Terremoti, allineamenti planetari e tempeste solari… C’è qualcosa di vero?

Creato il 25 aprile 2012 da Tnepd

Quest’articolo è stato scritto a quattro mani da me e Roberto Paura dell’Osservatorio Apocalittico.

I neutrini ci uccideranno tutti?

È possibile prevedere i terremoti? Nonostante gli sforzi di generazioni di sismologi, al momento la risposta resta ancora la stessa: no. Ma a molte persone questa risposta non piace, come è ovvio che sia.

Tra questi alcuni accettano di intraprendere la carriera di geologo e attraverso anni di studio e di gavetta arrivano a dire la loro su questa complessa faccenda, riuscendo a mettere a posto qualche tessera di quel colossale puzzle che abbiamo sotto i piedi. Altri preferiscono comode scorciatoie, decisamente più abbordabili e meno impegnative. Come quelle elaborate da Raffaele Bendandi, sismologo autodidatta di Faenza (1893-1979), noto per sue presunte previsioni di alcuni terremoti quand’era in vita, basate sull’idea che l’interno della Terra subisca l’influenza gravitazionale dei corpi celesti del sistema solare, analogamente alle maree lunari, e che questo fenomeno sia all’origine dei terremoti.

Alla teoria di Bendandi, ormai diventata un cult tra gli appassionati di “teorie alternative” (tanto che ogni due mesi qualcuno s’inventa una nuova previsione che viene prontamente ripresa da stampa e TV prima – come se non avessimo problemi seri di cui preoccuparci- e smentita dai fatti dopo) s’ispirano diversi gruppi di internauti sia in Italia che all’estero. Alcuni di questi tentano di equipaggiarla con qualche qualche “rinforzino”, pescando da altre teorie “alternative”. Ci occuperemo nello specifico di un gruppo di internauti che ha messo su un sito con l’obiettivo, niente di meno, di prevedere i terremoti: pseasky.altervista.org.

Obiettivo benemerito, certo… Peccato che nessuna delle idee alla base del progetto abbia alcun fondamento scientifico. Vediamo perché…

Partiamo da una premessa.

Questa è un’osservazione che potrebbe capitare a chiunque di fare: “La televisione da l’annuncio di un grosso terremoto da qualche parte nel mondo. Navigando in internet vedo che un paio di giorni prima il sole ha dato in escandescenza e ha prodotto una grossa eruzione. Che i due fatti siano connessi?”.

Il dubbio può essere anche lecito, ma con un minimo di razionalità possiamo fugarlo. Innanzi tutto si verifica se c’è qualche rapporto di causa ed effetto noto tra i due eventi. Se approfondiamo ci accorgiamo che allo stato attuale delle conoscenze questo rapporto non esiste.

Se non siamo convinti, possiamo fare un’analisi sistematica dei dati: prendiamo un database di tutti i terremoti (magari solo quelli sopra una certa soglia), quello di tutte le eruzioni solari e vediamo se c’è qualche relazione tra le due sequenze. Ebbene, c’è chi l’ha fatto per noi. E’ Ryan O. Milligan, un fisico solare del Goddard Space Flight Center della nasa. Il sito è TheSunToday.org.

http://www.thesuntoday.org

Nel grafico sono riportati i dati dal 1980 ad oggi. L’attività sismica è in rosso. Quella solare è in blu. Mentre la prima resta più o meno costante, l’attività solare varia secondo un ciclo di 11 anni. Che non siano correlate?

Il modo sbagliato di procedere è di selezionare i dati e ignorare tutte le conoscenze accumulate fino a questo momento ed è precisamente quello che fanno il pensiero magico e i nostri internauti. Veniamo dunque a loro…

Una schermata del software dei “bendandiani”, che
proietta sul
planisfero la posizione dei diversi pianeti
del sistema solare, del Sole
e della Luna

Secondo la teoria del sito pseasky, i terremoti sarebbero prodotti dal rilascio dell’energia «dovuta al calore residuo della Terra… e soprattutto al decadimento di alcuni isotopi radioattivi».

È falso: oggi sappiamo che la causa più accreditata dei terremoti è la tettonica a placche (a zolle), il cui motore profondo sono i moti convettivi del mantello. La crosta si muove, è viva, e segmenti di crosta premono contro gli altri, generano frizioni, si incuneano gli uni sotto gli altri, si incurvano e a volte si rompono di schianto.

Certo, tutto questo è possibile perché la Terra è geologicamente attiva e il interno è parzialmente fuso e viene mantenuto tale dal calore. Ma non è il calore la causa diretta dei terremoti.

