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- Scritto da Simone Soranna
- Categoria principale: Festival
- Categoria: Torino Film Festival 2014
- Pubblicato: 22 Novembre 2014
Dopo aver presentato Why Don’t You Play in Hell, divertente opera metacinematografica, alla penultima mostra del cinema di Venezia, Sion Sono torna a lavorare su una pellicola dai toni più leggeri e goliardici ambientando le buffe vicende di Tokyo Tribe in un futuro molto prossimo, attraverso il quale però, il regista cerca di sviscerare il nostro presente. Il film infatti sembra essere una caricatura grottesca dei giovani d’oggi, intenti solo ad aggregarsi in bande, a sfidarsi a colpi di pugni, rime rap, balli hip hop e a fare a gara tra chi è più dotato. Sion Sono intesse un film corale difficile da seguire, ricco di personaggi e svolte narrative che disorientano lo spettatore ma allo stesso tempo lo divertono (sono diverse le scene davvero spassose). Ciò che però non funziona è il riciclo delle situazioni che allungano la pellicola in maniera notevole senza aggiungere mai nulla di nuovo a quanto detto nei primi venti minuti. Infatti la primissima parte di Tokyo Tribe è la più riuscita per la sua carica visiva originale e stupefacente (inquadrature molto lunghe e difficili da gestire, orchestrate in maniera sublime dal regista con un prologo interamente cantato e una fotografia coloratissima e piena di luce). Poi il lavoro non fa altro che ripetersi per il resto dei minuti in cui continua a denunciare l’assurdità di una guerra tra bande e la mancanza di morale presente nei giovani. Tra leggeri richiami ad Arancia meccanica, Kill Bill e Scarface, il film eccede nello stile barocco fine a se stesso di cui si fa portavoce.
Voto: 2/4
Il 25 Agosto del 1944, gli Alleati liberano Parigi. In pochi però sanno che la città era stata completamente minata pronta ad esplodere. L’ufficiale tedesco incaricato del crimine però non esegue l’ordine, convinto (non si sa bene come) da un console svedese. Il film prova a ricostruire il dialogo tra i due uomini durante tutta la lunga notte che precede l’accaduto. Potenzialmente interessante e profondo, Diplomacy non riesce a giocarsi al meglio le sue carte finendo per trattare temi ampliamente sviluppati altrove come il senso del dovere, la morale della giustizia, ecc. Supportato dalla buona prova dei due attori protagonisti, il film ha il merito di non annoiare e di lasciare lo spettatore sulle spine nonostante tutti noi sappiamo già l’esito della Storia. Schlondorff decide di soffocare i suoi personaggi all’interno di una stanza dalla quale raramente usciremo. Un dialogo serrato carico di tensione e reso ancora più claustrofobico da questa scelta. Però in fin dei conti la pellicola non dice niente di nuovo e con un soggetto così potente in partenza, forse sarebbe stato giusto aspettarsi qualcosa di più.
Voto: 2/4
DIPLOMACY di Volker Schlöndorff