Con un prologo tra i più belli della storia del cinema, girato in bianco e nero e col formato 4:3, si passa ai colori accesi degli interni sfarzosi delle corti alternati con quelli pallidi delle foreste, tutti ambienti nella quale la protagonista combatterà contro gli avversari e soprattutto contro sé stessa nello scegliere tra il sentimento o la ragion di spada (da traslare, in caso di lettura sul piano moderno, nell’espressione ragion di Stato) intraprendendo combattimenti – questi girati divinamente – chiusi senza esito.
Sempre in bilico tra ricordi di antichi splendori e parallelismi con la contemporaneità – vedasi tutt’oggi la relazione complessa tra Cina e Taiwan – “The assassin” è un’opera sublimata da una ritualizzazione del rigore estetico che contribuisce a renderla un capolavoro senza tempo.Antonio Romagnoli