Le battute di Renzi, le dimissioni di Fassina, mai peraltro presentate su questioni di economia e di lavoro, il millesimo rinvio della definizione dell’Imu a una data presumibilmente successiva a possibili elezioni, le fantasticherie di Saccomanni costituiscono quel sottofondo di volgarità che ci prende alla gola e che in fondo è anche responsabile dell’emersione dell’imbecillità che galleggia sul web.
Tra tutto questo, ciò che campeggia come una formidabile obiezione al principio di realtà, sono le parole e le tesi del Ministro dell’Economia, il quale pare in preda di un delirio metafisico riguardo alla sopravvivenza del governo e della sua stessa poltrona. Saccomanni infatti, riconosce che la diminuzione dello spread non è attribuibile all’azi0ne di governo, tanto che essa si è verificata talvolta in misura maggiore anche in altri paesi, per dire però che questo “miracolo” si è compiuto grazie alla persistenza della maggioranza. La tesi è persino grottesca poiché attribuisce alla stabilità in se stessa e senza alcun riferimento a ciò che essa produce, la capacità di creare fiducia nel mercato, a prescindere da qualsiasi altro elemento.
Certo, come si potrebbe dire con buona dose di bon ton, si tratta di una stronzata, ma abbastanza caratteristica dello spirito del tempo, nel quale è il mercato stesso che determina la politica. Se una stabilità supina alle volontà della finanza è la panacea per curare la crisi, è evidente che la stessa democrazia, con la necessità di tenere conto delle opinioni dei cittadini e magari anche dei loro diritti, con la dialettica tra le forze e infine con quel vizio assurdo delle elezioni, rappresenta un elemento di instabilità.
Nel piccolo delirio di Saccomanni si possono quindi individuare quelle linee di tendenza verso l’autoritarismo e la sedazione del dibattito politico che sono uno dei pilastri attorno ai quali si vuole costruire anche il rimaneggiamento costituzionale. Dietro queste uscite abbastanza insensate e strumentali di Saccomanni come di altri, si fa strada questa ideologia della “riduzione” di democrazia, come elemento salvifico. Ma questa teologia della stabilità impone di sacrificare le libertà e impiega gli strumenti di un continuo ricatto e la necessità della rinuncia come sistema di governo.