Chi si fosse avventurato ieri nella visione dei telegiornali, avrebbe potuto imbattersi in una maschera dell’eterna commedia dell’arte. L’ ingenuo, così aduso alla menzogna da persuadersene, così abituato a presentarsi sotto mentite e bugiarde spoglie da viverle come una seconda pelle, così felice di farsi persuadere da convincersi che le fole che gli raccontano sono verità dimostrata.
Ieri nei panni del pellegrino in terrasanta, Lupi, camicia azzurrina abbottonata fino al collo e sguardo illuminato da un folle fanatismo, ha spiegato come l’impegno in politica venga inteso dai cattolici al governo come il felice esprimersi di una vocazione messianica e salvifica, il progressivo percorso diremmo da testimoni della fede cristiana a testimonial della fidelizzazione al leader.
Perché quando uno è credente, crede con totale adesione e fa della sua vita e della sua militanza una attestazione di fede. Alla Santa Trinità e alle parentele di Ruby. Alla funzione morale del prodigarsi del premier per l’interesse generale e alla sua conclamata inclinazione al no profit. All’equità della manovra governativa e agli asini che volano sopra Palazzo Chigi.
Una volta interrogato a proposito delle abitudini “libertine” del premier, lo sciagurato ha risposto: io vivo altrimenti ma non ci vedo nulla di male, sono inclinazioni differenti. Detto da un rappresentante della colazione governativa che più di ogni altra ha coartato gusti, diritti e libertà individuali oltre che legittime rivendicazioni di cittadinanza, tanta tolleranza suonava offensiva. A meno di non assimilarla a quella gioconda indulgenza che Voltaire chiamava cosmoscemologia, una visione del mondo ipocrita, ottimistica e beota nella quale tutto va bene si, purchè si sia ciechi, sordi, muti e soprattutto ubbidienti.
Si potrebbe sembrare un tonto, un finto ingenuo, un grottesco credulone, il Lupi, così entusiasta nella sua dabbenaggine da volerne convincere anche noi. Ma non confondiamolo con certi soldati Schwejk, quelli capaci con la loro ingenuità di mettere a nudo il potere. Non facciamoci ingannare da quegli occhioni da imbranato e dal tono predicatorio da fraticello che gioca a pallone in canonica e va ginocchioni in pellegrinaggio.
Non c’è candore in queste anime nere, anzi la maschera interpretata da Lupi è di quelle crudeli, più del marchese del grillo, più dell’avaro. È la maschera di chi governa mentendo, di chi non si vergogna di mentire. Anzi lo fa apertamente dichiarando nelle parole e negli atti di averne legittimamente diritto, incurante del fatto che non gli crediamo, perche siamo dentro anche noi alla recita in un cerchio vizioso dove tutti sanno dell’altrui inganno, tutti parlano di morale e la offendono, tutti gridano allo scandalo altrui e lo perpetuano.
Ieri Lupi lo trovavo ripugnante e offensivo. Ma altri dovrebbero offendersi più di me, insultata come cittadina, i credenti feriti come cittadini e come fedeli per i quali quei luoghi, sacri peraltro a tutte le religioni, hanno un significato profondo e simbolico. Parlo di quelle minoranze cristiane all’interno della Chiesa cattolica che vivono la loro condizione, credo, come un nuovo martirio davanti all’ingiuria di chi tratta un pellegrinaggio come uno di quegli incauti viaggi di propaganda organizzati per propinare batterie di pentole… ovviamente senza i coperchi.