Va notato che la tettonica a zolle non è “soltanto una teoria” ma – come tutte le teorie scientifiche – affonda le sue radici nei fatti e ha una forte capacità predittiva. Non riesce a raccontarci ancora il “quando” in misura utile per prevenire i disastri, ma spiega piuttosto bene il come e il dove.

Tornando al meccanismo supposto dagli autori, la Terra sarebbe fortemente influenzata dai flare solari (e fin qui non ci piove) che essendo portatori di una grande quantità di energia determinerebbero il riscaldamento del suo interno e porterebbero dunque a violenti sismi. Peccato che – come abbiamo visto – non esista alcuna correlazione tra terremoti ed eruzioni solari. L’attività solare, come gli astronomi sanno da tempo, segue un ciclo undecennale e, in corrispondenza dei picchi di attività, non c’è nessun aumento dei terremoti.

Questi flare, continuano gli autori, sarebbero prodotti dagli allineamenti planetari. «I vari pianeti si allineano. Abbiamo un allineamento, e nel momento in cui si verifica, i campi magnetici di tutti i pianeti vanno a “perturbare” il campo magnetico del Sole».

Anche questo è sbagliato. Così come per il calcolo degli effetti dovuti alla gravità dei corpi celesti sulla Terra i “bendandisti” fanno di tutto per non considerare le distanze e soprattutto ignorano che sono gli effetti di marea a creare stress e non quelli gravitazionali, allo stesso modo trattano i campi magnetici come se fossero originati da dei monopoli magnetici e non da dei dipoli. Una sorgente di campo magnetico ha infatti sempre due poli. Per rendersene conto basta una normalissima calamita. Detta malamente, finché si resta nei pressi di uno dei poli l’intensità del campo cala col quadrato della distanza dal polo. Quando la distanza aumenta, il campo diminuisce col cubo della distanza (l’idea è più o meno la stessa che si applica alle forza di marea) perché entra in gioco anche l’altro polo che è di “segno” opposto. Quando la distanza dalla calamita diventa rilevante rispetto la distanza tra i due poli, il loro effetto si annulla. Il campo magnetico di un pianeta, come qualunque campo magnetico, diventa praticamente nullo a una certa distanza dalla sorgente. Quello del Sole si può “estendere” per via del vento solare che trasporta flussi di particelle cariche, ma quello dei pianeti no (se non in direzione opposta al Sole e sempre a causa del vento solare). Dunque no, i campi magnetici planetari non influenzano il Sole. Per inciso, Mercurio ha un campo magnetico molto basso, Venere non ne ha, quello della Terra è decente, quello di Marte praticamente inesistente. Dopo Marte gli unici rilevanti sono quelli dei grandi pianeti gassosi, che però sono distantissimi e non hanno effetto sul Sole.

Tutte le tipologie presenti in figura si trovano in natura, sono
studiate dai geologi, e sono compatibili, spiegate e previste dalla
tettonica a placche, che identifica nelle e frizioni che si generano e
nelle tensioni che si accumulano (strain accumulation) e rilasciano
all’improvviso la causa dei terremoti. Inutile dire che anche queste
tensioni sono misurate dalle reti geodetiche di tutto il mondo che oggi
si affidano al sistema GPS (immagine tratta da WikiPedia).

È vero, come vogliono gli autori, che forti campi magnetici possono destabilizzare il campo magnetico del Sole. Ma sono campi magnetici generati dal Sole stesso, dai moti convettivi che dal suo interno trascinano materia ed energia in superficie (corrente a nastro). Non certo i campi magnetici degli altri pianeti, come invece si dice allorquando si sostiene che «la sommatoria dei campi magnetici dei pianeti, dell’allineamento, e in parte le forze gravitazionali (attraverso effetti mareali sullo strato più superficiale del Sole) vanno a destabilizzare la fotosfera». Del resto, l’influenza gravitazionale dei pianeti sul Sole è pressoché inesistente. Non solo la forza di gravità diminuisce al quadrato della distanza, ma le masse di tutti i pianeti messi insieme costituiscono una frazione trascurabile della massa del Sole, perciò in nessun caso potrebbero influenzarlo con la loro gravità. È come mettere a paragone un elefante con una formica.

Comunque, seguendo questa teoria, i flare solari prodotti dalle interferenze magnetiche della fotosfera producono il vento solare ( formato per il 95% da protoni ed elettroni e per il 5% circa da particelle alfa e altri nuclei) e raggi gamma.

