Teologia della stabilità

Creato il 06 gennaio 2014 da Albertocapece

I giorni festivi non sono riusciti a disperdere i miasmi della palude. E così mentre i giornaloni sono impegnati a trasformare Bersani in un cavaliere solitario dopo averlo sacrificato alle necessità, ai tradimenti e alla farsa delle larghe intese, il dibattito politico diventa battibecco di pianerottolo o favola per bambini. Il tutto sullo sfondo della sopravvivenza o della presa di potere in un Paese allo stremo, secondo un copione di machiavellismo vetero-democristiano.

Le battute di Renzi, le dimissioni di Fassina, mai peraltro presentate su questioni di economia e di lavoro, il millesimo rinvio della definizione dell’Imu a una data presumibilmente successiva a possibili elezioni, le fantasticherie di Saccomanni costituiscono quel sottofondo di volgarità che ci prende alla gola e che in fondo è anche responsabile dell’emersione dell’imbecillità che galleggia sul web.

Tra tutto questo, ciò che campeggia come una formidabile obiezione al principio di realtà, sono le parole e le tesi del Ministro dell’Economia,  il quale pare in preda di un delirio metafisico riguardo alla sopravvivenza del governo e della sua stessa poltrona. Saccomanni infatti, riconosce che la diminuzione dello spread non è attribuibile all’azi0ne di governo, tanto che essa si è verificata talvolta in misura maggiore anche in altri paesi, per dire però che questo “miracolo” si è compiuto grazie alla persistenza della maggioranza. La tesi è persino grottesca poiché attribuisce alla stabilità in se stessa e senza alcun riferimento a ciò che essa produce, la capacità di creare fiducia nel mercato, a prescindere da qualsiasi altro elemento.

Certo, come si potrebbe dire con buona dose di bon ton, si tratta di una stronzata, ma abbastanza caratteristica dello spirito del tempo, nel quale è il mercato stesso che determina la politica. Se una stabilità supina alle volontà della finanza è la panacea per curare la crisi, è evidente che la stessa democrazia, con la necessità di tenere conto delle opinioni dei cittadini e magari anche dei loro diritti, con la dialettica tra le forze e infine con quel vizio assurdo delle elezioni, rappresenta un elemento di instabilità.

Nel piccolo delirio di Saccomanni si possono quindi individuare quelle linee di tendenza verso l’autoritarismo e la sedazione del dibattito politico che sono uno dei pilastri attorno ai quali si vuole costruire anche il rimaneggiamento costituzionale.  Dietro queste uscite abbastanza insensate e strumentali di Saccomanni come di altri, si fa strada questa ideologia della “riduzione” di democrazia, come elemento salvifico. Ma questa teologia della stabilità impone di sacrificare le libertà e impiega gli strumenti di un continuo ricatto e la necessità della rinuncia come sistema di governo.