Terre Rare e Profitti Abbondanti – parte 3: Neodimio

Creato il 30 dicembre 2012 da Davide

Visto che il Neodimio è componente fondamentale della “green economy” perché presente nelle auto elettriche o ibride e nelle pale eoliche, vediamo subito che problemi può comportare in quanto sostanza.
Dal punto di vista tossicologico il Neodimio in polvere è una sostanza che reagisce vivacemente all’aria tanto da incendiarsi spontaneamente in opportune condizioni. I composti del Neodimio rientrano nella categoria dei materiali a rischio esplosione. I composti del Neodimio, anche se poco studiati fino ad ora, rientrano come le altre REE nella categoria di agenti a tossicità bassa o moderata, tuttavia il Neodimio e i suoi sali sono fortemente irritanti degli occhi e delle mucose e moderatamente irritanti della pelle. Respirare polvere di Neodimio causa embolia polmonare e l’esposizione cronica provoca danni al fegato. Il Neodimio agisce anche da anticoagulante, e per questo in casi particolari, è somministrato per via endovenosa.
Il Neodimio, tuttavia si sta dimostrando molto pericoloso perché sta fungendo da innesco di una guerra commerciale di proporzioni mondiali, i cui esiti sono ancora tutti da definire.
La Cina, benché l’abbia ratificato, è notoriamente esentata dall’applicazione del protocollo di Kioto insieme all’India e sta puntando proprio sul ‘green business’ per accelerare la sua ascesa mondiale. La Cina infatti intende diventare leader mondiale nel campo delle automobili elettriche ed ibride (Keith Bradsher, NYT 2009, China Vies to Be World’s Leader in Electric Cars )sfruttando quello che era una sua debolezza, ovvero l’arretratezza nella produzione di automobili a combustione interna. La speranza delle altissime gerarchie cinesi (come è noto tutta l’industria cinese è di fatto proprietà dei discendenti degli “8 immortali“, ovvero di quei membri del Comitato Centrale che appoggiarono Deng contro la Banda dei Quattro) si fonda sulla speranza di “saltare” la fase della tecnologia del motore a combustione interna (con le sue fabbriche e la sua composizione del lavoro) e passare subito alle nuove tecnologie delle auto elettriche (con differente organizzazione del lavoro). Questo salto, che inevitabilmente produce l’espulsione dal mercato del lavoro di forza lavoro fortemente specializzata e sindacalizzata, è causa di gravi tensioni sociali in Occidente, ma non in Cina, ovviamente. L’arma segreta di questo passaggio epocale sta, nella mente della leadership cinese, nel monopolio delle REE e del Neodimio in particolare. Un caso emblematico di questa manovra è la storia della Magnaquench e delle auto elettriche della GM.
Quando la General Motors (GM) iniziò la produzione di macchine elettriche EV1 alla fine degli anni novanta, si trovò ad affrontare una serie di problemi economico-politici e tecnici, il primo era del tipo ‘serpente che si morde la coda’, ovvero essendoci poche macchine elettriche le autorità pubbliche (Stati, contee etc) non istallavano colonnine per la ricarica e, non essendoci possibilità di ricaricare l’auto, nessuno comprava auto elettriche. Quelli tecnici consistevano soprattutto nel fatto che le batterie non funzionavano bene col freddo e le automobili non scaricavano il calore con la stessa efficienza di quelle a combustione interna e anzi lo scaricavano nell’area passeggeri che diventava un forno crematorio.
I grandi valori di coppia, raggiunti con i magneti costruiti con leghe di REE (Neodimio-ferro-boro = NIB = neodymium – iron – born e samario – cobalto = SC), riaprirono il mercato per le macchine elettriche. La GM che possedeva la Magnaquench, una fabbrica dell’Indiana che produceva magneti con REE, decise tuttavia (anche a causa dello scherzetto giocatole dallo stato della California) che le macchine elettriche non erano il suo “core business” e nel 1995 mise in vendita la Magnaquench.
