST puo' inserire 2 righe nel commento che la descrivano.