Queste particelle tuttavia, diversamente da quanto si dice, non possono penetrare nelle viscere della Terra. I raggi gamma vengono fermati in massima parte dall’atmosfera terrestre, tant’è che gli osservatori gamma sono posti in orbita o su palloni sonda. Se qualcuno avesse la sfrontatezza di arrivare a Terra, non supererebbe il primo metro di terreno. E che dire dei “miliardi e miliardi di neutrini”, che interferirebbero con i nuclei radioattivi presenti sotto la superficie terrestre? Bè, il neutrino è una particella priva di carica, dalla massa piccolissima, che non interagisce se non blandamente con la materia ordinaria. Un fascio di neutrini potrebbe penetrare un muro di piombo spesso un anno-luce senza che più della metà di esso venga assorbito dagli atomi presenti all’interno. Meglio lasciare allora i neutrini a chi li studia e a film stupidi come quelli sul 2012…

Tenendo conto di ciò, è assurdo sostenere, come fanno gli autori, che le particelle entrino «dai poli, dove il campo magnetico è debole» per entrare poi «nelle viscere della Terra». Le particelle alfa non riescono a fare più di qualche centimetro nell’aria. Le particelle beta hanno una penetrazione dieci volte superiore. Arrivano al metro di distanza nell’aria e sono facilmente bloccate da pochi millimetri di alluminio. I raggi gamma non vengono deviati dai campi magnetici. Altra questione importante: la pericolosità di una particella dipende fondamentalmente dalla sua energia. Quelle più energetiche sono quelle più veloci. Più l’energia di una particella è alta, meno viene deviata da un campo magnetico (e dunque mantiene una traiettoria più dritta). Morale, non sono le particelle più energetiche quelle che arrivano ai poli. Quelle solari più energetiche arrivano sempre sul lato della Terra in cui è giorno, e non hanno particolare preferenza su dove colpire, a parte le ovvie considerazioni sullo spessore dell’atmosfera attraversata – e dunque di meno dove è sera o mattina, di più nelle ore centrali della giornata… Le particelle non sono dunque in grado di attraversare la superficie terrestre e i neutrini non sono influenzati in nessun modo da campi magnetici o elettrici: e dire che qualche dubbio sul fatto che un neutrino sia una particella – come dire? – neutra, anche solo a scriverne il nome, dovrebbe venire!

Secondo la teoria, queste particelle «oltrepassano l’atmosfera nei pressi dei poli, dove il campo magnetico è minore» e dove gli autori presuppongo che «lo spessore della litosfera sia minore, proprio perché la terra ha forma geoidale». Non è così. Lo spessore della crosta dipende dalla sua età. Quella del Polo Sud, per esempio, è piuttosto spessa (ci sono pochissimi vulcani attivi). Non ci sono vulcani attivi al Polo Nord. Inoltre ci sono chilometri di ghiaccio al Polo Sud e ghiaccio ed acqua al Polo Nord. In nessun modo, quindi, tali particelle sarebbero in grado, come sosterrebbe questa pseudo-teoria, di «eccitare alcuni elementi radioattivi-instabili, come a esempio il radio», i quali rilascerebbero a loro volta particelle più deboli (beta e alfa) ma soprattutto calore. Calore che andrebbe a provocare quell’energia liberata dai terremoti. Come si vede, in nessun caso particelle provenienti dallo spazio possono interagire con gli atomi e le particelle sub-atomiche presenti sotto la crosta terrestre, e tanto meno i neutrini. Secondo gli autori, «i neutrini passando di materiale in materiale, si dice che cambiano di sapore, quando cambiano di sapore, rilasciano una piccolissima quantità di energia. Ora immagina, miliardi e miliardi di neutrini, e vedi un po’ quanta energia che si viene a creare. Alla fine dei conti ciò che avremo sarà un aumento di calore». Ma, come già detto, i neutrini non sono minimamente influenzati dai campi magnetici. Sarebbe poi interessante guardare le correlazioni tra neutrini ed attività solare nel dettaglio: http://www.maths.qmul.ac.uk/~lms/research/neutrino.html
Correlazione diretta al raggio solare (che non è costante) e alla massa del vento solare ma correlazione inversa alle attività magnetiche e alle macchie solari (quando ci sono esplosioni e macchie ci sono meno neutrini).