All’epoca la Magnaquench, che aveva una grande esperienza nella produzione di magneti al Neodimio ad alta potenza, un campo di cui era stata pioniera fino dagli anni 1980, produceva l’85% dei magneti al Neodimio usati nei servomotori degli alettoni di coda per le PGM (precision guided munitions = bombe intelligenti) e una elevata quantità dei magneti che venivano utilizzati nei dispositivi di immagazzinamento dati ad alta velocità dei computers. Nel 2004 la Magnaquench, con la sua partner NEO Material Technologies (e le sue integrate cinesi) forniva circa l’80% del mercato mondiale di polveri di Neodimio e REE usate in questi magneti, ovvero praticamente nei computers di tutto il mondo.
Nel 1995 un consorzio di investitori guidati da Archibald Cox Jr. e due industrie di stato cinesi che operavano nel campo dei metalli, la San Huan New Material (ora Beijing Zhong Ke San Huan High-Tech Co.) e la China National Nonferrous Metals Import and Export Company (CNNMIEC) acquistarono la Magnequench, un’acquisizione che sollecitavano dal 1993. Aggirando le regole del CFIUS (Committee on Foreign Investment in the United States), la produzione dei magneti NIB fu subito duplicata in Cina e, stabilito che i nuovi magneti avevano prestazioni eccezionali, i macchinari furono spediti in Cina e la fabbrica nell’Indiana, USA, fu chiusa. Analoga operazione fu effettuata nello stabilimento di Valparaiso (USA) di proprietà della Megaquench. Si stima che nel 2001 il costo del lavoro a Anderson fosse in media $ 7,32 per chilogrammo di polvere di Neodimio, su $ 10,07 di costi generali. Nel 2003 a Tianjin, il costo del lavoro era 16 centesimi su 3,20 dollari di costi generali. “Noi prendevamo 20 $ all’ora,” disse Clyde South, rappresentante della UAW (United Auto Workers) nel 2001 quando avvenne il trasferimento delle operazione della Magaquench dal Anderson, Indiana alla Cina, “loro prendono 20 $ alla settimana. Immaginatevi.” (David Moberg, 23 gennaio 2004. Magnet Consolidation Threatens Both U.S. Jobs and Security).
Tanto per buttare giù due numeri nel 1990 la dozzina di produttori di magneti negli USA impiegava circa 6.000 addetti, nel 2010 le poche aziende rimaste davano lavoro a solo 500 addetti.
Nello stesso periodo la Beijing Zhong Ke San Huan High-Tech Co., che si quotò in borsa nel 2000, ha visto le vendite più che quadruplicarsi passando da 371 milioni di yuan a 1,6 miliardi di yuan nel 2009. Le azioni sono almeno triplicate di valore nello stesso anno (2009) raggiungendo i 17,14 yuan il 29 settembre 2009 (Peter Robison & Gopal Ratnam , Pentagon Loses Control of Bombs to China Metal Monopoly , Sep 30, 2010).
L’aggressiva politica cinese alla conquista del mercato dell’auto elettrica o ibrida entra direttamente in conflitto con un vecchio nemico della Cina: il Giappone che attraverso la Toyota Prius e la Honda Insight è attualmente il dominatore del mercato. Non è un caso che la Cina abbia deciso di ridurre del 72% la quota di REE destinata alla vendita all’estero, facendo salire di sei volte i prezzi di alcuni elementi e abbia “de facto” posto un bando sulle esportazioni in Giappone dei metalli usati per i display a cristalli liquidi e nei laptop, ufficialmente come ritorsione contro la detenzione di capitani di battelli da pesca cinesi fatta dai Giapponesi. Tradizionalmente la Cina istiga piccoli scontri di frontiera o rivendica territori di altri stati per poter giustificare queste ritorsioni senza essere censurata dalla comunità internazionale e dal WTO. Di fronte agli evidenti segnali della volontà politica cinese di utilizzare la leva delle REE per rovesciare definitivamente i rapporti di forza mondiali a suo favore (non ultimo di questi segnali la nomina del ex premier Jiabao a capo di un ministero che sembra di secondo piano come quello della Scienza e della Tecnologia), il Giappone sta correndo ai ripari aprendo ad un vecchio nemico della Cina, il Vietnam, che possiede interessanti giacimenti di REE.
