Ma come è cambiato il tennis nell’ultimo periodo, da quando ha dismesso i panni del giocatore e vestito quelli di tecnico?
”Molto – esordisce l’ex n° 19 del ranking mondiale – soprattutto in tecnica e velocità. Oggi per arrivare al vertice occorre essere completi tecnicamente e preparatissimi sotto il profilo fisico. In campo maschile, poi, sono fondamentali i colpi d’inizio gioco, servizio e risposta su tutti. Non ci si può più permettere di “giocare una seconda timida”, ma bisogna riuscire a non farsi sorprendere ed aggredire per primi”.
Per anni direttore tecnico del Centro Federale di Tirrenia, oggi Furlan non è più sotto contratto FIT e segue il 20enne Pietro Licciardi. Come è nato il connubio?
”Volevo avere un impegno più di campo e così per tre anni, dal 2012 al 2014 ho seguito Maccari e Licciardi. Dal settembre dello scorso anni solo Licciardi, avendo come base sempre Tirrenia. L’obiettivo di fine stagione è quello di entrare tra i primi 350 giocatori Atp. Per ora attività futures, ma in aprile proveremo i Challenger, prima Vercelli, poi Torino”.
Cosa risponde a chi sostiene che da Tirrenia non è mai uscito nessuno?
”Che non è vero. Quando ero direttore mi occupavo degli under 20 e in quel periodo siamo tornati a vincere il Bonfiglio, con Matteo Trevisan (numero 1 del mondo under 18) e abbiamo avuto Giannessi numero 1 del ranking under 16. Si è iniziato a seminare. Ora è giusto seguire anche chi non esplode precocemente ed accompagnarne la crescita”.
Cosa pensa dei ’95 e dei ’96 azzurri che si stanno affacciando al tennis che conta?
”Un gran bene. Ritengo che il più dotato, per talento e potenziale, sia Matteo Donati. Lo staff che lo segue, guidato da Max Puci, ha le carte in regola per portarlo in alto. Con lui hanno grandi possibilità anche Gianluigi Quinzi e Stefano Napolitano. Ognuno con caratteristiche diverse ma tutti pronti, e includerei anche Baldi, a fare il salto. Li vedo tra qualche stagione nei top 50 Atp. Fare ancora meglio dipende da molti fattori e non voglio sbilanciarmi. Di errori in tal senso se ne commettono in tutto il mondo. Ricordo per esempio i francesi che qualche anno fa puntavano su alcuni elementi senza considerare quello, Benoit Paire, che poi sarebbe salito al vertice”.
Faccia qualche altro nome uscendo dai più noti e andando indietro di qualche annata. Se dovesse allargare la rosa?
”Edoardo Eremin, Gianluca Mager, ed ancora un ’95, Lorenzo Sonego. Il fatto che sia cresciuto in sordina ed abbia iniziato a far sul serio da poco lo ritengo positivo. Ha grandi margini di miglioramento, sia fisico che tecnico. Gli ho già visto fare ottime cose in questo scorcio di stagione, a Trento per esempio, e lo guarderei con attenzione”.
Spostiamoci al settore femminile. Dietro alle attuali big cosa bolle in pentola?
”Da quando non seguo più la Schiavone, nell’anno in cui vinse il Roland Garros e si era appoggiata a Tirrenia, ho un po’ perso la conoscenza dettagliata del settore. Certo qui non siamo messi benissimo e le migliori ’92, Burnett e Caregaro, hanno sofferto di troppi infortuni senza di conseguenza poter dimostrare il loro valore. Credo molto nella Giorgi che ritengo possa entrare in carriera tra le top ten. L’ho vista lavorare nel modo giusto quest’inverno e prima o poi ci sorprenderà”.
Come chi nel tennis internazionale?
”I fab four continuano o bene o male a dominare e i loro eredi un po’ faticano. Il migliore mi sembra Raonic, al pari di Nishikori. Dimitrov tergiversa, Del Potro fa l’elastico, Cilic non ha dato continuità alla sua grande vittoria agli US Open. I veri ricambi, arriveranno tra qualche anno, con i ’96 e i ’98. Ci sono alcune nazioni che stanno lavorando benissimo, vedi gli USA e la Corea, paese emergente. Da tenere d’occhio un certo Duck-hee Lee, classe 1998, sordomuto che è già attorno alla 400esima piazza mondiale. In questo gruppo metto anche i giovani azzurri”.
Il suo sogno di coach?
”Raggiungere il massimo del potenziale che i miei allievi possiedono in termini di rendimento e classifica. Un po’ come ho fatto io”.