Un ramo si è spezzato dopo una nevicata. Colpa del peso della
neve accumulata che ha superato la capacità del ramo? O il
grilletto è stato tirato da un qualche allineamento planetario?
Le
faglie nel sottosuolo sono dei punti di frattura. Così come
un ramo si
piega sotto il peso della neve, accumulando tensione
fino al punto di
rottura, così le frizioni tra placche e microplacche
determinano
tensioni lungo le faglie, che possono cedere poco
a poco determinando
sciami sismici di lievi entità o accumulare
tensione, liberandola
all’improvvisio in una grande scossa.
Non ci sono evidenze
statistiche che l’azione mareale dei
pianeti
(comumque cumulativa, a prescindere che siano allineati o meno)
a innescare i terremoti.

Ma non finisce qui. Il presunto calore prodotto all’interno della Terra da queste particelle solari verrebbe “innescato” dalla Luna che, come sappiamo, è responsabile delle maree, e, secondo gli estensori di questa teoria, eserciterebbe maree anche all’interno della Terra: «Infatti le placche non sono altro che zattere galleggianti su di un mare incandescente. Attraverso la forza gravitazionale, e quindi gli effetti mareali, la Luna provoca la rottura della faglia, e il rilascio di energia durante il terremoto». Tuttavia, come già visto in passato (clicca qui) sono stati fatti diversi studi per correlare i terremoti all’azione mareale della Luna: ebbene, una correlazione esiste solo per le faglie superficiali presenti in zone dove le maree oceaniche sono particolarmente alte. In quel caso – e solo in quel caso – non è la deformazione della crosta terrestre a determinare il terremoto, ma il peso delle masse d’acqua che si spostano.

Per prevedere i terremoti – e qui giungiamo alla parte “pratica” – viene presa in considerazione la distanza Terra-Luna e la posizione (declinazione) della Luna rispetto all’eclittica. Ma non viene presa in considerazione la latitudine; e soprattutto, perché gli autori considerano le posizione della Luna risposto all’eclittica (che è l’intersezione tra la sfera celeste e il piano orbitale terrestre) e non rispetto all’orizzonte celeste (che è l’intersezione tra il piano equatoriale della terra e la sfera celeste)? Forse perché quest’ultimo è molto più difficile da calcolare, visto che varia di continuo tra 18°30’ e 28°60’ (visto che l’asse terrestre è fisso rispetto l’eclittica ma non rispetto l’orbita lunare)?

«Ti chiedi mai come sia possibile che in alcune zone della Terra trema sempre ad un certa profondità? Tipo le Samoe (600-700 km)? Bene, proprio per questo! Per esempio oggi la Luna in base alla sua posizione rispetto all’eclittica (declinazione) si trova proprio sul parallelo dell’Italia. Quel parallelo passa anche per New York, Taiwan, Mongolia e Turchia, ad es. La Luna si trova a 380.000 km». Primo errore. L’orbita lunare è piuttosto eccentrica e passa da una distanza di 363.000 km al perigeo ad una di 405.000 km all’apogeo. E come abbiamo visto al link precedente le forze mareali cambiano sensibilmente nelle due posizioni: al perigeo è del 33% più forte che all’apogeo.

Gli autori proseguono: “Analizzando la posizione-distanza della Luna nel momento in cui abbiamo avuto i più forti terremoti in Italia, abbiamo notato che essa si trovava in quella determinata posizione e a 380mila km. con un tot . di energia gravitazionale esercitata nei confronti della Terra. Oggi abbiamo la stessa configurazione da ogni punto di vista. Quindi nonostante il flare, l’energia e il fatto che la Terra giri, la Luna andrà a sollecitare solo determinate zone nella litosfera-mantello a determinate profondità a seconda della sua distanza con la Terra. Se solleciterà la profondità in cui avvengono sempre i terremoti per una determinata zona allora il terremoto si verificherà. Ad esempio, con tale configurazione, oggi la Luna solleciterà tutte le zone a profondità di 40 km. Se l’Italia è l’unica in cui avvengono forti terremoti a 40 km di profondità, allora molto probabilmente ci sarà un forte terremoto».

Per riassumere, secondo questa pseudo-teoria bisogna tenere conto di «posizione, distanza, forza gravitazionale e profondità che sollecita. Se nell’area interessata dall’influenza della Luna c’è una determinata zona in cui i terremoti (più forti) si verificano ad una certa profondità, che per coincidenza coincide con la profondità sollecitata dalla Luna ( in rapporto alla sua distanza e forza gravitazionale), allora il terremoto ci sarà». Ma di quale rapporto parliamo? La formula per calcolare lo stress mareale in un determinato punto è nota. La forza gravitazionale è inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Lo stress mareale è inversamente proporzionale al cubo della distanza.

