Viaggiando di pari passo col fantasticare della ragazzina circa la relazione col dirimpettaio, il film si evolve senza forzature verso le rappresentazioni fantasmatiche della psiche di Rita – questo il nome della protagonista – che prendono il posto degli accadimenti reali. Traslazione, questa che va dalla realtà alla finzione, che oltre a condurre lo spettatore in uno stato di trance diventa una riflessione non scontata sulla funzione della narrazione cinematografica.
“John from”, tramite la propria capacità di affabulare chi guarda senza mai spezzare l’incantesimo, rappresenta un manuale – di felliniana memoria – su come creare empatia col pubblico pur spingendo il piede sul pedale del surrealismo.Antonio Romagnoli