Oltre alla guerra commerciale (e non solo) con il Giappone, la produzione di macchine elettriche autoctone permetterebbe alla Cina di diventare più indipendente dal petrolio che attualmente riceve attraverso rotte controllate dalla Flotta USA. Questo darebbe un duro colpo agli sceicchi del Golfo e all’Iran che fomentano le rivolte tra le popolazioni musulmane della Cina occidentale come gli Uiguri, i Kazaki, i Kirghisi, gli Uzbeki, i Tartari Cinesi, i Bonan, gli Hui e i Salar (non dimentichiamo che le Guardie Rosse durante la Rivoluzione Culturale condannarono come “superstizione” i riti religiosi islamici, come pure quelli cristiani).
La produzione e la vendita sul mercato interno di auto elettriche ha anche il vantaggio di diminuire l’impressionante smog urbano che affligge le città cinesi, anche se avrà poco impatto sulla quantità di emissioni totali prodotte dalla Cina, quantità che aumenta in modo esponenziale, anzi forse le aumenterà. I 3/4 dell’elettricità cinese infatti provengono da centrali a carbone, il più alto produttore di gas effetto serra, perciò se le auto vanno ricaricate usando l’energia elettrica che proviene da centrali a carbone, aumenterà la quantità di gas effetto serra emessa. Questo è un problema che dovrebbero porsi anche gli ambientalisti italiani: le macchine ibride si ricaricano usando energia elettrica che deriva da centrali elettriche a metano o gasolio e quindi aumentando la domanda di energia elettrica aumenterà anche quella di gasolio e di petrolio. Purtroppo la straordinaria superficialità non è mai scarsa.
Tornando ai cinesi, nel 2008 il governo pianificò di portare la produzione annua per il 2011 a 500.000 ibridi o auto elettriche dai 21.000 di quell’anno. Non molto rispetto ai 1,1 milioni previsti per il 2011 per Giappone e Corea, ma un buon inizio, se la crisi non ci avesse messo lo zampino per tutti.
Le auto elettriche (ognuna delle quali usa circa 1 kilo di Neodimio e tra i 10-15 kili di Lantanio) hanno vari vantaggi per la Cina, un paese dove il traffico interurbano è molto scarso. Gli ultimi modelli con una velocità massima di 60 Km/h e una autonomia di 190 Km circa sono pensati per il traffico urbano molto lento e caotico. Non essendo poi i cinesi abituati al “brivido” della velocità, i 4/5 dei cinesi comprerebbero un’auto per la prima volta, il problema psicologico dell’andare come lumache non si pone neppure. La diffusione di macchine elettriche dovrebbe alleggerire, almeno nei grandi centri urbani, la cappa di smog mettendo a tacere i neonati movimenti ecologisti cinesi, anche se questo avverrà al costo della distruzione delle campagne.
La decisione della Cina di tagliare le forniture di Neodimio all’estero sta creando grandi problemi non solo alle industrie automobilistiche giapponesi, ma anche alle forniture militari in giro per il mondo.

segue parte 4
Fonti
- Yves Smith, April 1, 2009, China Out to Dominate in Electric Cars and Why Not GM) ( in http://www.nakedcapitalism.com/2009/04/china-out-to-dominate-in-electric-cars.html
- Keith Bradsher, NYT April 1, 2009, China Vies to Be World’s Leader in Electric Cars
-Peter Robison & Gopal Ratnam , Pentagon Loses Control of Bombs to China Metal Monopoly , Sep 30, 2010 in http://www.bloomberg.com/news/2010-09-29/pentagon-losing-control-of-afghanistan-bombs-to-china-s-neodymium-monopoly.html.
-David Moberg, Jan 23, 2004. Magnet Consolidation Threatens Both U.S. Jobs and Security in http://www.inthesetimes.com/article/685/


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