Ma, come se non bastasse, a tutto questo la teoria vorrebbe aggiungere altre componenti ancora più fantasiose. Per esempio si sostiene che «l’energia dei terremoti si propaga a spirale, o quanto meno la sua energia nel vuoto e nell’acqua crea spirali», come sarebbe avvenuto in Giappone, nell’epicentro in mare. Enorme sciocchezza. I moti vorticosi nel mare sono dati dalle correnti. Mai provato a creare onde nella vasca da bagno? I terremoti si propagano con due tipi di onde di corpo e superficiali. Le prime possono essere piane o primarie (P) e sferiche o secondarie (S). Le prime sono onde di compressione, tipo le onde sonore. Creano uno stress nel materiale che attraversano, comprimendolo nel fronte e nella coda dell’onda ed espandendolo nel punto di cresta. Le seconde creano una deformazione perpendicolare allo spostamento dell’onda (tipo le onde del mare). Queste ultime non si propagano nei mezzi fluidi. Quelle superficiali sono una combinazione delle precedenti. Gli tsunami sono determinati dall’improvviso spostamento di una parte della crosta. Provate a dare un forte colpo al fondo di una bacinella di plastica riempita d’acqua. Avrete creato uno tsunami. Fateci cader dentro un mattone. Eccone un altro tipo.

Viene poi messa in mezzo anche la “teoria di Ighina” e l’ipotesi per cui le macchie solari non sarebbero altro che «le energie riflesse dei vari pianeti che se allineati si sommano e vanno a finire sulla superficie del Sole». A parte che “Energia riflessa” è una locuzione senza senso (che energia? Gravitazionale? Elettromagnetica?), la “Teoria di Ighina” è sicuramente affabulatoria. Però a volte bisognerebbe ricordarsi che le favole sono favole, e che i fatti dicono altro. I fatti si misurano in metri, kilogrammi, secondi, candele, ampere, moli e kelvin (o in una combinazione degli stessi) e le osservazioni dei satelliti solari hanno mostrato in modo abbastanza chiaro la dinamica delle macchie solari.

Ce n’è anche per i famosi quattro pianeti trans-nettuniani che avrebbe previsto Bendandi in epoca fascista, e per questo chiamati con nomi roboanti quali “Roma”, “Rex”, “Dux” e “Italia”: non sono fantasie, sostengono gli autori della teoria. Invece sono proprio fantasie visto che non ci sono perturbazioni gravitazionali dei pianeti interni (o dei trans-nettuniani scoperti non da Bendandi ma dagli astronomi veri) che indichino la presenza di tali pianeti. Nettuno è stato scoperto per le per sue perturbazioni gravitazionali sull’orbita di Urano. E non c’erano gli strumenti precisi che ci sono oggi, o i computer per fare i calcoli. Oggetti trans-nettuniani di massa sufficiente e a una distanza utile per creare qualche effetto sulla Terra sono assolutamente fuori discussione, a meno di non voler reinventare la gravitazione.

In conclusione, va ricordato che lo studio sistematico dei terremoti da parte di fisici, geologi, vulcanologi, sismologi avviene principalmente secondo quattro tipi di approccio:

  1. analisi dei sismogrammi generati dai terremoti;
  2. studio – in laboratorio o sul campo – delle proprietà di frizione e di trasmissione delle onde sismiche dei vari tipi di roccia;
  3. misurazione del lento accumulo delle tensioni tra un terremoto e l’altro con tecniche di rilevamento;
  4. modelli dinamici su larga scala dei terremoti e della tettonica a zolle.

Nessuno di questi fattori viene preso in considerazione dalle teorie pseudo-scientifiche. Al contrario, vengono forzate relazioni inesistenti (considerando solo gli eventi favorevoli e ignorando quelli contrari) o addirittura inventando di sana pianta delle cause, come per esempio il riscaldamento del magma da parte dei flare solari.

Insomma, lo sport di queste persone è estrarre i dati che sono utili alle proprie teorie ignorando gli altri. Tra le migliaia di terremoti che ci sono ogni anno, selezionano solo quelli che soddisfano la loro teoria. Se li si considera tutti, si vede che la capacità predittiva della teoria non si discosta dalla pura casualità. E infatti così avviene. Senza contare che la mappa di previsione dei terremoti disponibile sul sito in questione, e che proietta sul planisfero la posizione del Sole, della Luna e degli altri pianeti, copre una porzione talmente ampia della superficie terrestre da risultare del tutto inutilizzabile per qualsivoglia previsione. Questa non è scienza, purtroppo: solo molta, troppa pseudo-scienza.



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