Film sconsigliato agli animalisti, per le scene crude e realistiche del mondo dei cow-boys, accenna ad aspetti psicologicamente
interessanti, che hanno un valore clinico generale.
La "macchina per gli abbracci" che Temple si autocostruisce,
è mutuata da una specie di gabbia entro cui vengono fatte entrare le mucche. Il momentaneo impedimento al movimento accompagnato da un contenimento fisico passivo, si trasformano in contenimento emotivo, che rilassa molte persone (come Temple dimostrerà in un esperimento) e molti animali. Non si tratta solo di ridurre le collecitazioni esterne, come si fa bendando un cavallo, ma anche di ridurre quelle interne, autoprodotte, che aumentano la sensazione di panico. Forse si può azzardare l'ipotesi che "la macchina degli abbracci" restituisca un confine corporeo a volte percepito come labile, che divide e protegge dal resto del mondo. Si ritorna in sè e si torna da sè stessi, protetti da un divisorio che più che difendere dall'esterno, impedisce la diluizione del "sè" nel "tutto il resto".
Ancora più interessante è l'osservazione di Temple sulla tendenza al curvare le traiettorie e al girare in tondo che presentano molti animali se colti da panico. Secondo lei si tratta di desiderio di "tornare al punto di partenza".
Corre subito il pensiero ai moti oscillatori ripetitivi degli autistici, ai tristi dondolii degli animali prigionieri, ma anche di molte persone colte da disperazione.
©Loredana de Michelis
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