Terrorismo dell’Isis: basta parole, ormai è guerra aperta

Creato il 16 novembre 2015 da Mrinvest

Con gli attacchi di Parigi del terrorismo dell’Isis, il fondamentalismo islamico ha dichiarato guerra al resto del mondo. Ormai è tempo di agire.

Come risposta agli attacchi di Parigi portati dal terrorismo dell’Isis, gli aerei francesi, decollati dalla Giordania e dagli Emirati Arabi, hanno lanciato decine di bombe contro obiettivi strategici del Califfato. “From Paris with love”, questa è la frase che alcuni soldati francesi hanno scritto con dei pennarelli sulle bombe prima che venissero lanciate ieri notte su Raqqa, la roccaforte dell’Isis in Siria.

L’intervento è stato concordato con l’intelligence americana. Sono stati colpiti centri nevralgici e campi di addestramento. Non ci sarebbero morti o feriti, segno che, in previsione di una reazione della Francia alla strage di Parigi – che ha causato 132 morti e 350 feriti, di cui 80 versano in gravi condizioni – la città di Raqqa è stata evacuata. Il bombardamento non poteva quindi sorprendere l’esercito dell’Isis, i jihadisti erano preparati e si sono nascosti. La Francia, comunque, intensificherà nelle prossime ore la forza di fuoco con l’invio di altri aerei e di una portaerei.

Ma basterà tutto questo per fermare il terrorismo dell’Isis?

Dal G20 concluso ieri in Turchia provengono proclami anche forti, ma la sostanza è poca, al di là di quelle che sono le reazioni di interventi militari immediati. Cosa si potrà fare davvero per abbattere il sistema del califfato? Non bastano e forse non servono neanche i raid aerei, che tra l’altro si stanno succedendo da settimane con i bombardamenti americani, russi e francesi. Ci vuole molto di più.

Ma allora che bisogna fare per combattere il terrorismo dell’Isis? Come ci possiamo difendere dal terrore? L’Isis ci ha dichiarato guerra, sono mesi che hanno sferrato diversi attacchi. Si registrano centinaia di morti, di persone inermi, di innocenti sacrificati dai macellai dell’orrore, da boia indottrinati dalle scuole dell’odio, da tagliagole convinti che l’accesso ad un glorioso Aldilà passi dal proprio martirio, ma dopo avere scannato il più possibile di infedeli.

Sono terroristi che sparano, ma anche terroristi motivati a farsi saltare in aria ispirati da un cieco fanatismo, e questo è ancora più allarmante e angosciante. E quel che è peggio è che sono convinti che in nome di Allah e al grido di Allah Akbar (Allah è grande) si possano ammazzare altre persone ritenute infedeli e quindi da eliminare. Agiscono in modo orribile e inumano, facendo riferimento a versetti coranici in cui Allah prescrive di uccidere i miscredenti. Sono disposti a tutto e per questo sono quasi imbattibili.

Entrare in guerra o dialogare con i capi del terrorismo dell’Isis?

Come è possibile evitare tutto questo? Dobbiamo entrare in guerra o seguire la via del dialogo con l’Islam? Dispiace dirlo, ma la guerra non ha alternative: o la si fa o accettiamo questo stato di cose, il che significa arrendersi. O si fa la guerra o si deve trovare uno spazio di mediazione, e questo oggettivamente sembra impossibile.

Esiste una coalizione internazionale che si è formata da tempo, l’Italia ne fa parte, ed a questo punto, essendo l’Isis che rivendica questi attentati, essendoci una minaccia, una guerra dichiarata nei confronti delle democrazie e del mondo libero, questa coalizione è tenuta a porre fine all’esistenza del Califfato. L’Isis ha occupato delle città, ha occupato pezzi di Siria, di Iraq e di Libia, occorre un’azione militare decisa per porre fine al terrore.

Il terrorismo dell’Isis minaccia e assicura che le prossime città che saranno colpite sono Washington, Londra e Roma, dove ci sarà il Giubileo.
Che vogliamo fare? Aspettare impietriti e inorriditi che altri innocenti vengano dilaniati dai kamikaze o cercare di estirpare questo cancro terribile prima che si diffonda la metastasi?