Svolgimento
Arrivano le hostess del caffè, ci concediamo qualche battuta formale. La giovane ha ordinato a tutti i suoi feromoni il completo riposo. Ora emana solo efficienza aziendalistica al totale servizio della sua Capa. Con la quale accidentalmente incrocio lo sguardo e mi sembra di cogliere un’espressione vagamente umana. Ma sicuramente mi sbaglio, che sono veri squali i Ceo, di quella multinazionale poi! Chissà com’era da bambina questa donna in carriera; perché i Ceo si presuppone che lo siano stati bambini, perfino i Ceo tedeschi. E poi adolescenti, e poi giovani. Avranno fatto qualcosa di condivisibile, prima di colonizzare l‘Europa con il marco prima e l’euro poi? Si saranno picchiati per un soldatino o una bambola, avranno fatto il tifo per una squadra, per una band, avranno urlato di gioia, pianto d’amore, saranno stati traditi, avranno avuto viscere ed emozioni, no?No. Ceo si nasce. E questa qui lo nacque, direbbe Totò. Non hanno nazionalità i Ceo, sono made in se stessi. Peggio per voi “nati Ceo”, non sapete che vi siete persi. Non avete conosciuto il “fuori dalle regole”. Metti una, una… una come Trudy: Trudy di Amburgo, Trudy uno spinello e un graffito, Trudy noch Meine Liebe noch, Trudy la madonnara che disegnava il mio ritratto sui muri, sull’asfalto e dappertutto: “Sei il mio amore da marciapiede” diceva, Trudy che appariva all’improvviso, Trudy che citava sempre John Lennon. Trudy alla stazione, Trudy… Trudy sparita. E quel messaggio, al solito angolo. Aveva baciato il muro col rossetto, lei che non lo usava il rossetto, e sotto quell’inaspettato Magritte, col suo stampatello goticheggiante, “come dice John, la vita è quello che ti capita mentre stai progettando altro…”. Era il suo refrain, il suo mantra “The Life is what…”: e la sorpresa fu brutale. Un buco. Un buco allo stomaco. “Perdere una donna è avere voglia di…”. In quei momenti, anche il più enfatico dei ritornelli di un glicemico cantante melodico diventa oscenamente vero.
TOP MANAGER, con cedimenti. Ma sei rincretinito!? Mi dico. Cos’è questa fitta all’improvviso, una vita dopo, nel cuore di un temprato top manager?! Eddài, con questo piano, che è in ballo un contratto importante e il lavoro di tante persone. Concentrati che c’hai ‘n’età: è finito il tempo delle mele da un’era glaciale, e da un pezzo anche il tempo degli spinelli, dell’eskimo, delle barricate, di noi che cambieremo il mondo… del tuo ritratto disegnato da lei sul sagrato di S. Carlo al corso. E tutti a dire “beato te che te la…”. E tu, forsanche compiaciuto ma cavaliere, a vendicare l’onore della damigella… la rissa, il commissariato, il maresciallo… Oh, basta! Il piano, cazzo! Guarda come sono professionali queste due. Non perdono tempo loro. Sono donne d’azienda, fanno immagine in ogni gesto, perfino in ogni pensiero. Ma… la Capa la sta redarguendo insomma la sta cazziando, in maniera formalmente impeccabile, con un sorriso glaciale che le faccia sentire la distanza. Ci deve essere qualche problema con il collegamento del tablet, intuisco che la Capa chiedeva un lap top che la gnocca non ha portato. È questa la sua colpa. Gli offro il mio se ha bisogno di collegarsi a Internet, che tanto sto lavorando su carta alle rifiniture del piano. La giovane si scusa e dice che non importa… Stavolta la Capa la fulmina, alla lettera. Non capisco cosa dice in tedesco, non alza la voce ma scandisce secco qualcosa che suona come una scudisciata. Poi l’algida si gira, mi ringrazia. Accendo il mio Vaio, imposto la password e glielo porgo. C’è elettricità nell’aria, esco. Manca mezzora, mi siedo nella carrozza bar per gli ultimi ritocchi alla scaletta. All’improvviso: “Siamo in arrivo nella stazione di Milano centrale. I signori passeggeri…” Rientro nel salottino.
Sono già pronte, soprabito sul braccio. È la giovane a restituirmi il pc, con il cavo già perfettamente raccolto. Mi ringrazia mentre “il suo boss” approva, aristocraticamente, con cenni della testa. Distaccata e distante.Ora siamo sulla piattaforma pronti a scendere, il treno si sta fermando. Sollevo il trolley, lei la “donna-in carriera-fino-al-midollo” non ha bagaglio, ovviamente! All’improvviso si gira, mi sorride e con quel suo italiano crucco: “Anch’io adoro screen sever!” Ed è un sorriso vero, caldo, perfino sornione. Poi si perde nella folla seguita dalla sua giovane e feromonica scorta. Ma che avrà voluto dire!? Oddio, vuoi vedere che quel cretino di Massimo mi ha sostituito lo screen sever con qualcuna delle sue imbarazzanti immagini da calendario dei gommisti?! Ma chissenefrega… che c’ho davvero altro da pensare!DO YOU REMEMBER?Il tavolo della sala del Consiglio d’Amministrazione è al completo. Sono due ore che parlo, spiego, proietto grafici, rintuzzo obiezioni, prometto approfondimenti, è il momento delicato del “quasi ci siamo”. Sto meditando, con il telecomando delle slide in mano, quale ultimo asso calare. Devo vincere! Le aspettative di troppe persone sono legate a questa commessa. Vedo che alcuni consiglieri si stanno consultando tra loro, poi uno: “Ma non è una citazione di quello lì, come si chiama…”. Cosa? Chi? Indicano lo schermo alle mie spalle. Mi giro: deve essere entrato in funzione lo screen sever, è passata un’immagine che non ho visto, è tutto blu lo schermo ora. Un brivido… vuoi vedere che quell’idiota di Massimo… Compare sullo schermo una frase: “Do You remember?” Basterebbe schiacciare il tasto del telecomando per far riapparire le slide. Ma non lo faccio. Sono rapito da quella scritta che si sta componendo sullo schermo, una parola alla volta: “Life is what happens to you whileyou are busy making other plans”. Ancora qualche istante di blu, poi la “firma”:Gertrud(sorry… Trudy).Marco Stancati