Indicazioni che di solito si danno a piloti e hostess afflitti da jet-lag, per problemi che non ci sogneremmo mai di poter avere andando a Londra o a Madrid in vacanza.
Secondo me, infatti, a confonderci sono gli orologi, o meglio la momentanea sospensione della fiducia nei riferimenti temporali che utilizziamo in automatico. Ieri Rachele Zinzocchi si chiedeva – su Facebook – “Il mio IPad si aggiornerà automaticamente?”. E io, a mia volta “La mia sveglia a che ora suonerà?”. Stamattina per sapere l’ora, date le opinioni discordi dei vari accrocchi che ho in giro per la casa, ho acceso il pc.
E pensare che i primi orologi meccanici sono stati introdotti nel Medioevo, e servivano a regolare i tempi sociali con una certa precisione rispetto alle meridiane, che ovviamente – tanto per dirne una – non funzionano con il brutto tempo. Non erano portati al polso, ma erano montati su altissime torri in maniera che l’intera popolazione del borgo potesse vederli. Spesso, ne avevano uno per lato, affinché l’ora fosse visibile da diverse parti della città.
Per il resto, i contadini continuavano a farsi spostare avanti e indietro l’ora della sveglia dai ritmi circadiani dei galli. A Messa si deve arrivare tutti grosso modo in orario, ma ai campi e agli animali non interessa che ora è. Lavorare seguendo i ritmi della natura (galli che cantano e mucche che reclamano la mungitura) aiuta senz’altro a mantenere i ritmi circadiani.
E comunque, fino alla fine del XIX secolo i sistemi orari erano ancora “locali”. Ai tempi dell’unità d’Italia, chi si spostava da Roma a Milano doveva rimettere l’orologio. Si trattava di una mezz’ora circa di differenza (se non ricordo male), e la cosa – anche se a noi può sembrare inverosimile – non faceva una gran differenza, nell’organizzazione sociale dell’epoca.
Il problema si pose seriamente nel periodo d’espansione delle ferrovie, quando si dovettero organizzare gli orari dei treni: non in Italia, naturalmente, ma negli Stati Uniti, dove gli effetti del cambiamento di longitudine erano (e sono) troppo sensibili da consentire l’adozione di un unico orario nazionale.
Tutto questo per dire che il tempo è una convenzione sociale, che poggia su accrocchi di vario tipo. Il nostro organismo, in buona sostanza, adatta i suoi cicli non più alle esigenze delle mucche, ma al funzionamento degli orologi che rappresentano ed incorporano le convenzioni sociali.
Certo l’adozione dell’ora legale in concomitanza con l’allungarsi delle giornate può essere un piccolo shock per l’organismo, già alle prese con primavere sempre più incerte in conseguenza dei cambiamenti climatici. Ma il problema vero è che salta il nostro rapporto con il sistema di misura del tempo, e per un giorno o due non siamo in grado di utilizzarlo in automatico.
Personalmente, da questo punto di vista, ho due problemi con l’ora legale. Il primo, è che non ricordo mai se l’ora si toglie o si aggiunge: tale è l’identificazione fra “ora” come lasso di tempo e numero scritto sull’orologio, che per me «si spostano le lancette in avanti, quindi togliamo un’ora alla giornata» si traduce in «sottrai 1 all’orario» (sempre in automatico, ovvio: a scriverlo pensandoci e consultando Wikipedia riesco benissimo). Il risultato? Mi sono svegliata da sola un’ora prima della sveglia, la quale, da parte sua, stava ancora all’ora solare. Mi sono svegliata due ore prima, cioè (ma non so bene di che).
Il secondo, è che non so rimettere l’orologio della macchina (è di quelli che richiede l’uso di forcine per capelli). Questo mi crea problemi quando si torna all’ora solare. Il lunedì, dopo aver contrattato l’ora con l’orologio della cucina durante la colazione, entro in macchina, vedo scritto sul display “09.03″ e, pur sapendo che è tornata l’ora solare oramai da due giorni, mi prende puntualmente un colpo. D’istinto, l’ora è quella che dice l’orologio (questo accade il lunedì, perché la domenica non lo guardo nemmeno).
Con gli orologi (e non solo) io sono particolarmente maldestra, lo so. Ma proprio per questo mi viene il sospetto che il ritmo circadiano c’entri ben poco, non solo con il senso di disorientamento, ma persino con le vertigini, i giramenti di testa, l’ansia e la fame che arriva ad orari stravaganti.
Comunque, visto che è domenica e che il tempo (quello meteorologico) è discreto, penso proprio che l’unico consiglio da TG che seguirò sarà quello di farmi una bella passeggiata senza orologi per coordinarmi con il sole – e soprattutto per mangiarmi un gelato.
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