Della pellicola di David O'Russell, "Teneramente Folle", volontariamente o meno, prende gran parte della sua fisionomia: con un protagonista affetto da sindrome bipolare che, nel tentativo di riconquistare la sua famiglia, moglie e due figlie, finisce per diventare baby sitter a tempo pieno di quest'ultime, concedendo alla moglie di trasferirsi da Boston a New York per studiare e ingrandire la sua figura professionale. Un Mark Ruffalo in grande spolvero, bravissimo ad entrare nelle corde giuste del padre/amante buono e affettuoso, che tuttavia non può fare a meno dei suoi attimi rabbiosi e incontrollabili, al punto da rischiare ogni volta di guastare i suoi progressi e di venire allontanato nuovamente da tutto e da tutti. Una conseguenza però che nella pellicola della Forbes non accade mai per davvero, nemmeno quando ci sarebbero gli estremi ineccepibili, proprio perché, il suo, è un prodotto concepito per mantenere toni e situazioni dal retrogusto zuccheroso e divertente, in cui la resistenza del nucleo famigliare e l'amore coltivato al suo interno hanno interesse comune a fare in modo che le cose non vadano mai a peggiorare, bensì ad avanzare nella direzione opposta.
Delusione per una storia ed un cast che potevano senza dubbio avere miglior fortuna, venir collocati e sfruttati in maniera superiore per valorizzare ai massimi il loro talento e il loro lavoro.
Di "Teneramente Folle", dunque, ricorderemo ben poco, flashback di un Ruffalo bravissimo, ma limitato e immagini sbiaditi di qualcosa che poteva essere, ma non è stato.
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