Teorie/ Marc Prensky. L’Analogico sta al Digitale come l’Immigrante sta al Nativo.

Da Redazionetitel @titelonline
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Tra Nativi e Immigranti

di Antonio Conte – La felice espressione di “Nativi Digitali” (digital native) che usa la metafora dell’”indigeno” è stata coniata da Marc Prensky [ www.marcprensky.com ] per distinguere i nati dopo il 1980 (alcuni testi riportano addirittura dopo il 1996) che per la loro età hanno vissuto in un periodo dominato dalla Tecnologia Digitale. Il neologismo è stato coniato per sottolineare le competenze digitali che questi giovani destreggiano con grande naturalezza tra cellulari, smartphone, computer ma dimostrano dimestichezza anche con la conoscenza della telematica e di Internet, nonché  pare che vivano nella neo modalità “sempre connessi” (vedi uso dei vari Social Network, Google, ecc.).

Si presentano quindi, come una popolazione del luogo, ovvero della Tecnologia e della Rete, che di fatto nell’analisi, si sta considerando. Anche qui il “luogo” è descritto da una metafora, quella dell’”uso” della tecnologia digitale e non solo dallo “stare fisicamente” in luogo reale, ma anche nello “stare psicologicamente”, considerando quindi, anche la dimensione del “cognitivo” come fosse una dimensione concreta o pseudo tale, ovvero di quella dimensione che generalmente si intende come “virtuale”. In definitiva, intendiamo definire con il termine “luogo” lo spazio “cybernetico”.

Il Nativo Digitale

L’indigeno, ovvero il “Nativo Digitale” è quindi colui che è capace di abitare il cyberspazio. Il “Nativo Digitale” raccoglie informazioni da molte fonti, anche differenti tra loro e provenienti da vari dispositivi, preferisce elaborare immagini e video, piuttosto che testi e la loro conoscenza è strutturata in modo reticolare anziché in modo sequenziale. Si tratta di una dimensione che trascende ad esempio l’uso dei contenuti legati ai supporti, come accade per i libri, per i dischi in vinile, per le vecchie musicassette ed i vecchi nastri magnetici. Considera invece come naturale testi a lettura ipertestuale (web, nuovi libri con molti box, ebook, ecc), ama il contenuto liquido, ad esempio il podcast, e l’mp3, inteso come contenuti slegati dal tradizionale supporto in vinile, caratteristica che consente la copia e al tempo stesso il trasferimento (la clonazione), superando vecchie problematiche, come ad esempio il la vendita su supporto e favorendo invece la vendita con download. Rimandiamo al altri momenti le considerazioni sul diritto di autore e dello sfruttamento commerciale di questo da parte degli Autori e delle Case Editrici.

Il Digial Immigrant

In contrapposizione ai “Nativi Digitali” troviamo – sempre secondo Marc Prensky – i “Digital Immigrant” (Immigranti Digitali) che invece hanno appreso l’uso delle tecnologie digitali solo in età adulta.

Questi ultimi sarebbero abituati a lavorare preferibilmente con carta, amerebbero – secondo le loro dichiarazioni – sentire odore dell’inchiostro e della carta e sporcarsi le mani di nero sfogliando i giornali, e ancora vorrebbero non perdere l’abitudine a scrivere con la matita a margine dei libri e sottolineare, eventualmente, le righe dei testi. Inconsapevoli che non vi è di fatto una realtà che tende alla sostituzione totale dell’altra ma di tecnologie che stanno trovando un equilibrio per una compresenza.

Gli “Immigranti digitali” ad esempio, per rispondere ad una email prima la stampano ed elaborano poi a matita/penna, infine aggiornano la copia digitale al pc, oppure chiamano il destinatario per sapere se è stata ricevuta dopo l’invio, ed ancora archiviano l’email in faldoni ed in archivi polverosi, dopo averla stampata,  tengono quindi una doppia gestione. Spesso è la realtà di molti uffici pubblici, con doppio lavoro da parte dei dipendenti, a volte con doppi costi e con efficienza ridotta. Ma si pensi anche agli ingombri di enormi archivi di carta.

Alcune disfunzioni cognitive note che scoraggiano il cambiamento.

Altri comportamenti  degli “immigrati” sono stati segnalati da teorici della comunicazione nello stallo cognitivo che si verrebbe a creare per soprabbondanza di informazione. Fenomeno noto infatti, come “Disorientamento cognitivo” per overflow informativo.

Tipico in effetti nella interrogazione di motori di ricerca, o nella loro scelta.  Questi super computer sono capaci di restituire in una frazione di secondi una miriade di link.

Nella fattispecie, nel comportamento di ritorno, gli “Immigrati Digitali” si soffermerebbero sui soliti siti, e la loro navigazione in rete risulterebbe limitata a pochi e necessari siti, che spesso, sono fonti imposte dall’azienda, o dallo sviluppo e della modernità/attualità, o che si giustificano per la necessità di economizzare dell’azienda in cui lavora o di quella dei fornitori, o infine, per altre determinazioni. Pertanto il suo motto è “poche fonti ma buone”.

Preferisce siti e documenti testuali, scarta se può le documenti immagini e video, che comunque hanno una funzione di completamento, di appoggio o secondario.

Riconoscere e superare il Gap

Tale distinzione tra Nativi e Immigranti, tuttavia, non sembra che si tratti di una moda come è avvenuto in passato per certi prodotti, anzi ha sempre più marcato il segno della ‘rivoluzione sul posto’, si tratta di un salto (gap) culturale e generazionale senza precedenti che riguarda in profondità anche il modo di pensare e di ragionare, di memorizzare/ricordare, di interagire. Ad esempio nella redazione di un testo si impone il concetto di “Copia, Taglia & Incolla“, e si tende ad apprezzare di più la funzione “Find” o “search” nella lettura dei testi.

Molti genitori, ma non solo, oggi sono in gran parte “Immigranti”, ed è ormai fin troppo noto il problema di come un “Immigrante” debba interagire con la Tecnologia con un “Nativo”. O come due colleghi di culturalmente distinti da tali categorie debbano, in qualche modo, collaborare. In extremis di pensi ad alcuni anziani a cui viene imposto l’uso dell’Home Banking, da norme antifrode fiscale.

Occorre quindi provvedere a risolvere nuove problematiche come il riconoscere e comprendere i nuovi comportamenti digitali e rendersi disponibili a nuovi processi cognitivi (salvare, tagliare un’immagine, seppiare una foto, convertire un file DOC in PDF, argomentare su megapixel e profondità del colore, o imparare a “pesare” i file per la loro gestione e trasferimento, ecc ).

Detto questo, non è quindi urgente una maggiore consapevolezza del “Mondo Digitale” che invece si continua ad usare come fosse in prestito e solo temporaneamente?

Ma gli “Immigrant” resteranno nonostante tutto e non nascondono le critiche. Qualcuno obietta infatti che il “Mondo Digitale” è stato creato dai “Digital Immigrant“. E’ evidente quindi che vi sono ancora persone che costituiscono il gruppo degli “scettici della Net Generation“ e che resistono all’onda di rinnovamento.

Ma questa è un’altra storia, ne parleremo in un altro articolo.

Antonio Conte

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