Termine accettazione eredita sentenza cassazione civile , sez. II, 10 aprile 2013, n. 8776

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

Una donna, a seguito della perdita del marito e della figlia occorsa in un incidente stradale, dichiarava in numerosi atti, anche pubblici, di essere l’unica erede dei beni appartenenti al coniuge defunto. Molti anni dopo il fratello del defunto citava in giudizio la moglie di quest’ultimo per aver taciuto dolosamente la circostanza della commorienza del coniuge e della figlia, impossessandosi in tal modo di tutti i beni lasciati dal marito, facendo credere di essere l’unica erede in virtù del passaggio dei beni dal marito alla figlia e dalla figlia a lei.
La convenuta, oltre a sostenere che dal rapporto dei Carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro stradale risultava solo la morte istantanea del marito, mentre quella della figlia veniva accertata durante il trasporto in ospedale, eccepiva anche l’intervenuta prescrizione del diritto all’accettazione dell’eredità da parte del cognato, il cui esercizio può essere azionato entro dieci anni dal giorno dell’apertura della successione (v. art. 480 cod. civ.).
Tuttavia, secondo parte attrice, il temine prescrizionale di dieci anni per l’accettazione dell’eredità avrebbe dovuto decorrere dalla scoperta del dolo, in quanto indotta in errore dalle dichiarazioni rese dalla cognata.
I giudici di merito rigettano la domanda, ponendo in evidenza sia l’insussistenza di qualsivoglia obbligo giuridico della convenuta di rendere informazioni sull’avvenuta commorienza, o meno, del coniuge e della figlia, specie in considerazione della facile e diretta conoscibilità di siffatta circostanza tramite i registri anagrafici, sia l’inapplicabilità al caso concreto dell’ipotesi disciplinata dal n. 8) dell’art. 2941 cod. civ., il quale prevede la sospensione del termine prescrizionale tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto.
La Cassazione conferma le decisioni dei giudici di prime cure e rigetta il ricorso del fratello del defunto, sancendo non solo l’inapplicabilità al caso concreto della singola ipotesi del n. 8) dell’art. 2941 cod. civ. per l’impossibilità di ravvisare una posizione di creditore e debitore in capo alle figure di eredi del medesimo de cuius ma, più in generale, l’inapplicabilità al termine di prescrizione previsto dall’art. 480 cod. civ. per l’accettazione dell’eredità degli istituti dell’interruzione e della sospensione, salvo determinati specifici casi espressamente stabiliti da detta norma ( V. Cass. n. 1393/1962).
Precisa infatti la Corte che “mentre il termine fissato dal giudice per l’accettazione dell’eredità, nell’ipotesi di cui all’art. 481 c.c., è un termine di decadenza, quello entro il quale il diritto di accettare si estingue per il mancato esercizio (art. 480 c.c.) è un termine di prescrizione, tale essendo espressamente dichiarato dalla legge e, trattandosi di prescrizione, al di fuori delle previste cause di sospensione, non vi sono altri fatti impeditivi del suo decorso per quanto concerne l’esercizio del diritto di accettazione dell’eredità (cfr. Cass. n. 11/1970)”.