I soldi accantonati nel Tfr, infatti, si rivalutano ogni anno, per legge, dell’1,5% fisso, più il 75% del tasso di inflazione. Per fare un esempio, supponiamo che, in un determinato anno, l’inflazione sia del 2% ed un lavoratore abbia accumulato nel Tfr la somma di 10.000 euro. Nell’anno successivo il
Tfr verrà rivalutato del 3% (cioè di 300 euro), calcolato in questo modo:
- 1,5% (quota fissa) + 1,5% (il 75% dell’inflazione del 2%) = 3%
Il valore del Tfr accumulato sarà dunque di 10.300 euro, più i versamenti aggiuntivi effettuati nel corso dell’anno. Ecco dunque che il Tfr offre un sistema di garanzia che può essere utile nel caso di un improvviso aumento dell’inflazione.
Invece, per i fondi pensione non c’è nessuna garanzia, in quanto i contributi versati vengono investiti e quindi esiste un certo rischio legato ai mercati finanziari. In caso di crisi borsistica, infatti, il rendimento dei fondi pensione potrebbe risultare inferiore a quello del Tfr o addirittura negativo.
E’ importante ricordare, però, che esistono fondi pensione a rendimento minimo garantito, a condizione che il lavoratore mantenga i soldi investiti per un periodo di tempo molto lungo (di solito 20 anni) senza trasferirli su altri prodotti o riscattarli anticipatamente. C’è da dire, anche, che i fondi pensione sono protetti dalle leggi e dai regolamenti, in questo modo:
> La Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione – www.covip.it) ha il compito di controllare la trasparenza e la correttezza della gestione dei fondi.
> Certificazione dei bilanci dei fondi da parte di una società di revisione.
> I soldi e i titoli del fondo rimangono di proprietà del lavoratore. Il patrimonio infatti rimane separato da quello della società di gestione. Anche se questa fallisce, il fondo non può essere intaccato.
Parleremo della tassazione del Tfr e dei fondi pensione nel prossimo articolo.