di Raffaele Mantegazza
Ognuno di noi ha appreso la notizia in modi differenti, chi da un amico, chi dalla rete, chi da qualche edizione straordinaria dei Tg o dei Gr;ma probabilmente identica è stata la reazione di incredulità di fronte alla decisione del Papa; ho capito male, è una bufala, verrà subito smentita. Siamo così abituati ad avere pochi punti fermi nella vita, che quando uno crolla cerchiamo in tutti i modi di convincerci che abbiamo capito male.
E invece è così. Il Papa rinuncia. E l’epocalità di questa decisione ci si svelerà, come spesso accade, solo nei prossimi mesi. Al di là di qualunque dietrologia c’è comunque la dignità del messaggio al Concistoro, profondamente umano, e soprattutto il cambiamento radicale al quale la Chiesa andrà inevitabilmente incontro, dopo questa decisione.La Chiesa si muove da sempretra le due dimensioni del tempo e dell’eternità; amministra un nuovo discorso sulla morte, una dimensione escatologica ed apocalittica che sembra le sia venuta meno negli ultimi secoli e soprattutto negli ultimi decenni. L’idea che il pontificato sia una croce da portare fino alla morte, esattamente come ha fatto Cristo, rende conto di questa specie di doppia appartenenza: le debolezze dell’uomo Joseph non intaccano la missio del Papa Benedetto, che insieme a un nuovo nome ha acquisito una sorta di nuova cittadinanza, soprattutto una nuova definizione dei rapporti tra vita e morte. Si fa l’operaiofin quando si va in pensione, si è Papa fino alla morte.
Ma il gesto di Benedetto XVI/Joseph Ratzinger, operando una crasi, un conflitto tra le due dimensioni simboleggiate dai due nomi, ci mostra che forse le cose sono, per fortuna, più complesse. Il Papacostringe la Chiesa a capire che forse il regime della doppia appartenenza (qui e Altrove, immanenzae trascendenza) oggi può e deveseguire vie differenti da quelli tradizionali. Il regime temporale nel quale viviamo è impastato di dolore e di asperità, non perché siamo condannati a vivere in una valle di lacrime, ma perché la complessità della vita nelle società attuali rende sempre più difficile, se non impossibile, la reductio ad unum delle questioni morali, esistenziali, anche teologiche. E rende anche difficile un discorso sulla morte, sulla debolezza umana, sulle paure, sulle angosce che in qualche modo le riduca ad ostacoli da superare e comunque ad elementi che non mettono in discussione l’irreversibilità della missione. E’ questa irreversibilità che il Papa ha spezzato, con inaudito gesto, come a dire che anche la Chiesa, che non può rinunciare a un discorso sull’eterno, deve fare i conti con il tempo, con la sua azione corrosiva e dissolutoria; una azione che non corrode l’Altrove ma che non può fare a meno di attaccare il qui ed ora. Perché tutto il creato è nel regno dell’aldiqua, e anche Joseph/Benedetto vi permane. Ma vi permane per rimanere insieme alle creature, per condividere fino in fondo il loro dolore e il loro spiazzamento;e, da laico e da non appartenente ad alcuna delle famiglie cristiane sparse sulla Terra, non posso non dire chesono convinto che il gesto del Papa abbia contribuito a far sentire meno solo che si sente oggi oppresso dall’ansia, dall’inadeguatezza, dall’angoscia, dalla vecchiaia. Se Benedetto rimane Joseph pur essendo Benedetto, è perché alberga in sé una dimensione profondamente umana che, almeno nel qui ed ora, non può essere lasciata da parte: il superamento dell’angoscia del Getsemani che attanagliava Gesù è stato possibile a Cristo; Gesù ne sarebbe stato travolto. Joseph se ne è lasciato travolgere, mostrando che la Chiesa può condividere fino in fondo le angosce dell’essere umano, indicando di là da sé ma rimanendo di qua, insieme a noi, Emmanuele, Dio-con-noi. Una Chiesa che è insieme a noi, qui ed ora, fino in fondo, nel pomeriggio del venerdì, per poterlo essere, ma in altra forma, nella mattina della domenica.Se la Chiesa avrà la forza profetica di capire e portare alle estreme conseguenze il gesto del Papa forse saremo di fronte a una nuova imitatio Christi: tutta umana e integralmente esistenziale, tutta nel tempo e proprio per questo rivolta all’eternità, tutta compresa nel gesto non più infallibile di un uomo anziano e stanco che, per meglio servire, sceglie di andare via.