A ‘nthrà la nuda terra, a sutta a ulìa,
dhru pane e pummidoru, ma comu te sapìa!
Se poi lu ‘ccumpagnava u pipirussu,
era de veru na mirenna de lussu!
Anthrà li cannaliri scinnìa u mieru
e tuttu era chiù sanu e chiù sinceru.
Quannu turnavi straccu de a fatica,
a casa te spittava la pignata
de ciceri, pasuli, o de piseddhri,
ca nonci la schifava mai ciuveddhri.
Allu crai te tuccava panicottu,
cu li resti, ca nienti scìa minatu:
oju, pane, pignata e la verdura
divintavane n’authra creatura.
Traduzione
Radici
Stando in campagna, sotto gli alberi di ulivo,
quel semplice pane e pomodoro era un pasto gustoso.
Se poi lo accompagnavi con un peperone
allora diventava ancor più buono.
Nella gola arsa scendeva il vino
e tutto era più sano e genuino.
Quando tornavi stanco dal lavoro,
a casa trovavi la minestra di legumi
di ceci, di fagioli o di piselli
e nessuno la rifiutava.
L’indomani coi resti e con gli avanzi
si preparava un sano pancotto:
olio, pane, legumi e verdura
e il cibo riviveva un’altra vita.
Poesia classificata al 3° posto al Premio internazionale di cucin poesia “Cucin’Arti in Versi
MOTIVAZIONE: Pennellate semplici e nitide, armonizzate dalla rima baciata, fanno di questo componimento poetico, in dialetto salentino, un dipinto chiaro della vita contadina e delle abitudini alimentari di un tempo passato, che attribuiva al cibo un valore sacro.
Dalla semplicità delle nostre radici ( ” terricate “, come dice il titolo ) arriva forte fino alle generazioni future l’ insegnamento a mangiar sano e a non sprecare il cibo.
Rilevante dunque appare la duplice funzione di questi versi : il recupero della memoria storica e il valore pedagogico nel trasmetterla ai giovani.