Teresa e la morte della micro impresa.

Da Bibolotty
Eccomi finalmente in questo importante contenitore
che sforna notizie di rilievo a tutte l’ore,
come opinionista mi sento fortunata,
di poter dire la mia senza esser controllata.
Mi chiamo Teresa e della Bibolotty sono un’invenzione,
ma vivo di vita mia, e mia è anche qualsiasi intuizione.

Ho quarant’anni e sono stata aimè sposata,
lei mi ha fatta anti proibizionista e femminista sfegatata,
disoccupata, ottima cuoca e troppo spesso innamorata.
Amo certe idee un po’ vecchiotte e la lotta sociale,
come l’equità di cui si fa un gran parlare,
e che vorrei al più presto diventasse reale.
L’anno è però iniziato per alcuni molto male,
per le famiglie che hanno organizzato ad esempio un funerale,
perché il padre/marito/figlio non voleva i suoi dipendenti licenziare.
Perché questo è l’argomento del giorno,
nomi e storie di resistenza imprenditoriale
che la stampa solo oggi si appresta a raccontare.
Ma dov’era la stampa quando tutto è iniziato?
Dov’era la pubblica opinione quando il primo fattaccio è stato denunciato?
Conosco imprenditori che dal duemilacinque urlano e scrivono ai giornali,
che da anni denunciano delle banche gli orrori,
che parlano di prestiti rifiutati e di tassi d’interessi da usurai,
che chiedono al governo e alla nazione che li tolgano dai guai.
Solo oggi che l’economia è immobile e forse è deceduta,
i tiggì e gli opinionisti si riempiono la bocca di “micro impresa andata perduta”.
Ma i giornalisti non sanno che le micro imprese non han bisogno di parole
ma di Manager illuminati che pagati dallo Stato li vadano ad aiutare.
La gente non sa che è la burocrazia e i cambi di governo
ad aver reso un’amministrazione di fatto semplice un vero inferno.
Un imprenditore che sta per fallire ed entra in liquidazione,
non trova nemmeno il denaro per definire la sua posizione.
Perché anche chiudere costa caro,
e l’imprenditore non troverà mai nessuno che gli presti quel denaro.
Lo stato dovrebbe adesso proporre una sanatoria
sia per le tasse evase per necessità che per chi voglia chiudere in gloria.
Lasciamo stare gli amici licenziati, le feste comandate in azienda e le speranze perdute,
non parliamo di che fine potranno fare
dopo che anche la casa, unica proprietà, hanno dovuto ipotecare.
Non è questo di cui si deve parlare,
ma di una soluzione e di un aiuto reale per chi entra oggi in liquidazione,
e di cosa fare per impedire, che ancora in molti si lascino cadere da un balcone.
Non vorrei mai morire per denaro ma solo per amore,
ma so cosa si prova a firmare per necessità un assegno che non ha valore,
so cosa vuol dire entrare in banca dove tutti ti guardan con sospetto,
sapere che forse, domani, i tuoi figli saranno dei senza tetto.
Ma qui vincono le lobby più accreditate,
e i nomi e le storie di questi uomini qualunque, saranno presto dimenticate.