Gli sarebbe piaciuto ancora assistere il suo capo. Ridere con lui, sentire ogni giorno il suo saluto affettuoso, stringergli la mano, consultarsi con lui nei momenti di difficoltà. Ma quattro mesi fa ha dovuto imparare a rinunciarci.
Da maggio scorso, Alessio Caleffi, 41 anni, è stato costretto a reprimere il suo dolore, rimboccarsi le maniche e, senza il suo amico, a far ripartire la Aries. Ha preso il posto del suo fondatore, Mauro Mantovani, che è morto sotto le macerie del suo capannone, in seguito al terremoto. http://www.ariessrl.com/en_index.asp
In questa intervista i ricordi di quelle giornate terribili. E i progetti per il futuro.
Signor Caleffi, ci racconta cosa successo dopo il primo sisma del 20 maggio?
Abbiamo subito il crollo di una parte del magazzino, dove sono stoccati i prodotti finiti, pronti per essere spediti ai clienti. Nella settimana tra il 20 e il 29 maggio scorsi abbiamo cercato un modo per svuotare i 2mila metri quadrati di magazzino danneggiato (circa 900 bancali), trasferendo la merce in un altro magazzino agibile. Abbiamo avviato il trasloco della merce il 28 maggio, svuotando circa i due terzi del materiale. Eravamo quasi in otto impegnati in questo lavoro. A seguirci c’era una squadra dei vigili del fuoco, messa a disposizione dalla Protezione civile.
Poi?
Il 29 mattina abbiamo ripreso il lavoro per ultimare il trasloco. Alle 9 del mattino la prima scossa violenta ha causato il crollo del magazzino, in cui ci trovavamo. Con i vigili del fuoco siamo riusciti a metterci in salvo quasi tutti. Il nostro titolare, Mauro Mantovani, non ce l’ha fatta. Io ero presente il 28, ma il 29 ero stato chiamato dall’ospedale di Savona per una dimostrazione sui nostri prodotti. Vista la dinamica dell’incidente e considerato il lavoro svolto il 28, posso dire che forse l’ospedale di Savona mi ha salvato la vita. Alle 9 di quella mattina ero in autostrada all’altezza di Celle ligure. In azienda lavora anche mia moglie. Al momento della scossa lei mi ha chiamato in preda ad una crisi isterica, dicendomi di tornare indietro, perché era crollato il magazzino e Mauro era morto.
Cosa ha fatto?
Incredulo, ho preso la prima uscita e sono tornato verso Mirandola. Nelle restanti quattro ore di viaggio, un’infinità di telefonate ad amici, clienti, fornitori e collaboratori per sapere cosa fosse successo. Volevo sapere di Mauro. Quasi tutti in lacrime per l’accaduto. Con molta fatica ho continuato il mio viaggio verso casa, dove sono arrivato verso le 13. Sono passato in azienda subito per rendermi conto del disastro. Che disperazione!.
Quali e quanti danni ha subito la Aries?
Abbiamo subìto il crollo del magazzino di prodotti finiti e quindi abbiamo perso circa 500 mila euro di tali prodotti. Dobbiamo mettere a norma sismica entrambi i restanti edifici con una spesa, che si aggira sui 300 mila euro. In questo momento abbiamo gli uffici nei container, abbiamo delocalizzato la produzione in un Comune a 50 km da Mirandola. Il magazzino prodotti – finiti è, invece, a circa 12 km di distanza.
Cosa avete fatto nei giorni successivi al sisma?
Il giorno successivo ho chiamato ad uno ad uno tutti i dipendenti, chiedendo loro se fossero disposti a continuare sotto la mia guida. Dopo aver ricevuto l’ adesione da parte di tutti, ho parlato con la famiglia di Mauro – la moglie e il figlio lavorano nella Aries – per stabilire come andare avanti. Ho convocato una riunione, in cui ho spiegato a tutti come ci saremmo organizzati nei giorni successivi. Poi abbiamo ricominciato a lavorare, comprato i container per gli uffici, reso il capannone agibile per il recupero dei pc, dei server. Abbiamo trovato un magazzino, una camera bianca. Ci siamo dotati di tutto l’occorrente per ripartire e dirci che eravamo ancora vivi. Ho pensato che fosse necessario fare un passo alla volta, risolvere un problema per volta, senza farsi prendere dalla frenesia di voler risolvere tutto subito.
