Mio figlio passa troppo tempo a giocare con la Xbox 360 e io divento una iena.
Mia madre non vuole che giochi troppo a lungo con la Xbox 360, sennò diventa una iena.
La mia donna abita lontano da me e ogni sera prima di dormire guardo la sua foto e ringrazio qualcuno che non so se esiste.
Il mio uomo vive a Torino, un posto nebbioso dove la gente è sempre mogia. Ogni volta che ci vado c'è il sole e la gente mi sorride.
Mia figlia è bravissima. Conosce a memoria indirizzi e necessità di tutti i nostri clienti, sa fare preventivi tariffa alla mano, è una brava madre, una brava figlia. L'altra cerca di fare la scrittrice.
Mio padre è sempre stato il migliore nel suo campo e io cerco di imitarlo. Mia sorella è una stronza e non ha voglia di lavorare.
Mia nuora ha lasciato mio figlio. Non so cosa sarà di lui. Non so cosa sarà di mio nipote.
Mia suocera ha allevato un figlio violento. Mi ha sempre trattata male attraverso le mortificazioni che imponeva a nostro figlio. Lei non ha mosso un dito. Io l'ho lasciato.
Mia nuora non la capisco. Pareva la migliore donna del mondo. Pareva una figlia. E invece.
Mio suocero quando mi incontra neanche mi saluta. Diceva che per lui ero una figlia. Non mi pare.
La mia vicina di casa ha lasciato il marito. E lui continua a viverle sul pianerottolo. Dai suoi genitori. Lui ha una donna bellissima. La ex moglie invece è brutta e cattiva. Ho due anni ma so quel che dico.
Il bambino del piano di sotto ha compiuto due anni il 27 luglio, è biondo. Mi fermo a parlare con lui, gli tiro la palla. Gli sono simpatica, si vede.
I miei compagni di viaggio in treno parlano una lingua sconosciuta. Chiedo se posso chiudere la porta dello scompartimento. Con accento napoletano uno dei due risponde “We are not italians”.
Questa donna gentile non pare italiana. Siamo partiti che eravamo bambini, torniamo ad Amalfi per il funerale di nostro nonno ma ripartiamo subito. L’Italia per noi è fame, l’Italia non ci ha voluto perché eravamo poveri e incivili. Guarda adesso, com’è ridotta l’Italia. Sono loro, i veri incivili. We are not Italians.
Questa donna cinese sta assillando il figlio con quella che suona come una predica, ininterrotta da circa tre ore. Sarò così anche io, con mio figlio, agli occhi degli altri? Sembra arrogante e autoritaria. Lo sarà davvero o è la sua lingua, che suona così?
Quella donna italiana mi guarda da un pezzo e sembra voglia capire le mie parole. Sto spiegando a mio figlio quanto è bello il paese da cui veniamo, quanto sono belle le montagne e i fiumi nelle valli e la nebbia pulita, non come questa che c’è a Torino. Gli faccio coraggio in questo paese straniero, che sembra non volerci. Ma lei cosa può saperne.
In dialetto pugliese una sinti nera come il pepe nero tiene ai suoi cinque figli biondi come svedesi una dotta conferenza sul perché sia stupido a quindici anni restare incinta di uno spiantato. Come lei. Come sua figlia adesso. La indica. Lo spiantato è presente e cerca di difendersi come può.
Mannaggia a sorte, vita e’ mmerda. Sognavo cose diverse, almeno pe tte ma nun ce so cazzi a sto mond se nasci povero e disgraziato, così hai a te mmurì all’istess. E vaffanculo pure a sta strunz che me stà a uardà, che cazz ne po’ sapè de i sogn da na matr comm a mè?
Avevo un amico libraio che invitavo a ogni presentazione e che vendeva i miei libri e guadagnava senza darmi un centesimo, né dividere con me le spese che sostenevo e senza neanche farmi lo sconto su altri libri che compravo. Non si fa caso a certe cose, con un amico. Un giorno l’ho sentito parlare male di me e il mio libraio è diventato un altro.
Quella stronza si crede di saper scrivere ma non vale una cicca. Io neanche li ho mai letti, i suoi libri. Però me ne ha fatti vendere tanti, quella puttana. Chissà perché poi ha cambiato libraio. E’ andata bene, fino a che è durata.
Avevo un cavallo che si chiamava Creso. Mi ha salvata dalla depressione, mi ha portato in luoghi della mente che non credevo potessero esistere. L’ho desiderato per tutta la vita e lui un giorno è arrivato, mi ha toccata e io sono diventata d’oro. Quando ha finito di guarirmi, io ero pronta per vivere e lui se n’è andato.
La mia prima padrona era una bambina viziata che mi dava zucchero e carote e mi lasciava pascolare in pace davanti a una grande fattoria. Il secondo padrone era un pazzo violento che mi frustava e mi piantava gli speroni nella pancia, e per un po’ io sono stato come lui. La mia terza padrona era una donna triste che con me sorrideva. Grazie a lei ho ritrovato la dolcezza nella pace della vecchiaia. Poi sono morto.
Quando mia madre è morta le ho detto “Vai” e lei è partita. L’ho convinta facilmente, le piaceva viaggiare e le ho sussurrato che la stava aspettando un luogo bellissimo. Desiderava vedere la Cina, credo che ora sia lì.
In questo limbo non ho ricordi che cadano sulle mie mani. Resta solo la sensazione di qualcuno che mi abbia guidata fin qui, e una voce nella mia mente che dice “Vai”. Attraverso lieve le pietre della Grande Muraglia e volo sopra alte montagne e valli verdi. Finalmente.
R.L. (dedicato a Daniela Lembo)
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