Ha mai pensato di lasciare tutto, l’azienda e Mirandola?
Sì, molte volte, prima del sisma. Mi sarebbe piaciuto lavorare in un Paese anglosassone. Dopo il sisma invece, mai. Non mi va. Mi pare giusto dare un piccolo contributo per far ripartire la terra, in cui sono nato.
Ha mai avuto paura?
Il terremoto non mi fa paura. Non mi chieda il motivo, perché non le saprei rispondere. Ho molte paure, ma non quella del terremoto. La spinta ad andare avanti mi arriva dal ricordo di Mauro e dalla sua volontà di credere in un sogno. Sono convinto che, contribuire a salvare la sua azienda dopo un sisma di questa portata, non ha prezzo. E poi è stata la moglie di Mauro a darmi piena fiducia.
Io credo che nella vita di ognuno di noi ci possa capitare di rado di incontrare persone, che riescano a farti ridere fino a star male. Sono persone con le quali si instaura una strana alchimia, perfetta, che non si instaurerà più con nessun altro. Una sintonia che ti fa stare così bene da darti l’illusione di superare i confini del tempo. Come se fossimo stati amici in tante vite passate e ci fossimo ritrovati anche in questa. Una volta che viene meno una persona così, sai che ritroverai la medesima sintonia solo in un altro tempo. Mauro era quella persona per me.
Oggi come si sente?
Ho un grande dolore per la perdita. Avrei preferito non avere l’incarico di guidare l’azienda e sentire il saluto di Mauro ogni mattina per tanto tempo ancora. C’è da parte di tutti un forte senso di appartenenza a qualcosa di più importante di un semplice lavoro. Siamo partecipi di un’impresa, che porteremo con noi per sempre. Niente e nessuno ce la potrà portare via.
Abbiamo ripreso la normale attività dal 12 giugno scorso, riavviando le spedizioni in condizioni di lavoro da urlo. Abbiamo fatto un luglio migliore rispetto allo stesso mese dell’anno precedente in termini di fatturato. E già questo è stato incredibile. Ci aiutiamo da soli. Qui ci sono 24 persone splendide, che sacrificano il loro tempo libero per dedicarsi al lavoro. Per il resto, in tanti ci hanno dimostrato solidarietà, qualcuno ci dà visibilità. Qualcun altro ha approfittato della situazione per rubarci clienti. Le varie associazioni di categoria ci tengono informati. L’aiuto più grande arriva da amici e conoscenti. Ora aspettiamo i contributi dello Stato.
Chi avrebbe potuto fare qualcosa di più per voi?
In realtà pensavamo che sarebbe stato difficile avere aiuti, perché con pochi morti l’eco del terremoto si è spenta abbastanza in fretta. Ci dispiace vedere che chi ci governa da una parte dice di volerci aiutare, dall’altra parla di spending review, buona a penalizzare il biomedicale. Non ci si rende conto che la zona del sisma è costituita dal tessuto di imprese del biomedicale.
Progetti di qui a qualche anno?
I progetti di prodotto sono stati tutti confermati. Parteciperemo come tutti gli anni alla fiera di settore più importante e lo faremo con prodotti innovativi. Stiamo valutando la possibilità di costruire una nuova Aries. Ma ci vogliono veramente tanti soldi. Vedremo. Il mio sogno? Fare qualcosa per cui vale la pena essere ricordati.
Cosa le ha lasciato il terremoto?
La paura di essere uno come tanti.
Quanto vi sentite tosti?
Mah, che domandone! In verità siamo molto fragili. Ma cerchiamo di non pensarci. Così siamo in grado di sognare ancora.
Cinzia Ficco